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Vecchio 13-11-2008, 17:51   #1
Esperto
L'avatar di Chioccioccolata
 

Una riflessione.
In questo periodo sto cambiando alcune cose della mia vita,cose piccole ma significative per me.Ci sono riuscita grazie ad una notevole diminuzione dell'autocritica,suppongo che ciò sia avvenuto semplicemente perchè non ne potevo più di tutta quell'inutile tensione.
Questo mi ha fatto riflettere sul processo che di solito porta un sociofobico al fallimento dei suoi obbiettivi o desideri:

Tensione,desiderio fortissimo verso qualcosa :arrow: paragone fra l'immagine perfetta di ciò che vorremmo e l'immagine della nostra incapacità :arrow: conseguente fallimento o rinuncia :arrow: depressione,apatia,disprezzo di sè ecc.E si instaura così un circolo vizioso.

Vorrei riflettere sul secondo passaggio:noi siamo soliti considerare la nostra incapacità sociale,i nostri difficili rapporti con gli altri,le nostre ansie,insomma tutte le caratteristiche della sociofobia,come degli errori;cioè come deviazioni,colpe,tare,anomalìe che,se fossimo persone normali,non dovremmo avere:questo ci porta a provare un forte senso di colpa e di esasperazione verso il nostro problema,tanto da bloccarci completamente.Tutto questo non solo inconsciamente ma il più delle volte anche a livello razionale.

Se invece cominciassimo a considerare questi errori come una nostra naturalissima reazione psicologica e fisica,che in sè non è nè giusta nè sbagliata ma semplicemente è?
Io credo che solo così si possa prendere coscienza di noi stessi,comprenderci,ed infine accettarci;dove accettazione non significa rassegnazione,significa percepire,riconoscere e accogliere in noi il corso delle cose.
Non sappiamo perchè siamo in un certo modo,non sappiamo come sia successo che siamo diventati una certa cosa,sappiamo però che così è:partire da questa constatazione per cambiare,ma cambiare davvero.

Io adesso non cerco più di impormi obbiettivi irraggiungibili,ma faccio quello che posso,e quello che posso fare ora è già tanto,più di quanto avrei mai sperato.Penso a quello che potrei migliorare e mi sforzo di farlo;se vedo che non mi riesce non mi dico più "sei una povera cretina,lascia perdere,non ti riuscirà mai",accetto e RISPETTO i miei tempi e le mie fragilità,perchè se ci sono vuol dire che,anche se mi fanno stare male,in qualche maniera al momento mi sono necessarie.
Mi viene in mente un motto,mi sembra che sia un proverbio spagnolo:"Dammi il coraggio di cambiare quello che posso cambiare,la forza di accettare quello che non posso cambiare,e la saggezza per capire la differenza".
Vecchio 13-11-2008, 18:03   #2
Zed
Avanzato
L'avatar di Zed
 

Quote:
Originariamente inviata da Chioccioccolata
Una riflessione.
In questo periodo sto cambiando alcune cose della mia vita,cose piccole ma significative per me.Ci sono riuscita grazie ad una notevole diminuzione dell'autocritica,suppongo che ciò sia avvenuto semplicemente perchè non ne potevo più di tutta quell'inutile tensione.
Questo mi ha fatto riflettere sul processo che di solito porta un sociofobico al fallimento dei suoi obbiettivi o desideri:

Tensione,desiderio fortissimo verso qualcosa :arrow: paragone fra l'immagine perfetta di ciò che vorremmo e l'immagine della nostra incapacità :arrow: conseguente fallimento o rinuncia :arrow: depressione,apatia,disprezzo di sè ecc.E si instaura così un circolo vizioso.

Vorrei riflettere sul secondo passaggio:noi siamo soliti considerare la nostra incapacità sociale,i nostri difficili rapporti con gli altri,le nostre ansie,insomma tutte le caratteristiche della sociofobia,come degli errori;cioè come deviazioni,colpe,tare,anomalìe che,se fossimo persone normali,non dovremmo avere:questo ci porta a provare un forte senso di colpa e di esasperazione verso il nostro problema,tanto da bloccarci completamente.Tutto questo non solo inconsciamente ma il più delle volte anche a livello razionale.

