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Vecchio 12-09-2012, 23:11   #1
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Oggi presi la schedina, confrontai i miei pronostici con i risultati finali: 1 2 3... 8! Ho azzeccato tutti i match di calcio! 50 euro e rotti di vincita! Iuppi! Giubilo ed esaltazione.

Quindi scesi di casa stringendo la schedina vincente nella mano destra e mi avviai alla volta del centro scommesse ubicato al centro del paese.

Percorsi la strada principale costeggiata da negozi e abitazioni, districandomi affannosamente tra un via vai fenetico di persone e vetture. Poi lasciai la strada principale e traversai un giardinetto pubblico i cui prati erano cosparsi di un gran numeri di rifiuti, sino a giungere nei pressi di altre abitazioni. M’inoltrai tra due fila di case e proseguii con la mia solita andatura esitante, piuttosto pesante. Mi sembrava che non un solo movimento del mio corpo fosse giusto. Svoltai l’angolo e poco dopo m’imbattei in una ricevitoria di tabacchi dalla quale uscì un volto famigliare. I nostri sguardi si incrociarono, si scrutarono lungamente, ma mio padre non mi riconobbe. Mi venne meno il cuore. Ma d’altronde io ero uno che è sempre passato inosservato. Non dovevo prendermela, bensì fregarmene. Al contrario i miei coetanei sembravano essere disposti a tutto pur di essere riconosciuti per strada. Il successo sembrava essere diventato una vera ossessione per loro. Nondimeno anche a me sarebbe piaciuto un giorno essere riconosciuto per strada. Se non dai fans, dai parenti stretti almeno! Giunto dinanzi il centro scommesse, ricominciai a vivere soltanto dopo che ebbi infilato l’entrata.

Una volta dentro al locale detti una veloce scorsa ai presenti - chi stava in fila davanti alle postazione, chi era seduto ai corner - allentai i denti e in un fiato dissi: “buongiorno!”, con foga. Molti abbandonarono le loro occupazioni e si voltarono. Tutti gli sguardi erano posati su di me, cagionandomi un vero tormento. “Buongiorno!” ripetè un ragazzo tra lo stupore generale. Erano le 8 di sera. “Buongiorno” ghignò un altro passandomi davanti e allontanandosi in una risata. Al che avrei voluto gridargli “buonasera!”, e poi indirizzargli improperi d’ogni genere, sacramentargli la madre, il padre e tutta la razza sua, finché la rabbia non fosse sbollita, ma ritenni che non fosse carino alzare la voce in quel luogo affollato poiché avrei indisposto i presenti nei miei confronti. Cosicché dissimulai e mi trattenni dal rivolgermigli, abbassando il capo. Benché mi sentissi bruciare dalla rabbia, lo detestai in silenzio, nella testa. Questo vizio di tenere la rabbia cocente per sé, piuttosto che girarla agli altri. Questo vizio di trascinare la rabbia incandescente nella testa e farne oggetto della manipolazione della coscienza. Questo sporco vizio, così pericoloso e meschino. Serba, serba tutto dentro. Nella testa, trascina tutto nella testa. Ti aspettano belle giornate di rese dei conti, Complessato.

Ad ogni modo, me ne restai importuno sull’uscio ancora per un po’, ostacolando l’andirivieni degli avventori, raccolto in me stesso e con una spada di Damocle conficcata in testa, in urto con tutto quanto mi circondava. E la sensazione che volessi scappar via e che non vedessi l’ora di liberarmi da quella situazione così imbarazzante e penosa, e che allo stesso tempo restassi perché non stava bene andarsene dopo che si era appena entrati, rendeva la mia presenza ancor più importuna. Sicché strinsi i pugni per darmi lena e arrancai, strascicando leggermente la gamba destra irrigidita da uno spasmo muscolare, sino alla postazione libera più vicina.

