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Vecchio 14-09-2010, 15:12   #41
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io è da un bel pò che esercito un pensare volto a danneggiare il prossimo, a come riprendermi rivincite su chi mi ha usato in maniera subdola e meschina, a pianificare vendette studiate in modo certosino, a pianificare come fregare il prossimo, il mio pensiero và costantemente verso tutto ciò che può ledere gli altri e favorire la mia persona, e l'effetto e piacevolissimo..........
Vecchio 14-09-2010, 15:15   #42
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L'avatar di Moonwatcher
 

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Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Meglio essere PERCEPITI!!!!!
Stai parlando di percezione tattile, vero?
Vecchio 14-09-2010, 15:17   #43
Esperto
L'avatar di Labocania
 

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Originariamente inviata da moonwatcher Visualizza il messaggio
Stai parlando di percezione tattile, vero?
Certo, la metafisica in questo caso va messa da parte
Vecchio 14-09-2010, 15:30   #44
Esperto
L'avatar di Myway
 

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Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Sono sereni tutti i poveri di spirito, tutti quelli che annullano la loro mente nella fede, non solo religiosa.....
La frase corretta è "beati i poveri in spirito", e non è obbligatorio ne utile annullare la propria mente, anche per la fede religiosa, al limite si annulla , anche se non è corretto come termine, la propria individualità e lo si fa quando si è in grado di farlo , cioè a livelli evolutivi molto avanzati.

Ultima modifica di Myway; 14-09-2010 a 15:45.
Vecchio 14-09-2010, 15:42   #45
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Originariamente inviata da moonwatcher Visualizza il messaggio
Mi sa che Labo non si intende di logica ed ha risposto la prima cosa che suonava fiqua che gli è venuta in mente.

Come dire:
"Fuori piove. Prendi l'ombrello."
"Ci sono delle fettine di carne in frigo."

Ha incluso la sua tesi controversa in una definizione, senza dimostrarla. Una specie di petitio principii..
Vecchio 14-09-2010, 15:45   #46
Esperto
L'avatar di Labocania
 

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Originariamente inviata da anonimo Visualizza il messaggio
Ha incluso la sua tesi controversa in una definizione, senza dimostrarla. Una specie di petitio principii..
Il concetto di "pensiero" e "felicità" che hai adoperato non aderivano ai miei.
Vecchio 14-09-2010, 15:54   #47
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va bene, però nella tua definizione di felicità si trova già la tua tesi... è un po' come chiedersi se y è condizione necessaria di x e poi dare una definizione di y del tipo " y = quella cosa che è condizione necessaria di x"..
Vecchio 14-09-2010, 15:57   #48
Esperto
L'avatar di Labocania
 

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Originariamente inviata da anonimo Visualizza il messaggio

a) "se l'individuo x è felice allora x ha un pensiero ridotto"
Oppure
b) "se x ha un pensiero ridotto, allora x è felice"
O si tratta di un bicondizionale? tipo:
c) "x è felice se e solo se x non pensa"

Per rendere falsa (a) è necessario che x sia felice e non abbia un pensiero ridotto; altrimenti è vera.
Per rendere falsa (b) è necessario che x abbia un pensiero ridotto e non sia felice; altrimenti è vera.
(c) è falsa solo se si da il caso che o x è felice e non ha pensiero ridotto, o x pensa ma non è felice; negli altri due casi è vera.

La logica alla base delle mie considerazioni prevede solo due possibilità:

X è felice se e solo se non pensa.

X è infelice se e solo se pensa.

La mancanza di pensiero origina la felicità; la presenza di un pensiero origina l'infelicità.

