|
|
21-06-2015, 07:34
|
#1
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 993
|
A mio parere, almeno stando al mio post su cosa spaventa l'utenza della socialità, molti utenti di questo forum sono o sono stati vittime di un male che io definirò "disagio sociale".
Il disagio sociale ha vari sintomi, nei quali probabilmente gran parte di noi si riconoscerà:
1. I rapporti con gli altri vengono concepiti come poco interessanti;
2. Solo alcuni rapporti ben selezionati sono bene accetti;
3. Il giudizio è applicato in maniera poco equilibrata, spesso troppo impietosa verso se stessi;
4. La fuga in qualche attività, che sia sportiva, intellettuale o ricreativa, viene vista come una salvezza stabilizzante;
5. I rapporti sociali vengono visti come una minaccia per l'integrità del proprio ego;
6. C'è una forte identificazione tra il disagio e la vittima del disagio (della serie: io non mi avvicino agli altri perché sono fatto in questo modo e sto bene così).
7. In presenza di altre persone, specialmente poco conosciute o poco stimate, la nostra mente può andare in subbuglio portando ad ulteriori disagi psichici di varia natura, soprattutto disturbi d'ansia come il DOC;
8. I criteri adottati nella valutazione delle persone e di sé sono largamente oggettivi, in maniera molto più esasperata del normale;
9. Un rapporto che non sia (quasi) sicuramente eterno viene visto come fasullo e fine a se stesso;
10. Si vedono conformismi, mode, usi come qualcosa da respingere.
E tanto altro.
Il disagio sociale è un male universale, dove "universale" è da intendersi come prescindente da elementi specifici della persona. Tutti gli utenti che hanno risposto al mio topic ( http://www.fobiasociale.com/cosa-vi-...9665/pagina-5/ ) riportano la stessa sintomatologia, indipendentemente dall'età, dal sesso, dall'occupazione, dalla storia personale. Identificare le cause di questo male con qualcuno di questi fattori individuali probabilmente porterà fuori strada.
Il disagio sociale non siamo noi. Fra i sintomi del disagio sociale c'è l'identificazione del soggetto con esso: evidentemente, chi entra in uno stato d'ansia in presenza della maggior parte degli individui del globo starà meglio da solo e di conseguenza crede che ciò sia caratteristico della sua persona. Non è così. Ci sono persone più o meno solitarie, più o meno chiacchierone: un eremita in salute, però, non lamenta ansia in presenza di altre persone. Un eremita in salute gradisce una visita, ne riconosce l'importanza ma trascorre la maggior parte del suo tempo da solo. E' fatto così di carattere. Ad esempio buona parte dei ragazzi sono molto più "eremiti" delle ragazze; è piuttosto raro vedere un gruppo di uomini fare comunella per 2 ore. Ciò non pregiudica il loro stato di salute.
Noi invece stiamo male in presenza delle persone. Il nostro vero carattere è diverso e quello vero è privo di ansia in qualsiasi situazione. Ad esempio, io mi sono accorto che superando il disagio sociale sono una persona chiacchierona, a cui piace intrattenere attività di molti tipi con molte persone (chiaramente non tutti...), morigerato sì ma senza eccessi. Quando ero vittima del disagio sociale invece credevo di voler frequentare solo poche persone perché mi identificavo con tale disagio.
Come si supera il disagio sociale? Ci sto riflettendo.
|
Ultima modifica di cancellato15306; 21-06-2015 a 07:43.
|
21-06-2015, 08:35
|
#2
|
Principiante
Qui dal: Jun 2015
Ubicazione: Provincia di Milano
Messaggi: 42
|
Intanto raccontaci come tu lo hai superato
Mi piace la tua analisi, in particolare la parte sull'identificazione con il disagio.
C'e' da rifletterci...
Grazie
|
|
21-06-2015, 09:08
|
#3
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 993
|
Quote:
Originariamente inviata da PathFinder83
Intanto raccontaci come tu lo hai superato
Mi piace la tua analisi, in particolare la parte sull'identificazione con il disagio.
C'e' da rifletterci...
Grazie
|
Mi fa piacere che tu gradisca Spero ti sia d'aiuto.
Ok, abbiamo affrontato la parte 1: la sintomatologia.
Ora passiamo alla parte 2: le cause della sintomatologia. Attenzione, non parlo delle cause che hanno scatenato il malessere (genetica, interazione con i coetanei, genitori...) ma le cause che mantengono il malessere vivo in assenza di questi stimoli negativi.
Quindi, come mai presentiamo quei sintomi?
1. Assenza di fiducia, o meglio, inversione del processo di dazione di fiducia. Normalmente, le persone danno fiducia a tutti e se qualcuno in particolare mostra di non essere all'altezza di tale fiducia, viene ignorato. Invece nel disagio sociale il processo di dazione di fiducia è invertito: di base nessuno è all'altezza della nostra fiducia, ma qualcuno in particolare, potrebbe esserlo. Da questo derivano i sintomi 2 e 7.
2. Inversione dello schema valoriale delle situazioni sociali, cioè la negazione della frase la coesione viene prima di tutto. Chi ha la fobia sociale, generalmente, non crede affatto che la società debba essere unita, anzi, spesso si vede la società come un'entità astratta che causa dolore a tutti i singoli, quando chiaramente questa immagine è fasulla (basti pensare che la società si compone di individui indipendenti, capaci di fare ciò che desiderano, e spesso desiderano abbastanza bene). Ciò è strettamente legato alla mancanza di fiducia. Questo porta ad un'inversione degli schemi valoriali dove si tende a privilegiare il benessere di ciascun singolo da solo piuttosto che di una globalità di individui insieme, causando i sintomi 1, 8 e 10.