Se invece cominciassimo a considerare questi errori come una nostra naturalissima reazione psicologica e fisica,che in sè non è nè giusta nè sbagliata ma semplicemente è?
Io credo che solo così si possa prendere coscienza di noi stessi,comprenderci,ed infine accettarci;dove accettazione non significa rassegnazione,significa percepire,riconoscere e accogliere in noi il corso delle cose.
Non sappiamo perchè siamo in un certo modo,non sappiamo come sia successo che siamo diventati una certa cosa,sappiamo però che così è:partire da questa constatazione per cambiare,ma cambiare davvero.

Io adesso non cerco più di impormi obbiettivi irraggiungibili,ma faccio quello che posso,e quello che posso fare ora è già tanto,più di quanto avrei mai sperato.Penso a quello che potrei migliorare e mi sforzo di farlo;se vedo che non mi riesce non mi dico più "sei una povera cretina,lascia perdere,non ti riuscirà mai",accetto e RISPETTO i miei tempi e le mie fragilità,perchè se ci sono vuol dire che,anche se mi fanno stare male,in qualche maniera al momento mi sono necessarie.
Mi viene in mente un motto,mi sembra che sia un proverbio spagnolo:"Dammi il coraggio di cambiare quello che posso cambiare,la forza di accettare quello che non posso cambiare,e la saggezza per capire la differenza".
Che bella riflessione! Come fare a non quotarti?
Davvero, sono d'accordo con te

Aggiungo solo una cosa: oltre ad accettarsi, bisognerebbe fare il passo successivo cioè tentare di migliorarsi dove crediamo di averne bisogno.. questo senza ritenersi diversi, incapaci o altro.. ovvero DOPO essersi accettati.
Vecchio 13-11-2008, 18:04   #3
Intermedio
L'avatar di Leggero
 

Ci ho pensato anche io...risolve un po....ma in parte, perchè comunque l'ansia resta e la prestazione sarà inferiore, che tu l'accetti o meno
Vecchio 13-11-2008, 21:03   #4
Avanzato
L'avatar di VeryFobic
 

Dopo aver cambiato le tende di casa, quale sarà la novità di domani?
Vecchio 13-11-2008, 23:11   #5
Banned
 

sono daccordo....sono debolezze che se prese con la mentalità giusta si sentono molto meno...anche solo sentirsi così leggeri da parlarne agli altri...dire "io mentre guardo qui non ci crederai ma tremo x qualche inspiegabile mia ansia...debolezza ecc....ecc..."
in quello stesso momento in cui lo ammetti e nonostante la debolezza vivi con normalità stai compiendo un atto di forza....stai già sopraffacendo la stessa debolezza.

Solo che una volta che subentra l'abitudine è difficile...
Vecchio 13-11-2008, 23:39   #6
Esperto
L'avatar di Chioccioccolata
 

Quote:
Originariamente inviata da VeryFobic
Dopo aver cambiato le tende di casa, quale sarà la novità di domani?
Domani cambierò posizione al divano!!Urrà!
(P.s.=ma non troppo diverso da come era prima,sennò esagero e mi piglia male... )
Vecchio 14-11-2008, 01:09   #7
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Chioccioccolata
Se invece cominciassimo a considerare questi errori come una nostra naturalissima reazione psicologica e fisica,che in sè non è nè giusta nè sbagliata ma semplicemente è?
Io credo che solo così si possa prendere coscienza di noi stessi,comprenderci,ed infine accettarci;dove accettazione non significa rassegnazione,significa percepire,riconoscere e accogliere in noi il corso delle cose.
Ogni pensiero che ci porta a diminuire il peso del giudizio (nostro o di altri) su ciò che facciamo, da abnorme a relativamente normale, è di grande aiuto. Hai scritto una cosa giusta...pensare a sé stessi come ad un qualcosa di immerso in un flusso più grande di eventi, che tira in ballo molte cose fuori dal nostro controllo e ci fa sentire parte di una sorta di "tutto", ci aiuta a guardare la realtà da una diversa prospettiva, da un punto di vista che sfuma le colpe e i giudizi e li riporta, sottraendoli alla cura ipertrofica delle nostre paure, alla loro giusta dimensione meno diretta e categorica. Sminuire l'importanza del giudizio è la chiave...recuperare la spontaneità dell'agire senza questo timore perenne, senza questo freno a mano continuamente tirato.
Vecchio 14-11-2008, 02:46   #8
Esperto
L'avatar di valmor
 

Ho una visione diversa del circolo:

Devi fare qualcosa di sociale tra i normali :arrow: sai già che ansia, non socialità e non esperienza comporteranno fallimento, disagio o brutta prestazione :arrow: conseguente rinuncia o aspettato fallimento :arrow: depressione,apatia,disprezzo di sè ecc.