L'origine di tutto è il pensiero o la sua assenza, in quest'ultimo caso la vita dell'individuo individuo si svolge nel mondo delle percezioni sensoriali.
Vecchio 14-09-2010, 16:10   #49
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Quindi in una vita di sole percezioni sensoriali, ci sarebbe la felicità ma non il suo contrario.
Questo è da stabilire.
Se per felicità intendiamo delle sensazioni di piacere, allora il suo contrario è possibilie anche in una vita di sole percezioni. Infatti un malessere fisico si esprimerebbe in forma di percezioni spiacevoli.
Vecchio 14-09-2010, 16:38   #50
Principiante
 

Quando penso all'argomento del non-pensiero non posso non pensare alla visione buddhista dell'assenza di pensieri che in genere, a differenza dell'ignoranza brutale e romantica (che raramente porta a qualcosa di buono, la storia ci è testimone), rappresenta un trascendimento del pensiero.
Una capacità preziosa quanto difficile da raggiungere.
La differenza di forma mentis è più sottile di un capello ma la fatica e la costanza necessarie al raggiungimento di simili vette sono enormi, ed è qui che sta il paradosso: una volta trascesa la nostra personalità negativa, degli attaccamenti e delle ossessioni, probabilmente sorrideremo di quanto in realtà sia stato facile.
Certo si parla di un obiettivo ben più ambizioso del trovare un partner che provi affetto nei nostri confronti o dell'uscire allo scoperto per gridare la nostra identità a un mondo in fondo stereotipato.
A pochi è concesso raggiungere simili vette.. ma quei pochi probabilmente rappresentano il meglio che la nostra specie possa realizzare senza artifici.
Vecchio 14-09-2010, 16:43   #51
Esperto
L'avatar di Labocania
 

Quote:
Originariamente inviata da anonimo Visualizza il messaggio
Quindi in una vita di sole percezioni sensoriali, ci sarebbe la felicità ma non il suo contrario.
Sì. La felicità di cui parlo non può essere percepita dal soggetto che la vive. Cioé lui tramite i sensi può accogliere le sensazioni piacevoli, e lega il pensiero e l'azione all'ottenimento di queste sensazioni. L'essere felice non è in grado di formulare un pensiero astratto, completamente coinvolto dalla vita dei sensi non può avere alcun interesse a quella interiore e al piacere intellettuale e gratuito che essa può dare.

Quote:
Questo è da stabilire.
Se per felicità intendiamo delle sensazioni di piacere, allora il suo contrario è possibilie anche in una vita di sole percezioni. Infatti un malessere fisico si esprimerebbe in forma di percezioni spiacevoli.
Sì una vita di sole percezioni, mai messa in discussione dal pensiero. Chi vive non può allo stesso tempo porsi da osservatore spassionato delle sue azioni.
Vecchio 14-09-2010, 17:28   #52
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sarebbe molto terapeutico ma è IMPOSSIBILE!!!!!!!!!
Vecchio 14-09-2010, 17:46   #53
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Sì. La felicità di cui parlo non può essere percepita dal soggetto che la vive. Cioé lui tramite i sensi può accogliere le sensazioni piacevoli, e lega il pensiero e l'azione all'ottenimento di queste sensazioni. L'essere felice non è in grado di formulare un pensiero astratto, completamente coinvolto dalla vita dei sensi non può avere alcun interesse a quella interiore e al piacere intellettuale e gratuito che essa può dare.

Sì una vita di sole percezioni, mai messa in discussione dal pensiero. Chi vive non può allo stesso tempo porsi da osservatore spassionato delle sue azioni.
In pratica sarebbe una vita da animali o da vegetali.

A che pro discuterne, allora?
Vecchio 14-09-2010, 17:55   #54
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Non nego del tutto l'importanza della genetica, cioè delle caratteristiche specifiche di ogni essere umano, ritengo però che la loro influenza sulla vita sia molto più limitata di quanto generalmente si creda perché limitate fortemente dall'ambiente e dalle circostanze oggettive. Un ambiente favorevole consente uno sviluppo armonico della personalità, le esperienze positive la vivificano, invece un evento luttuoso può distruggere in un attimo quest'equilibrio.

L'ambiente ha un ruolo sostanziale e decisivo nella formazione di tutti gli uomini.
Esattamente come la genetica.

Quote:
Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Prima vengono gli stimoli esterni. Un neonato che tutte le facoltà adatte ad una vita piena e armoniosa se cresce in un luogo dove la madre non gli dà il minimo affetto, il padre lo ignora etc. vivrà nel malessere.
Ma può accadere anche che un ragazzo cresciuto in una famiglia amorevole o comunque senza grosse problematiche diventi poi un serial killer.

