Caro Charles, stamattina ho evocato la parte di me cattiva e le ho fatto giudicare le donne che avevo conosciuto. Ho immaginato che fosse il me di adesso, di quando ho lo sguardo affascinante, con i capelli perfetti e la barba ben fatta e la camicia, una camicia perfetto. Il viso è confuso in realtà, ma è splendido e impeccabile. Allora gli ho fatto giudicare le donne e lui le scartava tutte con grande soddisfazione. Elisabetta, no ti prego. Hai visto i capelli? Hai visto quei brufoletti attorno alle guance? Hai sentito come parla? Hai sentito come parla della calma? È una persona inquieta, vive con i cani nel letto. Hai visto come si veste? Hai visto le tette? Hai visto il culo strabordante? No, ti prego, non è assolutamente passabile. Allora gli ho fatto giudicare ogni donna che mi venisse in mente e le ha distrutte tutte con grande soddisfazione. Come ieri quando mi sono reso conto che se avessi incontrato Corinna per strada mi sarei vergognato di essere accompagnato da Elisabetta e da Beatrice, o da Cecilia, o da Corinna stessa. Perché trovo in ognuna di loro della bruttezza e non vanno bene. Allora mi sono messo a giudicare anche le attrici del telefilm che avevo visto e nessuna sarebbe andata bene a lui. Nessuna. Come le scartava con godimento! Perché troppo rozza, perché aveva il mento in fuori, perché aveva le occhiaie e l’acne sotto il trucco. Non provava niente, era solo il suo ruolo, quello di scartare le donne perché non abbastanza belle.
Poi Charles, ho fatto uscire il bambino, e ho sentito così tanta vita emozionale dentro. E lui lo ha, mi ha, ci ha massacrato. Per le occhiaie, perché non leggevamo abbastanza, per i vestiti, perché non abbastanza bravo a fare le cose, perché aveva paura. È come un frocio ben vestito, con il gilè, che critica tutto e tutti. Frocio non tanto perché gli piacciano gli uomini. Frocio per quella cattiveria e gloria di se che riescono a esprimere, per l’attrazione per la forza e il disprezzo della debolezza.
Mi ha massacrato perché neuropsichiatria gli fa ridere. Curare i bambini spastici, ma buttali giù dalla rupe. Con tutte le loro imperfezioni. Lui avrebbe volentieri fatto chirurgia plastica, per inseguire il suo ideale di bellezza. La mia fragilità in particolare ha colpito. Mi ha dato del bambino sfigato, ha colpito sui miei sogni, sulle voglie di legami. Perché nessuno andava bene per lui.
Colpiva dove faceva male e sapeva benissimo dove fare male. Senza godimento, diceva quello che pensava vero, senza la sfumatura di un’emozione. Con la sua faccia luminosa e perfetta mi massacrava, massacrava il bambino.
È stato molto brutto. Però almeno adesso so che non temo il giudizio degli altri ma il mio, o almeno quello di questa parte perfezionista di me.