Il tuo ragionamento e quello di Bardamu lo applicherei in quei contesti che frequenti una volta ogni tanto, dove le tue stranezze se le scordano o chi li rivede, e a persone che soffrono dentro ma fuori interagiscono come socialmente normali.

Negli altri casi puoi pensare ciò che vuoi, ma nel campo o non riesci ad affrontare la situazione perchè richiede abilità o esperienza sociale che non hai, o lo fai in modo pessimo mostrando ansia etc e ottenendo reazioni negative o sconvenienti (ma che ha questo/a?).

Nei contesti primari devi ritornare ogni giorno (scuola, uni, lavoro), lì devi almeno fingere di conoscere le convenzioni sociali: se mostri con i tuoi comportamenti e (non)interazioni ansia e inibizione sociale forte e/o ti isoli di brutto almeno che non becchi gente straordinariamente comprensiva o fallisci o si prospetta una situazione non bella.

Insomma, riuscire (non mi chiedete come) a rendere i propri comportamenti un pò migliori e migliorare le capacità di interagire, migliora le nostre 'esperienze sociali' e conferma di meno la fobia sociale, che altrimenti viene alimentata ogni giorno da fallimenti sociali reali.
Vecchio 14-11-2008, 09:58   #9
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

Quello che hai scritto è vero e concordo pienamente.
La difficoltà principale che incontro nel mettere in pratica un ragionamento che non fa una pecca, è che di fatto mi risulta quasi impossibile evitare di paragonare le mie abilità sociali a quelle degli altri.
Forse la metafora vi sembrerà forzato, ma se ti trovi in pista e devi correre i cento metri, ed il risultato è che arrivi ultimo con una ventina di metri di distacco, è parecchio difficile dire a se stessi: non è colpa tua, sei fatto così.
Ed il caso delle abilità sociali è decisamente più grave, perchè se per i cento metri puoi comunque dire: va bene, magari vado a fare tiro con l'arco, nel primo non è proprio così. Cosa faccio? rinuncio ad avere una donna, degli amici, una vita sociale soddisfacente? Se è vero che per avere un certo equilibrio e una vita decente è necessaria una certa stabilità in campo affettivo, lavorativo e sociale, la soluzione non può essere semplicemente accettare il fatto di non essere in grado di raggiungerla.
Si può obiettare che le relazioni umane non dovrebbero essere considerate alla stregua di una competizione. certo, in linea di principio, è così, ma nella realtà, nella realtà di questi anni, di questa (sub)cultura così diffusa, la scelta del partner e delle amicizie mi sembra avvenga sulla base di considerazioni che attengono alla sfera del successo - dell'avere - piuttosto che su quelle che attengono a quella dell'essere.
Vecchio 14-11-2008, 15:24   #10
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da valmor
Negli altri casi puoi pensare ciò che vuoi, ma nel campo o non riesci ad affrontare la situazione perchè richiede abilità o esperienza sociale che non hai, o lo fai in modo pessimo mostrando ansia etc e ottenendo reazioni negative o sconvenienti (ma che ha questo/a?).
L'unico modo per recuperare la spontaneità necessaria ad ottenere reazioni positive dagli altri è proprio fregarsene delle eventuali reazioni negative e sconvenienti. Essendo un circolo vizioso, da qualche parte è necessario spezzarlo.
Se non si possiedono abilità sociali sufficienti per vedere sé stessi "uguali e normali" rispetto agli altri, allora bisogna abbandonare questo bisogno di uguaglianza e normalità, mettendo tutto in prospettiva (la normalità, i giudizi, le colpe, sono tutte cose relative, che diventano sfumate e meno categoriche se le si guarda da punti di vista diversi).