Quote:
Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Iniziamo a pensare, perché non abbiamo di meglio da fare; chi è abituato al chiasso, alla compagnia e all'attività fisica, non sentirà mai il bisogno di farlo.
Può anche darsi che una persona, pur circondata da stimoli "estroversi", vi si sottragga per dedicarsi ad attività più compatibili con la sua natura introversa.
Vecchio 14-09-2010, 20:17   #55
Esperto
L'avatar di Robedain
 

Per me la questione non è tanto l'assenza di pensiero, quanto il COME E COSA PENSIAMO, cioè la QUALITA' dei nostri pensieri.

Sicuramente pensiamo troppo e male (ognuno con infinite sfumature diverse dettate dalla situazione individuale, ma comunque riconducibili a certi archetipi), frutto anche di una società (quella industriale) dominata dalla frenesia degl'impegni, dall'ansia, dalla ricerca continua del profitto a scapito degli altri, dalla derisione del diverso, dal consumismo, dall'omologazione di massa...

E' importante fermarsi a riflettere su noi stessi e sul senso della vita (in solitudine, ma in compagnia sarebbe ancora più apprezzabile), senza continuare a vivere come degli automi senza coscienza...

In questo senso dobbiamo imparare a "controllare la nostra mente", accorgendoci e limitando le inutili seghe mentali che ammazzano la nostra autostima e i nostri sogni...
Ricollegandomi al mio 3d sul VIVERE NEL PRESENTE, dobbiamo assumere una maggiore consapevolezza di noi stessi, sentirci vivi e pronti all'azione nel presente, sapendo dosare e unire PENSIERO e AZIONE CONCRETI E IMMEDIATI FINALIZZATI A UNO SCOPO...
Ma questo non sarà possibile fino a quando non saremo in grado di pensare e agire spinti dai nostri valori esistenziali e da almeno uno scopo fondamentale da seguire per dare un senso alla nostra vita...
Vecchio 14-09-2010, 20:20   #56
Esperto
L'avatar di Robedain
 

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Originariamente inviata da misanthrope Visualizza il messaggio
Quando penso all'argomento del non-pensiero non posso non pensare alla visione buddhista dell'assenza di pensieri che in genere, a differenza dell'ignoranza brutale e romantica (che raramente porta a qualcosa di buono, la storia ci è testimone), rappresenta un trascendimento del pensiero.
Una capacità preziosa quanto difficile da raggiungere.
La differenza di forma mentis è più sottile di un capello ma la fatica e la costanza necessarie al raggiungimento di simili vette sono enormi, ed è qui che sta il paradosso: una volta trascesa la nostra personalità negativa, degli attaccamenti e delle ossessioni, probabilmente sorrideremo di quanto in realtà sia stato facile.
Certo si parla di un obiettivo ben più ambizioso del trovare un partner che provi affetto nei nostri confronti o dell'uscire allo scoperto per gridare la nostra identità a un mondo in fondo stereotipato.
A pochi è concesso raggiungere simili vette.. ma quei pochi probabilmente rappresentano il meglio che la nostra specie possa realizzare senza artifici.
Complimenti, ottimo discorso! Hai centrato una questione fondamentale sul pensiero...
Vecchio 14-09-2010, 20:56   #57
Esperto
L'avatar di Labocania
 

Quote:
Originariamente inviata da Robedain Visualizza il messaggio
Per me la questione non è tanto l'assenza di pensiero, quanto il COME E COSA PENSIAMO, cioè la QUALITA' dei nostri pensieri.

Sicuramente pensiamo troppo e male (ognuno con infinite sfumature diverse dettate dalla situazione individuale, ma comunque riconducibili a certi archetipi), frutto anche di una società (quella industriale) dominata dalla frenesia degl'impegni, dall'ansia, dalla ricerca continua del profitto a scapito degli altri, dalla derisione del diverso, dal consumismo, dall'omologazione di massa...

E' importante fermarsi a riflettere su noi stessi e sul senso della vita (in solitudine, ma in compagnia sarebbe ancora più apprezzabile), senza continuare a vivere come degli automi senza coscienza...

