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Esperto
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Dal web
Da tempo il noto professor Orsini ci invita ad "applicare il metodo scientifico" alle questioni geopolitiche. Un'esortazione nobile, almeno in apparenza. Peccato che, a giudicare dai risultati (e da alcune mie riflessioni), quel "metodo" mi sembra più vicino a un esperimento mentale di Schrödinger fatto con la geopolitica al posto del gatto.
Trovo che ci sia innanzitutto un piccolo problema di fondo: la geopolitica non è una scienza dura. Non si presta a esperimenti controllati, non può isolare variabili, né riprodurre le stesse condizioni per verificare un'ipotesi. Gli eventi storici, le decisioni politiche, i conflitti e le alleanze dipendono da un intreccio di fattori culturali, economici e psicologici che sfuggono a ogni formula. Applicare il metodo scientifico in senso stretto a tali fenomeni è come cercare di misurare la temperatura di un'idea: si può tentare, ma inevitabilmente si fallisce.
Partiamo da un assunto. Il metodo scientifico (quello vero) inizia da un'osservazione, formula ipotesi, le mette alla prova, raccoglie dati, verifica, e solo alla fine trae conclusioni. È un processo faticoso, impersonale e, soprattutto, disposto a smentire sé stesso. Quello di Orsini, invece, parte direttamente dalla conclusione. E non una qualunque: sempre perfettamente funzionale alla tesi di partenza.
In pratica, è il metodo scientifico, ma con la retromarcia inserita. Prima si stabilisce chi è il cattivo e chi il buono (ad esempio tra Russia e Ucraina), poi si cercano i "dati" per dimostrarlo. Vi ricorda per caso qualcosa? A me sì: il caro vecchio cherry picking. È, in fondo, la versione accademica del "ho ragione io, quindi adesso trovo la prova". Come se un biologo volesse dimostrare l'evoluzione partendo dall'ipotesi che l'uomo discenda direttamente da Di Battista. Assurdo, non vi pare?
Il punto, vedete, è che non basta pronunciare parole come "oggettività", "dati" o "metodo" per renderle vere. Applicare davvero il metodo scientifico (e in geopolitica come già detto, mi pare piuttosto problematico) significa accettare di poter avere torto; e questo, per chi vive di certezze mediatiche, forse è un lusso intollerabile. E così, tra talk show e podcast, il metodo scientifico "secondo Orsini" continua a prosperare.
Possiamo comunque considerarlo, se non altro, un curioso esperimento sociale in cui la revisione tra pari lascia il posto alla revisione tra follower.
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