3. Focalizzazione su di sé (per il proprio problema) e sul proprio mondo interiore. Chi ha il disagio sociale vivrà spesso da solo e troverà un forte rilassamento solo in assenza delle cause dell'ansia (gli altri) quindi tenderà a valorizzare notevolmente cose come l'intelligenza, la capacità di riflessione, la profondità, negli altri e in se stesso. Unitamente alla causa 2, ciò provoca i sintomi 4, 5, 8.
(Continua... ora devo andare).
|
|
21-06-2015, 09:23
|
#4
|
Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,246
|
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
un eremita in salute, però, non lamenta ansia in presenza di altre persone. Un eremita in salute gradisce una visita, ne riconosce l'importanza ma trascorre la maggior parte del suo tempo da solo. E' fatto così di carattere. Ad esempio buona parte dei ragazzi sono molto più "eremiti" delle ragazze; è piuttosto raro vedere un gruppo di uomini fare comunella per 2 ore. Ciò non pregiudica il loro stato di salute.
|
Un eremita magari è in salute perché non desidera proprio avere delle cose che si ricavano da certi contatti sociali (un eremita ad esempio, desidera per caso avere relazioni sessuali? ), visto che se n'è andato a vivere su una montagna suppongo di no.
Io delle cose le desidero dalla socialità, il problema è che certe altre invece mi infastidiscono molto e non ho trovato ancora il sistema per ottenere le prime ed evitare le seconde.
Ad esempio vorrei avere relazioni sessuali e una serie di contatti intimi, ma per avere questo (in linea di principio) devo comunque sottostare ad una serie di consuetudini, cure della persona e del corpo, forme di competizione e corteggiamento alle quali non sono mai riuscito ad adattarmi davvero.
Le soluzioni proposte in genere sono due e sempre le stesse...
1) Adattati.
2) Fai a meno di quel che non riesci a ottenere se non riesci ad adattarti.
Dopo svariati anni, ho compreso che con me non va bene né la 1 e nemmeno la 2 (ed anche le varie combinazioni a gradi di queste due soluzioni qua).
Io non è la moda e il conformismo che li vedo come qualcosa da respingere (sotto svariati aspetti sono conformista anche io, possiedo un computer come molte altre persone ad esempio, vesto secondo la moda del momento e faccio e desidero le stesse cose di altre persone), ma certe altre cose, che vanno molto di moda, non mi piace farle proprio!
A me è ben chiaro quali sono le cose che mi piacciono e quelle che mi infastidiscono, quel che non mi è chiaro è che tipo di soluzione poter adottare (ammesso anche che esista) per poter avere le prime ed evitare le seconde.
Che vivo una forma di disagio esistenziale a me è ben chiaro da molto tempo, è il come poter vivere bene in questi contesti che a me non è affatto chiaro.
Il mio personale senso di disagio è molto legato ad un senso di costrizione condizionata, ne ho parlato svariate volte qua sul forum. Non provo chissà quale ansia quando sto con le persone senza dover interagire in modi particolari (per strada non penso di certo che i passanti mi giudicano o cose del genere), l'ansia che provo io ha a che fare molto con l'idea "devi fare questo per ottenere quest'altro".
Se sto con una persona senza parlare ad esempio non provo ansia, ma se questa persona inizia a fare richieste nei miei confronti del tipo "dai raccontami qualcosa" si attiva l'ansia, che in me è una forma reattiva più che passiva, è un'ansia un pochino rabbiosa la mia, perché al sudore e al battito accelerato si aggiunge poi una forma di nervosismo.
Dico, stiamo insieme, ti fa piacere vedermi? Allora perché mi chiedi di parlare di qualcosa?
Penso abbastanza velocemente che la persona si annoia con me in questa modalità e mi chiede questa cosa qua proprio per questo, io reattivamente penso al mio dover essere nei confronti dei desideri di chi interagisco per non farlo annoiare e poter tenere in piedi la relazione, e vivo male la situazione.
Quel che vorrei fare io, stare in compagnia magari anche in silenzio viene vissuto male dall'altra persona o dalla maggior parte delle persone... Ma quel che vivo male io, il sottostare a queste richieste, dove lo mettiamo?
Dovrebbe semplicemente sparire nel nulla e non esserci?
Se una persona mi viene a trovare e non insinua richieste nei miei confronti, mi fa piacere anche a me vederla e non provo alcun disagio.
|
Ultima modifica di XL; 21-06-2015 a 10:02.
|
21-06-2015, 09:26
|
#5
|
Esperto
Qui dal: Mar 2013
Messaggi: 3,845
|
Psicoterapia?
|
|
21-06-2015, 09:28
|
#6
|
Banned
Qui dal: Mar 2015
Messaggi: 203
|
Il disagio sociale si supera semplicemente essendo più forti. Buona parte delle persone sofferenti soffrono perché sono degli smidollati e dei piagnoni.
|
Ultima modifica di Mortino; 21-06-2015 a 09:32.
|
21-06-2015, 10:12
|
#7
|
Principiante
Qui dal: Jun 2015
Messaggi: 5
|
Quote:
Originariamente inviata da XL
Io delle cose le desidero dalla socialità, il problema è che certe altre invece mi infastidiscono molto e non ho trovato ancora il sistema per ottenere le prime ed evitare le seconde.
