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Originariamente inviata da muttley
Il titolo parla di diritto all'infelicità, come se la si desiderasse ed è proprio questo il problema: il reiterarsi di schemi che inducono al disagio indipendentemente da condizioni esterne. Il credere che commenti del genere producano ulteriore disagio è secondo me errato, perché il disagio nasce dal contatto con le persone in base a schemi da lungo rodati nel proprio inconscio.
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Ma questa lettura la fai tu, non sei mica tu che devi decidere quale sia il problema, non sei tu ad essere infelice ma l'altro. Reiterare uno schema significa anche svegliarsi domani mattina vivi e vegeti.
Ovvio che se domani non reitero questo schema infelice non lo sono più. Già soltanto questo rappresenta uno schema che se non reiterato, e che sta tra le scelte individuali che si possono attuare subito, eliminerebbe l'infelicità (secondo certi punti di vista), ma per il singolo questa cosa qua rappresenta una soluzione?
Magari rappresenta una soluzione per te non reiterare certi schemi indipendenti che hai individuato tu, ma non per un'altra persona.
Facciamo un esempio: se risulta vero che fumare provoca danni alla salute è altrettanto vero che non fumare provoca forti forme di frustrazione nell'esistenza di una persona. Io da non fumatore potrei dire ad un fumatore che va incontro a problemi di salute legati al fumo e che si sta lamentando di queste cose che lo schema disadattivo consiste nel continuare a fumare e che se smettesse risolverebbe tutto. Ma potrei fare lo stesso discorso con persone che lavorano e si stanno lamentando del lavoro che stanno svolgendo, potrei dire "smettete di lavorare, lo schema che produce disagio è questo" senza tenere in alcun conto che il non lavorare ha anche altri effetti sociali sull'individuo. Uno tra i tanti: lo stipendio dove lo reperisce?
In casi del genere per me non è così limpido e chiaro stabilire quale dovrebbe essere lo schema da eliminare o anche se esiste per la persona specifica uno schema da eliminare e se l'infelicità risulta davvero indipendente da condizioni esterne. Sappiamo solo che la persona risulta infelice perché ha avuto magari certe esperienze esistenziali, punto. Questo ci ha comunicato, altre letture o aggiunte poi sono tue, non della persona. Direi che sarebbe meglio usare sempre la formula "Può essere che stai male per questo e se cambi quest'altro poi non starai male più..." proponendo il proprio punto di vista e la propria soluzione di modifica di certi schemi senza supporre a monte che debba necessariamente esser condivisa da tutti solo perché noi l'abbiamo messa in pratica e con noi ha funzionato.
Tornando all'esempio del fumatore può essere che per una persona specifica il problema non consiste neanche nell'eliminare uno schema ma dall'assenza di qualcosa di sostitutivo che funzioni e dia lo stesso piacere ed effetti psicoattivi del fumo ma che non abbia effetti nefasti sulla salute come il fumo. Ipotesi del genere vengono scartate a monte solo perché attualmente non disponibili, ma non si può ragionare così secondo me. Come recita una nota canzone...
"ma perché non vai dal medico
e che ci vado a fare
non voglio mica smettere di bere e di fumare"
Cosa reitera lo stato di infelicità va determinato individualmente, non è qualcosa che risulta perfettamente osservabile da tutti come supponi e suppongono le persone che ragionano (male secondo me) come te. A monte non è nemmeno chiaro se sia uno schema specifico individuale a produrla o anche altro.
E' proprio questo atteggiamento qua, in cui qualcuno vuol stabilire a monte cosa dovrebbe rendere felice o meno una persona (senza andarlo a chiedere alla persona stessa se per lei è vero che il non reiterare un certo schema la renderà meno infelice) che risulta invasivo e produce disagi aggiuntivi.