Alla postazione numero due c’era una ragazza al computer, carina e ben curata. Mi avvicinai. Ero pallido, nervoso, imbarazzato e sentivo freddo. Mi avrebbe frainteso? In quello stato non potevo esprimere il mio vero io. La ragazza mi vide e allargò un meraviglioso sorriso, ma io non sostenendo il suo sguardo abbassai gli occhi e rimasi lì immobile, mentre di nascosto infilavo la mano nella tasca del pantalone e cincischiavo la schedina vincente. Lei continuò a fissarmi per un momento, poi diede un colpetto di tosse e azzardò: “ciao..”. Al che alzai lo sguardo e feci per salutarla anch’io. Aprii la bocca ma la voce non uscì. In quel momento il mio corpo era come una corda tesa. Mi sembrava di intravedere tutto attraverso una specie di sopore. Salvo poi riscuotermi allorché da dietro uno mi riprese con garbo: “Scusi buon uomo, se non sono troppo irrispettoso, vorrei porre alla sua cortese attenzione il fatto che lei ci stia mettendo un po’ troppo, e noi andremmo di fretta temo”. “UAGLIO'!!!! TE VU' SPICCIA'?! MANNAGGIA A CHI T'E' MUORT, MANNAGGiA!” fece eco un altro signore, levandosi furente dalla fila e inarcando un braccio verso di me. Incitato dunque dall’empatico e quantomai solidale signore, balbettai un flebile “ciao” alla ragazza, combattei nervosamente il pantalone affinché mi rendesse la schedina, estrassi quest’ultima e gliela accomodai facendola passare entro la fessura. Dopodiché le spiegai che ero venuto per ritirare la somma vinta risultante sulla ricevuta, parlandole velocemente e con foga quasi dovessi convincere prima me stesso dell’evento fortunoso. Allora lei afferrò la schedina e mi fece una smorfia di scherzoso rimprovero, come a voler rivelare uno spaccato di complicità tra noi, costringendomi a prorompere in una breve risata per allentare le fitte di emozione. Fu quello un momento di intensità tale da rasentare l’agonia.

Ciò nonostante ero contento, la contentezza mi si poteva leggere negli occhio immagino. La ragazza mi sorrideva ed io la guardavo trasognato. Quel viso porporino e quel sorriso cristallino. Era lì alla mia portata. La mia anima si levò d’impaccio e andò verso di lei. Ella sedeva come una regina soprannaturale nella dolcezza del suo sorriso.

Senonché poi i miei affastellamenti di fantasia vennero interrotti da una voce risoluta ed estranea. La ragazza richiamò la mia attenzione e mi disse che la schedina non era vincente, in quanto un pronostico non corrispondeva al risultato finale. La ragazza adesso era formale e monocorde nella voce, sorniona e noncurante nello sguardo. Tra me e lei si rendevano sensibili distanze che sembravo infinite. Non mi era vicino affatto. Non mi apparteneva più. A me sembrò di aver attraversato una specie di mondo fantastico sempre assorto in lei, da lei preso. Tutto doveva accendermisi nella fantasia prima che riuscissi a sentirlo come mio. Ed ero escluso dalla quotidianità, ero tagliato fuori dalla vita normale proprio a motivo dell’intensità dei miei sentimenti. Nondimeno ora la ragazza mi invitò con recisione a riprendere la mia schedina e a farmi da parte, di modo che il prossimo cliente sopravanzasse e avesse agio di fare la sua giocata.
Vecchio 12-09-2012, 23:27   #2
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Stordito a metà e sotto lo sguardo accipigliato e scornato del signore dietro di me presi la schedina e ne controllai i pronostici, indugiando a mai finire. Ci rimasi malissimo allorquando realizzai che effettivamente un risultato finale non l’avevo azzeccato. Un senso orribile di fatalità mi pervase, privandomi di ogni sentimento, di ogni emozione. Sotto il pungono dello sconforto mi venne da borbottare: “Cristo, neanche fortunato al gioco sono…”. Lì per lì però la mia voce rotta e bassa deve essere giunta ben incomprensibile nell’orecchio della ragazza. Ebbene deve aver frainteso le mie parole, non foss’altro perché le venne di osservare: “In compenso però chissà quante ragazze avrai che ti fanno la corte...come si dice <sfortunato al gioco, fortunato in amore>”. Con una punta di ironia nella voce e alzandomi un sorriso di convenienza più che di solidarietà.

Quella punta di ironia però nella mia testa risuonò come una deliberata provocazione. A raso quelle parole mi punsero sul vivo. Giacché in vero mai nessuna ragazza si era interessata a me. Nessuna mai si era accorta della mia esistenza. Ero sempre stato ignorato da tutti. E tutti sembravano contenti di (non)sapere della mia (non)esistenza. Chiunque sembrava felice nell’ ignorare che in tutta la propria vita non avrebbe mai avuto a che fare con me, neppure in veste di passante occasionale che passa vicino ad un altro e non lo vede.

D’improvviso trasalii. Il cuore iniziò a battermi forte, i muscoli delle braccia mi si contrassero. Una rivolta rovente sorgeva nelle mie visceri e risonava clamorosamente in tutto il mio essere. Era come se un fuoco cocente mi serpeggiasse nelle vene, impedendomi quasi di respirare. Il sangue mi arrivò alla testa e la mia collera scoppiò; come una bolla troppo gonfia. A denti stretti gridai: “Ho detto, neanche fortunato al gioco sono!”, piantando sulla ragazza degli occhi di fuoco. “Mi senti ora?!! Ho detto, neanche fortunato al gioco sono!” ripetei su tutte le furie, appoggiando sul “neanche”. Strinsi il pugno e feci per colpirla. Ma il mio braccio venne afferrato da un ragazzo che lo trattenne. La ragazza intanto si era alzata e si era ritratta, incredula dinanzi a tanto livore. I suoi occhi erano dilatati in un’espressione di paura, di scusa, di vergogna.