Ad esempio vorrei avere relazioni sessuali e una serie di contatti intimi, ma per avere questo (in linea di principio) devo comunque sottostare ad una serie di consuetudini, cure della persona e del corpo, forme di competizione e corteggiamento alle quali non sono mai riuscito ad adattarmi davvero.
Il mio personale senso di disagio è molto legato ad un senso di costrizione condizionata, ne ho parlato svariate volte qua sul forum. Non provo chissà quale ansia quando sto con le persone senza dover interagire in modi particolari (per strada non penso di certo che i passanti mi giudicano o cose del genere), l'ansia che provo io ha a che fare molto con l'idea "devi fare questo per ottenere quest'altro".
Se sto con una persona senza parlare ad esempio non provo ansia, ma se questa persona inizia a fare richieste nei miei confronti del tipo "dai raccontami qualcosa" si attiva l'ansia, che in me è una forma reattiva più che passiva, è un'ansia un pochino rabbiosa la mia, perché al sudore e al battito accelerato si aggiunge poi una forma di nervosismo.
Dico, stiamo insieme, ti fa piacere vedermi? Allora perché mi chiedi di parlare di qualcosa?
Penso abbastanza velocemente che la persona si annoia con me in questa modalità e mi chiede questa cosa qua proprio per questo, io reattivamente penso al mio dover essere nei confronti dei desideri di chi interagisco, e vivo male la situazione.
Se una persona mi viene a trovare e non insinua richieste, mi fa piacere anche a me vederla e non provo disagio.
|
Provo le stesse cose che hai scritto tu. La mia ansia non nasce da situazioni o contesti generici (ad esempio molti soffrono le semplici interazioni con un barista, o il fare la spesa da soli per paura di essere osservati, etc.)
ma in contesti in cui, direttamente o indirettamente, mi viene richiesta una "prestazione":
esempi:
raccontare qualcosa in un gruppo (barzelletta, esperienza, stato d' animo, etc.)
--> necessario per risultare simpatici e interessanti
esporre un problema o la sua risoluzione in un contesto di lavoro (senza averlo prima programmato o studiato in dettaglio)
--> necessario per apparire "smart" e sul pezzo
..e ovviamente tante altre occasioni in cui è richiesto un "esporsi" o "proporsi" in qualche modo. Se devo provarci con qualcuna è ovvio che nella fase di corteggiamento dovrò colpirla instaurando una serie di atteggiamenti che mi consentano di "fertilizzare" il terreno.
Invece tutte queste cose mi creano ansia e un certo grado di fastidio. Cioè in pratica è come se volessi "tutto e subito", come se non accettassi il fatto che prima di ottenere qualcosa devo obbligatoriamente passare per degli step intermedi più o meno lunghi..
|
|
21-06-2015, 10:22
|
#8
|
Banned
Qui dal: Dec 2013
Ubicazione: toscanaccio
Messaggi: 14,398
|
Quote:
5. I rapporti sociali vengono visti come una minaccia per l'integrità del proprio ego;
6. C'è una forte identificazione tra il disagio e la vittima del disagio (della serie: io non mi avvicino agli altri perché sono fatto in questo modo e sto bene così).
|
5 e 6 ce l'ho ...
|
|
21-06-2015, 13:21
|
#9
|
Esperto
Qui dal: Jan 2012
Ubicazione: Ibiza
Messaggi: 1,080
|
Quote:
Originariamente inviata da Mortino
Il disagio sociale si supera semplicemente essendo più forti. Buona parte delle persone sofferenti soffrono perché sono degli smidollati e dei piagnoni.
|
Un pò più di amor proprio sicuramente non guasterebbe, ma non tutti reagiscono allo stesso modo di fronte ad un problema o ad un'avversità.
Per questo trovo eccessivo l'uso di certi termini.
|
|
21-06-2015, 13:49
|
#10
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 993
|
Quote:
Originariamente inviata da XL
Un eremita magari è in salute perché non desidera proprio avere delle cose che si ricavano da certi contatti sociali (un eremita ad esempio, desidera per caso avere relazioni sessuali? ), visto che se n'è andato a vivere su una montagna suppongo di no.
Io delle cose le desidero dalla socialità, il problema è che certe altre invece mi infastidiscono molto e non ho trovato ancora il sistema per ottenere le prime ed evitare le seconde.
Ad esempio vorrei avere relazioni sessuali e una serie di contatti intimi, ma per avere questo (in linea di principio) devo comunque sottostare ad una serie di consuetudini, cure della persona e del corpo, forme di competizione e corteggiamento alle quali non sono mai riuscito ad adattarmi davvero.
Le soluzioni proposte in genere sono due e sempre le stesse...
1) Adattati.
2) Fai a meno di quel che non riesci a ottenere se non riesci ad adattarti.
Dopo svariati anni, ho compreso che con me non va bene né la 1 e nemmeno la 2 (ed anche le varie combinazioni a gradi di queste due soluzioni qua).
Io non è la moda e il conformismo che li vedo come qualcosa da respingere (sotto svariati aspetti sono conformista anche io, possiedo un computer come molte altre persone ad esempio, vesto secondo la moda del momento e faccio e desidero le stesse cose di altre persone), ma certe altre cose, che vanno molto di moda, non mi piace farle proprio!
A me è ben chiaro quali sono le cose che mi piacciono e quelle che mi infastidiscono, quel che non mi è chiaro è che tipo di soluzione poter adottare (ammesso anche che esista) per poter avere le prime ed evitare le seconde.