Meno ci si preoccupa di essere normali e più lo si diventa, ma appena ci si ferma a chiedersi qual è il nostro grado di normalità, già perdiamo la spontaneità.
La spontaneità è assenza di pensiero, appena ci chiediamo se siamo spontanei, ecco che non lo siamo più.

Le abilità sociali si acquisiscono solo con l'esperienza e quest'ultima la si può affrontare solo con la spontaneità e la forza che deriva dall'eliminazione di tutti i pensieri negativi incentrati sulla nostra immagine e su come essa venga percepita dagli altri e da noi stessi.

Come eliminare e rimpicciolire questi pensieri egocentrici? Per via razionale, sfumando i concetti di colpa e giudizio e analizzando le connessioni, sulla scia di una visione deterministica (ma non necessariamente estrema, tale da non credere al libero arbitrio). Per via emotiva, sperimentando sé stessi per gradi, in ciò che riusciamo a sopportare e forzare senza venire sbalzati via e respinti dalle nostre stesse paure.
Vecchio 14-11-2008, 19:16   #11
Principiante
L'avatar di PoisonFobik
 

------------------

Ultima modifica di PoisonFobik; 01-01-2010 a 04:53.
Vecchio 14-11-2008, 20:52   #12
Intermedio
L'avatar di calisclero
 

Quote:
Originariamente inviata da PoisonFobik
facile a dirsi
difficile a postarsi
Vecchio 14-11-2008, 21:43   #13
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da PoisonFobik
facile a dirsi
Invece è difficile anche da spiegare, ci sono cose che nascono dal basso, intuizioni che salgono come bolle in superficie, da luoghi dentro di noi coi quali è difficile stabilire un dialogo. E' faticoso proprio trovare una lingua comune, fra le emozioni e i pensieri più razionali che dovrebbero condizionarle.
Non sono cose che ti ripeti qualche volta e impari, come fosse un libro. E' un'analisi di sé stessi lenta e graduale, per cambiare il tuo punto di vista sulle cose ad un livello il più profondo possibile.
Non esistono formule magiche o insegnamenti che ti cambiano da un giorno all'altro. Ci sono cose che fanno accendere piccole lampadine, che creano collegamenti mancanti, che fanno scattare quel clic di cui parlava un bellissimo post di un utente risanato, che passò di qua qualche tempo fa (http://www.fobiasociale.com/postx6737-0-0.html).

E' difficile trasmettere la spontaneità a parole, è come voler mostrare il silenzio spiegandolo a voce.
Vecchio 16-11-2008, 00:02   #14
Intermedio
L'avatar di Poison2
 

Vecchio 17-11-2008, 12:56   #15
Esperto
L'avatar di Chioccioccolata
 

Quote:
Originariamente inviata da valmor

Il tuo ragionamento e quello di Bardamu lo applicherei in quei contesti che frequenti una volta ogni tanto, dove le tue stranezze se le scordano o chi li rivede, e a persone che soffrono dentro ma fuori interagiscono come socialmente normali.

Negli altri casi puoi pensare ciò che vuoi, ma nel campo o non riesci ad affrontare la situazione perchè richiede abilità o esperienza sociale che non hai, o lo fai in modo pessimo mostrando ansia etc e ottenendo reazioni negative o sconvenienti (ma che ha questo/a?).


Insomma, riuscire (non mi chiedete come) a rendere i propri comportamenti un pò migliori e migliorare le capacità di interagire, migliora le nostre 'esperienze sociali' e conferma di meno la fobia sociale, che altrimenti viene alimentata ogni giorno da fallimenti sociali reali.
Aspetta:se tu consideri il concetto che io ho espresso come un esercizio pratico per avere risultati immediati,è quasi certo che non porterà a nulla.
Io parlavo di un'accettazione di sè profonda e coraggiosa,che alla fine ti rende anche libero dalla paura del giudizio altrui...e dopo ciò,procedere col migliorarsi,ma sempre ascoltando la propria interiorità.
Del resto voler per forza violentare se stessi imponendosi dei cambiamenti per i quali non siamo pronti o sforzarsi di ignorare il proprio disagio quando mai sortisce effetti positivi?Forse a breve termine,forse esternamente,ma poi alla fine dei giochi quello che deve fare i conti col proprio malessere irrisolto sei te.
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