In questo senso dobbiamo imparare a "controllare la nostra mente", accorgendoci e limitando le inutili seghe mentali che ammazzano la nostra autostima e i nostri sogni...
Ricollegandomi al mio 3d sul VIVERE NEL PRESENTE, dobbiamo assumere una maggiore consapevolezza di noi stessi, sentirci vivi e pronti all'azione nel presente, sapendo dosare e unire PENSIERO e AZIONE CONCRETI E IMMEDIATI FINALIZZATI A UNO SCOPO...
Ma questo non sarà possibile fino a quando non saremo in grado di pensare e agire spinti dai nostri valori esistenziali e da almeno uno scopo fondamentale da seguire per dare un senso alla nostra vita...
Noi non pensiamo male in senso assoluto, la negatività delle nostre ossessive meditazioni è solo relativo all'ambito della vita sociale. Il pensiero vero non può far altro che entrare in conflitto con la realtà umana, cioè la vita sociale e la vita sociale non è altro che la somma delle azioni di esseri che non pensano ma agiscono soltanto. La vita è una perenne distrazione, chiunque per un qualunque accadimento negativo si estranei da essa e la osservi nel suo complesso, non può far altro che trarre questa desolata conclusione.
Vecchio 20-03-2011, 20:20   #58
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Un mare di cazzate, inframmezzate da qualche verità. Però mi piace il modo in cui le hai argomentate. Il tuo errore è di dividere la vita degli estroversi, superficiali e non pensanti, da quella degli introversi, profondi e molto pensanti, che tentano di sviscerare il senso risposto delle cose, etc...in pratica si fanno mille seghe mentali. Ora, su quest'ultima parte sono d'accordo, come anche sono d'accordo sul fatto che probabilmente, nella solitudine in cui si sono auto-etero-indotti, non hanno scelta. Tuttavia, non credo proprio che la gente estroversa sia una massa di borghesi inetti al pensiero, per il solo fatto che sono capaci di rapportarsi col prossimo: possibile che non ti vengano in mente persone di spicco intellettuale che abbiano o abbiano avuto una vita di relazione normale? Semplicemente hanno coltivato l'una sfera, quella riflessiva, introspettiva diciamo, e quella di relazione al contempo, mentre noi timidi/fobici siamo diventati ipertrofici nella prima attività, totalmente ipotonici nella seconda. Per questione di adattamento all'ambiente, esatto! la nostra psiche ha associato per i più svariati motivi il mondo esterno al pericolo, esattamente come la gazzella fa col leone o il bimbo col fuoco, con l'ovvia conseguenza di condurci verso quello interno. Questo, se inizialmente era un percorso che poteva essere percorso a ritroso con facilità, in anni di comportamenti evitanti ripetuti, è diventato uno schema fisso cerebrale, un modello ancora più profondo della nostra parte razionale (per questo motivo i fobici si rendono perfettamente conto della loro condizione e sanno razionalmente come uscirne, ma non riescono a metterlo in pratica) e che attiene con il nostro cervello limbico, quel substrato di emozioni e pulsioni istintive che ci accomuna a quasi ogni essere vivente su questo pianeta. Dunque, in sintesi: uscirne è possibile, non con la semplice volontà o la ragione tuttavia, bensì ripercorrendo al contrario quel cammino emozionale che ci ha condotto a questo punto, cammino che sarà più o meno lungo secondo la persona, e secondo l'entità degli stimoli che riceverà nel frattempo. Come forti sono state le emozioni negative, altrettanto forti dovranno essere quelle positive, per permettere un bilancio emotivo in pareggio, e tornare alla agognata normalità.
Vecchio 20-03-2011, 20:31   #59
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credo che tu abbia colto nel segno al nocciolo del problema chiamato f.s. bravo!
Vecchio 20-03-2011, 21:53   #60
Esperto
L'avatar di Miky
 

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Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Titolo un po’ prosaico, ma non ho trovato di meglio.