Che vivo una forma di disagio esistenziale a me è ben chiaro da molto tempo, è il come poter vivere bene in questi contesti che a me non è affatto chiaro.
Il mio personale senso di disagio è molto legato ad un senso di costrizione condizionata, ne ho parlato svariate volte qua sul forum. Non provo chissà quale ansia quando sto con le persone senza dover interagire in modi particolari (per strada non penso di certo che i passanti mi giudicano o cose del genere), l'ansia che provo io ha a che fare molto con l'idea "devi fare questo per ottenere quest'altro".
Se sto con una persona senza parlare ad esempio non provo ansia, ma se questa persona inizia a fare richieste nei miei confronti del tipo "dai raccontami qualcosa" si attiva l'ansia, che in me è una forma reattiva più che passiva, è un'ansia un pochino rabbiosa la mia, perché al sudore e al battito accelerato si aggiunge poi una forma di nervosismo.
Dico, stiamo insieme, ti fa piacere vedermi? Allora perché mi chiedi di parlare di qualcosa?
Penso abbastanza velocemente che la persona si annoia con me in questa modalità e mi chiede questa cosa qua proprio per questo, io reattivamente penso al mio dover essere nei confronti dei desideri di chi interagisco per non farlo annoiare e poter tenere in piedi la relazione, e vivo male la situazione.
Quel che vorrei fare io, stare in compagnia magari anche in silenzio viene vissuto male dall'altra persona o dalla maggior parte delle persone... Ma quel che vivo male io, il sottostare a queste richieste, dove lo mettiamo?
Dovrebbe semplicemente sparire nel nulla e non esserci?
Se una persona mi viene a trovare e non insinua richieste nei miei confronti, mi fa piacere anche a me vederla e non provo alcun disagio.
|
Quello che dici anche io l'ho provato.
Perché sottostare a delle norme sociali, se per me esse non hanno senso?
Normalmente, questa sembrerebbe una domanda legittima. Perché dovrei fare qualcosa che mi viene imposto?
Il fatto è che non viene imposto, nei casi che mi hai riportato. Ad esempio, tu stesso dici di voler avere una serie di contatti intimi. Per ottenere questi contatti, giustamente, devi attuare una serie di comportamenti su te stesso per soddisfare la partner (visto che questo è lo scopo del rapporto di coppia). Il fatto è che percepisci questo "dover attuare" come una minaccia al tuo ego. Invece, quello che potresti fare, è pensare che il rapporto di coppia non avrebbe senso se non dai la priorità al benessere della partner. In quel caso ti verrebbe del tutto spontaneo attuare tutti i compotamenti che vanno nella direzione della soddisfazione della partner... e niente più imposizioni.
|
|
21-06-2015, 14:11
|
#11
|
Banned
Qui dal: Apr 2014
Ubicazione: NO
Messaggi: 4,011
|
Quote:
Originariamente inviata da Mortino
Il disagio sociale si supera semplicemente essendo più forti. Buona parte delle persone sofferenti soffrono perché sono degli smidollati e dei piagnoni.
|
meh...
a me pare che buona parte delle persone sofferenti soffra perchè si ritrova a dover affrontar difficoltà, contesti o problemi su cui non ha avuto una possibilità di scelta. Siano la famiglia che porta a sviluppare una certa indole, i bulli che decidono di rovinarti la vita ad ogni costo, le difficoltà economiche, problemi di salute innati etc etc.
Tutte queste cose poi possono determinare altre fonti di sofferenza a cui è possibile reagire. Ma alla base spesso c'è qualcosa su di cui non si ha avuta nessuna scelta, semplice dire " eh, devi essere più forte" a chi magari forte lo è tutti i giorni da una vita, proprio perchè si ritrova a fare i conti da sempre con difficoltà varie.
Certo, puoi arrivare ad una soluzione, ma voglio proprio capire come una persona possa non soffrire nel mentre, sapendo che una parte della sua vita è resa più difficile, se non rovinata, da cose che non ha fatto nulla per "meritarsi" .
|
|
21-06-2015, 14:12
|
#12
|
Esperto
Qui dal: Aug 2013
Messaggi: 1,074
|
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
Il nostro vero carattere è diverso e quello vero è privo di ansia in qualsiasi situazione. Ad esempio, io mi sono accorto che superando il disagio sociale sono una persona chiacchierona, a cui piace intrattenere attività di molti tipi con molte persone (chiaramente non tutti...), morigerato sì ma senza eccessi. Quando ero vittima del disagio sociale invece credevo di voler frequentare solo poche persone perché mi identificavo con tale disagio.
Come si supera il disagio sociale? Ci sto riflettendo.
|
Mah, che l'ansia, la paura non siano sentimenti naturali, ma sempre, "in qualsiasi situazione" da ritenere disfunzionali, è un'interpretazione tua; ad esempio, è legittimo avere ansia di non passare un test o no? E' un'emozione naturale questa, fondata sul fatto che esiste concretamente la possibilità di non passare effettivamente quel test. Non è un sentimento disfunzionale, non fa parte di un carattere che si è falsificato, è normale, "entro una certa misura", che si provi, ansia. Nella vita esistono fatti per cui l'ansia è giustificata. Poi, tu dici "il disagio sociale non siamo noi". E "l'agio sociale siamo noi"? Non credi che si potrebbe dire, rigirando la frittata sul fatto che secondo te ci si identifica con un "disagio sociale", che ci si possa anche identificare con un "agio sociale"? Io non sono d'accordo sul far passare un messaggio in cui " è normale, naturale, solo fare X" e tutto ciò che si discosta non lo è. Piuttosto dì: "seguire determinati comportamenti preclude o apre a certe possibilità"; la normalità, il paradigma comportamentale della socialità, non è un paradigma; si è costruito con la necessità di aggregarsi in comunità e collaborare. (Anche se ovviamente il primo nucleo sociale è la famiglia.)
