Sono molto triste
Oggi ho un pranzo di famiglia e ci sarà una mia cugina che vedo molto raramente (l'ho rivista ieri ma non la vedevo da anni).
Il problema è che lei è una ragazza che ci tiene molto a curarsi nell'aspetto (trucco, capelli in piega e piastrati, vestiario jovanile, sopracciglia perfexte, unghie abbomba, accessori, orecchini), mentre io invece se mi lavo la faccia e metto 'na crema già è n'evento.
Quello che voglio dire è che certo, se si tratta di uscire e stare con gli altri cerco di non emanare cattivi odori, però evidentem. non sono piacevole esteticam.
L'ultima volta che ho passato del tempo con lei (in vacanza, nel 2008) mi ha fatto le sopracciglia, truccata e piastrato i capelli, (mi sono lasciata convincere) e gli altri parenti mi facevano i complimenti (bleah) e lei diceva "È tutto merito miooo-o-o-o!"
Sono passati tanti anni, lei ha 3 anni meno di me, magari domani non succederà niente e mi lascerà in pace.
Il problema è che io in questo momento ho il terrore che possa dirmi qualcosa, tipo "eh però le sopracciglia potresti fartele" oppure "eh ma hai le braccia pelose".
Il guaio è che io non voglio sentire commenti di questo tipo, non sono una ragazza disperata in cerca di consigli su come apparire più carina, ho altri percorsi nella mia mente, non me ne frega un cazzo di buttarmi negli occhi due dita di mascara, di " aggiustarmi un po' ", di vestirmi meglio. Io non voglio essere quello che gli altri vorrebbero che io fossi.
Oltretutto non vivo bene il mio essere donna e penso spesso che vorrei abitare un corpo maschile, anche se sono pensieri sempre controversi, e non voglio sentirmi dire che devo depilarmi/truccarmi/vestirmi in maniera "più femminile".
Ho praticamente un rapporto traumatico con il corpo, qualsiasi commento rischia di ferirmi molto più del dovuto, e al momento ho anche il ciclo, quindi sono ipersensibile.
Avevo vicino amici e amiche che magari commentavano il mio aspetto facendomi sentire come un errore da correggere, è questo che non sopporto. Non c'èentra niente il migliorarsi un po', mi facevano sentire come qualcosa di storto che andava raddrizzato. È una sensazione inaccettabile.
Per tutta la mia vita mi è stato ripetuto che il mio corpo è sbagliato, è chiaro che ora qualsiasi commento mi ferisca. Non riesco a superarlo.
Non parliamo poi dei commenti sulla mia condizione. "Ah, non fai un cazzo tutto il giorno, che vita inutile. Ah, datti una svegliata. Ah, quando non ti manterranno più i tuoi come farai."
A me piacerebbe giocare con queste frasi, prenderle diversamente, con leggerezza, ma il problema non è nemmeno il contenuto, ma è la netta sensazione di sentirsi inadeguati, e la risposta del mondo non è "ti accogliamo anche se hai uno zerbino in fronte (iperbol.)", ma "Vuoi stare bene? Adeguati."
Ma a chi dovrei adeguarmi precisamente? A quale categoria? Chi devo soddisfare? Io non ho alcuna intenzione di correre dietro agli altri, l'ho fatto in passato ed è stato comunque disastroso. Qualsiasi tentativo di mescolarmi agli altri è stato catastrofico.
Siamo un miscuglio di unicità, finché le persone non se ne accorgono non riusciremo mai ad accogliere o ad essere accolti.
E se ancora il problema fosse che c'è troppa diversità al mondo e ci sono troppe cose che non possiamo capire, allora è bene riconoscere quella diversità, provare a capirla davvero, riflettere sulle nostre reazioni invece di decidere subito che l'altr* ci fa schifo.
E se capiamo che non è possibile incontrarsi con l'altro, meglio allontanarsene che cercare di cambiarlo in maniera tale che ci vada più a genio.
È questa la grande incapacità delle persone: plasmare gli altri perché rientrino nei ranghi, perché siano piacevoli ai NOSTRI occhi, poco importa della loro interiorità, della loro maniera di esprimere ed esprimersi, l'importante è che non turbino il nostro sguardo.
E l'altro problema è che in tanti, ad un discorso come il mio, reagirebbero con un: "ahò ma quanti probblemi che te stai a fa, se ciai ncapello de mmerda che un to devo di'?"
E la questione si ridurrebbe a un "ma che te costa", ma truccate no?" che non ha niente a che vedere con il mio discorso, e il perché è presto spiegato:
perché se mi adeguassi al volere degli altri e mi truccassi, vestissi, comportassi come vogliono loro, mi sentirei SCOMPARIRE. È già successo, ho cercato di reprimermi, di modularmi per tutta la vita. Il risultato? Sono chiusa in casa da anni ed esco (quando riesco a tirarmi fuori da qui) con pochissime persone perché so che non possono ferirmi, e che non gliene fotte un cazzo di stare a commentare la mia vita, ma vogliono giocare con me e con quello che ci circonda. [che poi molte volte io non riesca a stare con loro perché l'idea di stare con chicchessia mi terrorizza, è un altro discorso]
Il problema è che il resto del mondo mi terrorizza, mi muovo e mi sento terrificante, mi sono ritagliata delle situazioni in cui muovermi in sicurezza e quindi a volte mi creo l'illusione di non avere veramente un problema, peccato che dopo poche ore esaurisco tutte le energie e ho bisogno di tornare a rintanarmi. Peccato che non abbia la minima capacità di autoaffermarmi senza esplodere per la frustrazione e la rabbia (verso me stessa, e la mia incapacità di farmi capire).
Per tornare al pranzo di oggi, magari non succederà niente, magari mia cugina non commenterà, ma è il fatto stesso di avere questo terrore, questa necessità assoluta di sentirmi accolta
per chi sono dagli altri, che mi fa stare malissimo.
A me interessa solo giocare e ridere, come si può pensare di stare vicino a qualcuno e farlo sentire sbagliato?
E come si fa a trasmettere agli altri la sensazione che proviamo? Come si fa a far capire loro "guarda che per me queste non sono piccolezze, non mi basta fare 'na pulizia der viso e abbiamo risolto, io sto male, non parliamone più, mi fai male".
Dalle persone che avevano abitualmente questo modo di fare con me, ho dovuto allontanarmi. Mi sentivo schiacciata, non vista, sentivo che mi volevano diversa da come ero e quella sensazione mi faceva sentire meno di niente.
Non voglio più vivere in questo modo.