Subito dopo un altro uomo balzò bruscamente sulla mia soglia e mi si piazzò davanti minaccioso.“Uaglio’, tu nun stai bbuon ca' capa“ sentenziò scrutandomi a brutto grugno. Era un tipo grande e grosso, ben piantato fisicamente seppur attempato. “Ho detto, neanche fortunato al gioco sono! Mi senti adesso?!!” urlai ancora rivolto alla ragazza, spingendo la testa furente verso l’uomo che mi si parava davanti e cercando di divincolarmi dalla presa dell’altro. Ero del tutto inconsapevole di ciò che stavo facendo, soltanto gridavo come un forsennato in direzione della ragazza. Era come se la mia anima torturata, esasperata, arsa dalla rabbia, sprizzasse quelle parole come scintille elettriche.

A questo punto mi sentii torcere il braccio all’indietro: il ragazzo che mi teneva esasperato aveva deciso di molcere la mia ostinazione spezzandomi un arto. Mugugnando per il dolore mi lanciai alla cieca contro il signore attempato, trovando però un muro impossibile da sormontare. Aggrappato al grosso corpo di questi, l’altro finalmente mollò la morsa al braccio. Mi voltai e lo vidi: era un bel ragazzo, aveva la faccia rude e i lineamenti marcati, era prestante e rubicondo. Io, a confronto, sembravo un malato di tumore a cui la chemio aveva risparmiato le sopracciglia per sensibilità (est)etica. Doveva avere la mia età, più o meno. Un sogghigno ilare e divertito gli guizzò sul volto, allorché vide il signore attempato smadonnare e iniziare a spingermi con recisione verso l’uscita. Questi era un puro istinto, senza ragione, né sentimento. Era appoggiato con tutto il suo peso al suolo. Mentre io sentivo di avere il centro di gravità verso la calotta cranica. Il suo corpo, imponente e vigoroso, premeva con tutte le forze contro di me: non un solo muscolo gli veniva meno. Avvinghiato a lui cercai di opporre resistenza, ma non potei nulla: ero troppo astratto - quasi intangibile - per poter davvero contrastare il suo impeto. Alla fine, impotente, rassegnai la resistenza e tra lo sgomento generale squittii un “scusatemi” universale. Mi girai e mi precipitai di corsa verso l’uscita.

Fuori dal centro scommesse non faccio in tempo a muovere un passo che due passanti mi caracollano pesantemente addosso.
Le due ragazze si accorgono di aver urtato qualcosa di consistente e si guardano d’attorno con aria circospetta, ma non riuscendo a vedere cosa si è urtato, scuotono la testa e si stringono nelle spalle. Poi trotterellano via tutte contente.
Vecchio 12-09-2012, 23:32   #3
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Scrivi molto bene...toccante e coinvolgente...
Maaaa..è successo sul serio?O l'hai inventato?
Vecchio 12-09-2012, 23:43   #4
Esperto
 

Io voto per inventato.
Vecchio 13-09-2012, 20:00   #5
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Quote:
Originariamente inviata da Aliena90 Visualizza il messaggio
Scrivi molto bene...toccante e coinvolgente...
Maaaa..è successo sul serio?O l'hai inventato?
Grazie...
Sì, il confronto con la ragazza è successo per davvero.
Sebbene abbia aggiunto molti elementi fittizi e iperbolici...
In ogni caso lo scopo era di scrollarmi di dosso un po' di tensione attraverso l'esercizio della scrittura.
Vecchio 13-09-2012, 20:24   #6
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Veramente... scritto benissimo. Mi ha catturato dall'inizio alla fine a causa dello stile molto scorrevole. Sulla trama non mi pronuncio.
Vecchio 13-09-2012, 20:28   #7
Esperto
L'avatar di Inosservato
 

il maledetto campionato norvegese, quante delusioni mi ha provocato...

comunque spero che uno degli elementi fittizi sia il tuo cazziatone alla tipa.... quella battuta era uno stramaledetto primo passoooooo se avessi vanificato tutto così saresti da ban
Vecchio 13-09-2012, 20:32   #8
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Inosservato Visualizza il messaggio
comunque spero che uno degli elementi fittizi sia il tuo cazziatone alla tipa.... quella battuta era uno stramaledetto primo passoooooo se avessi vanificato tutto così saresti da ban
Seh vabbè, mo' tutte quelle che ti dicono "sfortunato al gioco, fortunato in amore" ci vogliono provare con te. Maddaaaaaaaaaaiiiii... (cit. Mughini)
Vecchio 13-09-2012, 20:57   #9
Esperto
L'avatar di Pietro
 

mi hai messo una carica incredibile..
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