Stai riflettendo su come si supera il disagio: è ammirevole, le intenzioni sono nobili, ma non ti sei chiesto come mai in giro è pieno di guide per superare questo disagio? Anche lo stesso Kody del forum mi pare che ne avesse scritta una.. E come mai non lo si supera? Non è che evidentemente la questione è molto più complessa di come continuate a dipingerla? Forse che appunto questa naturale verità caratteriale di cui parli non esiste, e che ogni individuo è tutto coinvolto in significati e interpretazioni sue, per cui, ogni caso è a se stante, ogni disagio è una storia a sé per cui non è possibile pensare di scrivere 5-10 precetti e regole di vita puramente comportamentali per demolire fatti esistenziali complessi. Ribadisco che qui ci sono in gioco esistenze, esperienze e significati del mondo diverse e ma reali, non false. Ciò non toglie che esistano effettivamente ansie invalidanti e da curare. Ad esempio la paura di essere assorbiti dagli altri, visto che se ne parlava di là, è irrazionale, il fatto materiale di essere assorbiti è inverificabile, per cui non è spiegabile altrimenti che con un'esasperazione di certi sentimenti di insicurezza e fragilità interiori che ribadisco sono reali, naturali anche, ma in quanto invalidanti da superare per vivere un po' meglio.
|
|
21-06-2015, 14:27
|
#13
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 993
|
Quote:
Originariamente inviata da QuantumGravity
Mah, che l'ansia, la paura non siano sentimenti naturali, ma sempre, "in qualsiasi situazione" da ritenere disfunzionali, è un'interpretazione tua; ad esempio, è legittimo avere ansia di non passare un test o no? E' un'emozione naturale questa, fondata sul fatto che esiste concretamente la possibilità di non passare effettivamente quel test. Non è un sentimento disfunzionale, non fa parte di un carattere che si è falsificato, è normale, "entro una certa misura", che si provi, ansia. Nella vita esistono fatti per cui l'ansia è giustificata. Poi, tu dici "il disagio sociale non siamo noi". E "l'agio sociale siamo noi"? Non credi che si potrebbe dire, rigirando la frittata sul fatto che secondo te ci si identifica con un "disagio sociale", che ci si possa anche identificare con un "agio sociale"? Io non sono d'accordo sul far passare un messaggio in cui "è normale, naturale, solo fare X" e tutto ciò che si discosta non lo è. Piuttosto dì: "seguire determinati comportamenti preclude o apre a certe possibilità"; la normalità, il paradigma comportamentale della socialità, non è un paradigma; si è costruito con la necessità di aggregarsi in comunità e collaborare. (Anche se ovviamente il primo nucleo sociale è la famiglia.)
Stai riflettendo su come si supera il disagio: è ammirevole, le intenzioni sono nobili, ma non ti sei chiesto come mai in giro è pieno di guide per superare questo disagio? Anche lo stesso Kody del forum mi pare che ne avesse scritta una.. E come mai non lo si supera? Non è che evidentemente la questione è molto più complessa di come continuate a dipingerla? Forse che appunto questa naturale verità caratteriale di cui parli non esiste, e che ogni individuo è tutto coinvolto in significati e interpretazioni sue, per cui, ogni caso è a se stante, ogni disagio è una storia a sé per cui non è possibile pensare di scrivere 5-10 precetti e regole di vita puramente comportamentali per demolire fatti esistenziali complessi. Ribadisco che qui ci sono in gioco esistenze, esperienze e significati del mondo diverse e ma reali, non false. Ciò non toglie che esistano effettivamente ansie invalidanti e da curare. Ad esempio la paura di essere assorbiti dagli altri, visto che se ne parlava di là, è irrazionale, il fatto materiale di essere assorbiti è inverificabile, per cui non è spiegabile altrimenti che con un'esasperazione di certi sentimenti di insicurezza e fragilità interiori che ribadisco sono reali, naturali anche, ma in quanto invalidanti da superare per vivere un po' meglio.
|
Come mai questa opposizione? Che cosa ho fatto contro di te?
Sto cercando di darti una mano... giusto? Deve essere chiaro questo. Non ci sono altri intenti.
Detto ciò: non ho mai detto che qualsiasi tipo di ansia è malsano. L'ansia sociale generalizzata (ossia il provare disagio verso la maggior parte dei possibili rapporti sociali ) è invece malsana, alla grande. Io mi riferivo esclusivamente a quella.
Sistemato il concetto di ansia: perché dico che identificarsi nel disagio sociale è male? Perché il benessere che si prova con l'agio sociale è almeno centomila volte maggiore e più stabile rispetto al benessere che si può provare in una situazione di disagio sociale quindi io, non volendo che i forumisti rimangano in una situazione che so essere disagiatissima perché l'ho provata sulla pelle per anni e anni, cerco di tirarvi fuori.
Torniamo sulla verità caratteriale: come mai dici che non esiste? Perché mi neghi? Non mi stai forse confermando che alcune dlee cose che sono esterne al tuo ego devono essere respinte? Come puoi avere un rapporto costruttivo con me se non provi a comprendere il motivo per cui dico ciò che ho detto?