La questione è stata discussa sulla chat e come è normale che accada in un luogo dove i pensieri si susseguono e si sovrappongono in maniera caotica, non è stata trattata e sviluppata con la dovuta calma e mi è stato impossibile abbattere quel muro d’incredulità che m’ha avvolto nel momento in cui ho esposto il mio pensiero su questo tema che mi sta molto a cuore, essendo perennemente al centro dei miei pensieri (viene prima anche della patata).

Sarò estremamente sintetico e lapidario, il resto lo scriverò a discussione avviata.



L’uomo è solo un prodotto delle circostanze. Convinzione condivisa con tanti pensatori che mi hanno preceduto eppure poco condivisibile oggi.

Noi siamo timidi, fobici, introversi perché l’ambiente in cui siamo nati e cresciuti ci ha obbligato ad essere così, non c'erano altre possibilità.

La fobia sociale è il prodotto di una serie di esperienze che ci hanno portato istintivamente a concludere che la vita sociale è il male, un luogo pieno di insidie e pericoli. Paranoie? Niente affatto! Si tratta di una reazione perfettamente razionale fondamentale per la nostra sopravvivenza non meno di quella che tiene lontano i bambini dal fuoco dopo averlo “provato”. La nostra fobia quindi non è diversa da quella che certe persone “normali” hanno per i cani o i ragni, solo che la nostra non è normale perché la nostra fobia riguarda l’umanità in generale e non solo un gruppetto limitato di esseri viventi, e questo per gli esseri sociali è un affronto imperdonabile. “Come noi così allegri simpatici e scherzosi saremmo la causa della sua malattia?- si domanda uno dei rari esseri sociali ancora sensibile al dubbio – No! Noi siamo felici e soddisfatti, quindi giusti è lui che è così per colpa sua e del suo cervello malato!

Noi temiamo l’uomo in generale perché è da lui abbiamo ricevuto solo beffe, derisione e assoluta incomprensione. Abbiamo conosciuto tutta la sua cattiveria nell’infanzia, l’età durante la quale l’uomo, non ancora assoggettato alle imposizioni della buona educazione, scatena tutta la sua terrificante brutalità. L’impatto con la crudele esuberanza e l’efferata vivacità di dei bambini ci ha obbligato ad apprezzare i vantaggi della solitudine ed ad evitare istintivamente ogni gioco di gruppo, ogni occasione sociale che ci potesse esporre al ludibrio infantile.

Certo la solitudine è piacevole, da soli è possibile svolgere diverse attività utili per lo spirito: porsi domande, leggere, conoscere, trovare risposte, pensare…. Già iniziamo a pensare perché, non avendo a disposizione altra compagnia, non possiamo fare altro che popolare nostra solitudine con interminabili meditazioni, non abbiamo alternativa…. Quando ci renderemo conto che il pensiero quello vero, quello che penetra la realtà, quello che mette in dubbio ogni nozione, che sottopone a critica ogni certezza acquisita, che sottopone a critica anche le verità della morale borghese e della fede religiosa, quello che distrugge i pregiudizi è solo un’attività distruttiva che non ci darà alcun appagamento, allora sarà ormai tardi.
Quando si approda a questa conclusione definitiva? Quando sarà ormai evidente che la felicità piena e duratura può convivere solo con la superficialità e l’ignoranza che ci ha emarginato! La felicità è non pensare mai veramente perché, insensibile alle punture del dubbio, l’uomo felice e soddisfatto non ha alcun’ aspirazione alla conoscenza, non può averla. Le domande se le pongono solo gli sventurati che nella vita non trovano nulla di veramente soddisfacente.

Il nostro guaio quindi? L’eccesso di pensiero! Non abbiamo alternative all’ambizione dell’ignoranza, cioè abbiamo bisogno di un’altra illusione contraria a quella che ci ha guidati fin ora. Sì non abbiamo speranze!