Io sono passato da una situazione di disagio sociale lunga almeno un decennio, conclusasi con la stabilizzazione di una situazione gioiosa determinata dal fatto che il mio carattere adesso è coerente con i miei ideali personali. Il disagio sociale spesso impedisce la realizzazione degli ideali personali. Mettiamo ad esempio che io voglia un rapporto amoroso sano e la felicità della mia amata. Se ho il disagio sociale farò probabilmente una lunga serie di azioni contrarie a questo rapporto amoroso sano: idealizzerò lei, non vorrò adattarmi a lei, avrò standard troppo alti per lei e tanto altro. Se invece non ho il disagio sociale sarò libero di lasciar sfogare dei sentimenti umani che non derivino da schemi difensivi e potrò costruire qualcosa di fondato sul dare.
Non è proficuo negare quello che dico solo perché è sintetico (pochi "precetti") o perché invita ad un particolare tipo di comportamento (visto che si tratta di comportamenti che provocano un aumento del proprio benessere e basta). Io lo dico per il vostro bene
|
Ultima modifica di cancellato15306; 21-06-2015 a 14:31.
|
21-06-2015, 14:33
|
#14
|
Banned
Qui dal: Apr 2014
Ubicazione: NO
Messaggi: 4,011
|
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
[...]
1. I rapporti con gli altri vengono concepiti come poco interessanti;
2. Solo alcuni rapporti ben selezionati sono bene accetti;
3. Il giudizio è applicato in maniera poco equilibrata, spesso troppo impietosa verso se stessi;
4. La fuga in qualche attività, che sia sportiva, intellettuale o ricreativa, viene vista come una salvezza stabilizzante;
5. I rapporti sociali vengono visti come una minaccia per l'integrità del proprio ego;
6. C'è una forte identificazione tra il disagio e la vittima del disagio (della serie: io non mi avvicino agli altri perché sono fatto in questo modo e sto bene così).
7. In presenza di altre persone, specialmente poco conosciute o poco stimate, la nostra mente può andare in subbuglio portando ad ulteriori disagi psichici di varia natura, soprattutto disturbi d'ansia come il DOC;
8. I criteri adottati nella valutazione delle persone e di sé sono largamente oggettivi, in maniera molto più esasperata del normale;
9. Un rapporto che non sia (quasi) sicuramente eterno viene visto come fasullo e fine a se stesso;
10. Si vedono conformismi, mode, usi come qualcosa da respingere.
E tanto altro.
[...]
|
1- 2 ) Per me molti rapporti sono poco interessanti da perseguire perchè non soddisfano mie determinate necessità. Non vedo perchè dovrei sforzarmi di perseguire un legame che non mi porta alcun vantaggio di sorta, non sarebbe neanche molto utile per l'altra parte un rapporto mantenuto in piedi solo da una spinta sociale forzata.
Quindi sì, seleziono molto i miei rapporti e mi auguro anche altri lo facciano.
4 ) sono strumenti per la realizzazione della mia persona, quindi sì, sono assolutamente primari e danno molto più senso alla mia vita dei rapporti sociali. Esclusi appunto i vari rapporti selezionati di cui sopra.
5) Dipende appunto dal tipo di rapporto
6) uhm, bho. Può darsi, ma di fatto io mi muovo seguendo semplicemente ciò che avverto farmi stare meglio. Non ho difficoltà rilevanti nell'interagire superficialmente con sconosciuti o forme di FS in cui potermi identificare.
8) Sicuro ? A me pare che siano fortemente soggettivi invece. I dati oggettivi vengono spesso tirati alla mano per ricavare conclusioni che partono da una considerazione soggettiva di sè.
9) non pretendo che sia eterno ma mi piac partire con la prospettiva che possa esserlo se non intervengono fattori esterni. Iniziare un rapporto ben sapendo che sarà solo una cosa passeggera non mi interessa molto.
10 ) dipende da che conformismo e che moda. Se mi causa danni, li causa a persone a me care o semplicemente muove contro alcuni miei valori - allora sì- la respingo attivamente.
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
Noi invece stiamo male in presenza delle persone. Il nostro vero carattere è diverso e quello vero è privo di ansia in qualsiasi situazione. Ad esempio, io mi sono accorto che superando il disagio sociale sono una persona chiacchierona, a cui piace intrattenere attività di molti tipi con molte persone (chiaramente non tutti...), morigerato sì ma senza eccessi. Quando ero vittima del disagio sociale invece credevo di voler frequentare solo poche persone perché mi identificavo con tale disagio.
Come si supera il disagio sociale? Ci sto riflettendo.
|
Condivido il post di QuantumGravity, perchè solo un determinato comportamento è visto come una devianza da correggere ? Come un non essere veramente sè stessi ?
Ciascuno vive seguendo una propria scala di priorità e necessità, il tuo post di partenza è una generalizzazione molto grossa.
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
[...]
2. Inversione dello schema valoriale delle situazioni sociali, cioè la negazione della frase la coesione viene prima di tutto. Chi ha la fobia sociale, generalmente, non crede affatto che la società debba essere unita, anzi, spesso si vede la società come un'entità astratta che causa dolore a tutti i singoli, quando chiaramente questa immagine è fasulla (basti pensare che la società si compone di individui indipendenti, capaci di fare ciò che desiderano, e spesso desiderano abbastanza bene). Ciò è strettamente legato alla mancanza di fiducia. Questo porta ad un'inversione degli schemi valoriali dove si tende a privilegiare il benessere di ciascun singolo da solo piuttosto che di una globalità di individui insieme, causando i sintomi 1, 8 e 10.
3. Focalizzazione su di sé (per il proprio problema) e sul proprio mondo interiore. Chi ha il disagio sociale vivrà spesso da solo e troverà un forte rilassamento solo in assenza delle cause dell'ansia (gli altri) quindi tenderà a valorizzare notevolmente cose come l'intelligenza, la capacità di riflessione, la profondità, negli altri e in se stesso. Unitamente alla causa 2, ciò provoca i sintomi 4, 5, 8.
[...]
|
Effettivamente per me la coesione NON viene prima di tutto. Prima di tutto viene la mia felicità, il mio benessere e quello di chi è a me caro.
Se il mantenimento di un'unità sociale passa attraverso meccaniche che mi causano sentimenti di alienazione e più o meno direttamente un danno non vedo perchè dovrei sacrificare me stesso in nome della coesione sociale.
Lo faccio spontaneamente se questa mi porta dei benefici maggiori del sacrificio compiuto, se ciò non accade preferisco allora del sano egoismo.
3 ) Non vedo come ciò possa essere dannoso. La capacità di riflessione, l'intelligenza e la profondità penso solo possano essere utili nei rapporti sociali, e basta. Almeno per quelli che ho desiderio di intrattenere, ecco.
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
[...]
Sistemato il concetto di ansia: perché dico che identificarsi nel disagio sociale è male? Perché il benessere che si prova con l'agio sociale è almeno centomila volte maggiore e più stabile rispetto al benessere che si può provare in una situazione di disagio sociale quindi io, non volendo che i forumisti rimangano in una situazione che so essere disagiatissima perché l'ho provata sulla pelle per anni e anni, cerco di tirarvi fuori.
[...]
|
E chi ha sviluppato la sua vita in modo opposto ?
Partendo da una condizione di agio sociale non ha in essa ritrovato il benessere che cercava, la soddisfazione della propria persona ed un senso di identità definità. Quindi ha sviluppato in seguito un disagio sociale, come lo spieghi ?
|
Ultima modifica di The_Sleeper; 21-06-2015 a 14:50.
|
21-06-2015, 14:43
|
#15
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 993
|
Quote:
Originariamente inviata da The_Sleeper
Condivido il post di QuantumGravity, perchè solo un determinato comportamento è visto come una devianza da correggere ? Come un non essere veramente sè stessi ?
Ciascuno vive seguendo una propria scala di priorità e necessità, il tuo post di partenza è una generalizzazione molto grossa.
|
Allora, attenzione bene: non ho detto che ci sono determinati comportamenti che vanno attuati. Io ho parlato di disagio sociale.
Il disagio sociale è un disagio: un non-agio, uno stare male, una forma di malessere. L'unico scopo che mi propongo è quello di colpire questo malessere.
Come ho detto nel post iniziale, ci sono persone che sono realmente eremite, solitarie, riservate. La differenza fra ciò che è salutare e ciò che non lo è cosa è? Non il carattere, o il comportamento, ma l'ansia generalizzata. Il male, le contorsioni psichiche derivate da questo disagio sociale, il disturbo ossessivo compulsivo, la paura dell'abbandono, l'odio e chi più ne ha più ne metta. Tutte queste cose provocano malessere e devono essere colpite.
Se una persona sta bene per me non c'è alcun problema. Ma i sintomi che ho descritto all'inizio del post implicano in quasi tutti i casi malessere, quindi se vi identificate in qualcuno di quei sintomi è abbastanza probabile che il vostro stato di salute può essere migliore.
Io poi posso anche non aiutarvi e lasciare che voi stiate molto peggio di me, godermi la vita, uscire, girare e fare l'amore, però non me la sento.
|
|
21-06-2015, 14:50
|
#16
|
Esperto
Qui dal: Aug 2013
Messaggi: 1,074
|
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
Come mai questa opposizione? Che cosa ho fatto contro di te?
Sto cercando di darti una mano... giusto? Deve essere chiaro questo. Non ci sono altri intenti.
|
In che senso? Noti nei miei toni un tono polemico, senza altro fine che l'opposizione? Non mi hai fatto nulla, ho anzi detto che ammiro l'intento tuo
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
Detto ciò: non ho mai detto che qualsiasi tipo di ansia è malsano. L'ansia sociale generalizzata (ossia il provare disagio verso la maggior parte dei possibili rapporti sociali ) è invece malsana, alla grande. Io mi riferivo esclusivamente a quella.
|
Ok però così è già un modo di mettere la questione diverso, più simile al mio "avere determinati comportamenti apre o preclude a certe possibilità", quest'ultima è una considerazione neutra. Io non condividevo la tua terminologia "normale", "reale", "naturale".
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
Sistemato il concetto di ansia: perché dico che identificarsi nel disagio sociale è male? Perché il benessere che si prova con l'agio sociale è almeno centomila volte maggiore e più stabile rispetto al benessere che si può provare in una situazione di disagio sociale quindi io, non volendo che i forumisti rimangano in una situazione che so essere disagiatissima perché l'ho provata sulla pelle per anni e anni, cerco di tirarvi fuori.
|
Di nuovo, credo si tratti allora solo di espressioni verbali. Io condivido questo. L'agio è più proficuo del disagio. Ma l'agio e il disagio hanno genesi, sviluppi, significati, degenerazioni, risoluzioni, superamenti diversi.