Il pensiero è il male, il non pensare è il bene? Voi cosa ne pensate, se siete tanto sfortunati da essere dotati di pensiero? Se la questione vi lascia indifferenti... beati voi!!
non ho mai letto una marea di panzanate tutte assieme! Da questo si evince che......ne hai di strada da fare, di pensieri disfunzionali da correggere, se vuoi risolvere i tuoi problemi di fobia. Quelli che hai scritto non sono nient'altro che i pensieri disfunzionali che hai in testa, cioè quelle interpretazioni distorte della realtà.
Primo
L’uomo è solo un prodotto delle circostanze. Convinzione condivisa con tanti pensatori che mi hanno preceduto eppure poco condivisibile oggi.
Questo non c'entra un cachcio coi problemi di fobia, timidezza ed introversione.

Secondo
Noi siamo timidi, fobici, introversi perché l’ambiente in cui siamo nati e cresciuti ci ha obbligato ad essere così, non c'erano altre possibilità
Se questo fosse vero tutti sarebbero fobici e invece siamo fobici perchè interpretiamo in modo errato i segnali che arrivano dall'ambiente, perchè siamo particolarmente sensibili, o suscettibili a causa di insicurezze e di bassa autostima. L'ambiente non c'entra nulla, o c'entra ben poco. Al massimo l'mbiente può aggravare i sintomi, ma non ne è la causa. Infatti molti qui conducono vita quasi da eremita, chiudendosni in casa, quidi evitando di avere contatti con "l'abiente" e non risolvono affatto i loro problemi, anzi li aggravano.
Terzo
La fobia sociale è il prodotto di una serie di esperienze che ci hanno portato istintivamente a concludere che la vita sociale è il male, un luogo pieno di insidie e pericoli. Paranoie? Niente affatto! Si tratta di una reazione perfettamente razionale fondamentale per la nostra sopravvivenza non meno di quella che tiene lontano i bambini dal fuoco dopo averlo “provato”.
anche questo è tutto sbaglaito. La fobia deriva dall'ansia e l'ansia è una paura immotivata ed irrazionale ad un pericolo inesistente!
Appunto se uno vede del fuoco dietro una porta, sitintivamente si attiva la paura, uan reazione istintiva che serve a tendere i muscoli per preparare il corpo all'azione, alla fuga. I muscoli si tendono pronti a scattare, lo stomaco si chiude e il nostro organismo devia il sangue dagli organi interni, facendone affluire di più agli organi esterni di movimento, alle gambe, alle braccia (ecco eprchè si diventa rossi), il respiro si velocizza per aumentare il livello di ossigine nel sangue, il battito caridaco accellera. Tutte queste reazioni fisiologiche permettono all'umo di sopravvire in presenza di un pericolo reale. Il problema del fobico è che ha queste reazioni anche quando non esiste un pericolo reale, ma si immagino un pericolo inesistente, un pericolo legato agli altri, alla paura degli altri, cioè ad una paura immotivata e questa paura prende il nome di ansia. Quando ti dicono :" ma perchè non parli non ti mangio mica!" è la sacronsantea verità. Abbaimo una paura immotivata, gli altir non ci mangiano, non sono il fuoco che ci può bruciare, se stiamo in mezzo algi amici, ai colleghi, ai compagni, non c'è nessus pericolo per la nostra salute, non ci mangiano mica.

Labo..un consiglio...se continui a ragionare così andrai sempre più fuori strada, non farai che aggravare la tua condizione, perchè queste convinzioni che hai sono profondamente errate e infatti provengono dalla chat frequentata da fobici.
Non so.... dici che sei una grande lettore di libri, però credo che tu non abbia mai letto in vita tua un libro sulla fobia sociale, sarebbe ora che magari te ne leggessi qualcuno.

e per rispondere alla tua ultima domanda se il pensiero è il male...
Il pensar male è il male! non il pensiero in se.
E il segreto della felicità non il non pensare, ma è il pensare e condividere il rporpio pensiero con gli altri, ecco perchè il fobico soffre, perchè non riesce a condividere le emozioni, i pensieri con gli altri. PErchè non si apre agli altri, non vede gli altri come un'opportunità di crescita, di condivisione, non vede gli altri come un universo affascinante da scoprire, ma il fobico è triste perchè vede gli altri come un pericolo da evitare, come una minaccia da cui scappare.

Ultima modifica di Miky; 20-03-2011 a 22:03.
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