(In entrambi i casi però è o non è identificazione? Prima sembrava che tu dessi per scontato uno stato naturale, di partenza, che successivamente si va a mistificare, snaturare.)
Quote:
Originariamente inviata da Fluviale
Torniamo sulla verità caratteriale: come mai dici che non esiste? Perché mi neghi? Non mi stai forse confermando che alcune dlee cose che sono esterne al tuo ego devono essere respinte? Come puoi avere un rapporto costruttivo con me se non provi a comprendere il motivo per cui dico ciò che ho detto?
Non è proficuo negare quello che dico solo perché è sintetico (pochi "precetti") o perché invita ad un particolare tipo di comportamento (visto che si tratta di comportamenti che provocano un aumento del proprio benessere e basta). Io lo dico per il vostro bene
|
Ma davvero ho dato questa impressione? Sarà che ormai ho preso il piglio e i modi da stronzo, perché dal canto mio non era intenzione negare o sminuire. Anzi, se noti, io ho detto che si tratta sempre in ogni caso di sentimenti e esperienze reali; non vedo perché dovrei quindi negare la tua. I "pochi precetti" era una semplificazione del modo superficiale che hanno alcune guide di trattare il problema, non era direttamente rivolto a te.
|
|
21-06-2015, 14:56
|
#17
|
Banned
Qui dal: Jun 2014
Ubicazione: Via Lattea
Messaggi: 19,112
|
Il disagio sociale è ben altro che queste bazzecole che riguardano singoli individui.
|
|
21-06-2015, 14:57
|
#18
|
Banned
Qui dal: Mar 2015
Messaggi: 203
|
Quote:
Originariamente inviata da The_Sleeper
Certo, puoi arrivare ad una soluzione
|
No no... non c'è nessuna soluzione. Le soluzioni sono per i deboli che non riescono a reggere il ritmo e che vorrebbero che tutto si risolva per poter smettere appunto di dover essere forti. Invece non c'è nessun punto di arrivo. Colui che è forte ed è sopravvissuto ogni giorno fra le difficoltà, deve fare ancora un pizzico di sforzo in più per arrivare a non lamentarsene. A quel punto è a posto.
Essere forti significa non avere bisogno di credere e sperare in future soluzioni.
|
|
21-06-2015, 15:01
|
#19
|
Esperto
Qui dal: Aug 2013
Messaggi: 1,074
|
Quote:
Originariamente inviata da Svers0
Il disagio sociale è ben altro che queste bazzecole che riguardano singoli individui.
|
Beh, se vogliamo anche questa è una bazzecola. Il sociale pertiene la socialità, evidentemente i rapporti tra individui, non l'individuo. Hai detto tutto e niente
|
|
21-06-2015, 15:02
|
#20
|
Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 993
|
Quote:
Originariamente inviata da QuantumGravity
In che senso? Noti nei miei toni un tono polemico, senza altro fine che l'opposizione? Non mi hai fatto nulla, ho anzi detto che ammiro l'intento tuo
Ok però così è già un modo di mettere la questione diverso, più simile al mio "avere determinati comportamenti apre o preclude a certe possibilità", quest'ultima è una considerazione neutra. Io non condividevo la tua terminologia "normale", "reale", "naturale".
Di nuovo, credo si tratti allora solo di espressioni verbali. Io condivido questo. L'agio è più proficuo del disagio. Ma l'agio e il disagio hanno genesi, sviluppi, significati, degenerazioni, risoluzioni, superamenti diversi.
(In entrambi i casi però è o non è identificazione? Prima sembrava che tu dessi per scontato uno stato naturale, di partenza, che successivamente si va a mistificare, snaturare.)
Ma davvero ho dato questa impressione? Sarà che ormai ho preso il piglio e i modi da stronzo, perché dal canto mio non era intenzione negare o sminuire. Anzi, se noti, io ho detto che si tratta sempre in ogni caso di sentimenti e esperienze reali; non vedo perché dovrei quindi negare la tua. I "pochi precetti" era una semplificazione del modo superficiale che hanno alcune guide di trattare il problema, non era direttamente rivolto a te.
|
Allora, intanto scusami, non volevo farti sentire in colpa
Ora chiariamo il mio punto di vista.
Prima di tutto, la natura delle persone non si cambia. Quello che vorrei comunicarvi coi miei post è che il disagio sociale non è naturale. So che può sembrare azzardato ma non posso legittimare un male che fa soffrire le persone dicendo che è qualcosa di connaturato. Per me sarebbe come dire che chi ha il cancro deve imparare ad adattarsi al suo tumore.
Tu ad esempio, QuantumGravity, sei senz'altro una persona introversa, riflessiva, intelligente, la tua cultura trapela dalle tue parole, i tuoi pensieri sono profondi.
Però potresti o potresti non essere solitario, potresti o potresti non essere asociale, potresti o potresti non rigettare l'idea di condividere il tuo ego con molte persone, nel caso tu sia affetto da disagio sociale, perché questi aspetti della personalità possono essere intaccati dal disagio sociale che costringe essenzialmente a stare da soli a causa dell'ansia che viene creata nelle situazioni sociali.
Quello che dico io è che ciascuno, per il suo bene, dovrebbe capire quale è la sua personalità al di là del disagio, ossia in un'ipotetica situazione dove quasi tutti i rapporti sociali sono affrontati con naturalezza e scioltezza, dove i propri ideali profondi si concretizzano nella nostra persona, e poi... applicare.
|
|
|
|
|