Procedo, allora.
Inizio con il precisare che non sono un "fobico", o almeno non mi ritengo tale. Tuttavia riesco senza dubbio a identificarmi come una personalità introversa e riservata, sin da quand'ero piccolo. Probabilmente non soffrirei molto di questa condizione se ad essa non si accompagnasse anche una bassa autostima e abilità sociali piuttosto scarse. Pur in assenza di disturbi della personalità (che non avendo mai consultato uno psicologo, non mi sono stati diagnosticati) ho sofferto molto a causa di queste mie caratteristiche.
Più che l'ansia e la paura in sé stesse, però, è l'"evitamento", o per meglio dire la "chiusura" la causa dei miei problemi. Per un motivo talmente remoto nella mia coscienza da essere irrintracciabile, nel tempo ho adottato e raffinato una serie di strategie per assicurarmi che la distanza psicologica nei confronti delle persone sia più ampia possibile. Le attuo pressoché con tutti, comprese innocentissime eventuali conversazioni con sconosciuti, a bordo di un autobus. Limito il dialogo a uno scambio brevissimo di battute neutre e compite. Mentre noto che le persone traggono piacere dalla conversazione, per me è una specie di incombenza da terminare al più presto prima che questa scalfisca le mie difese personali. Il che poi è assurdo: perché un cordiale vecchietto su un bus dovrebbe mettermi così tanto sulla difensiva? Non ne ho idea.
La mia arma di difesa è il senso dell'umorismo. Di fatto, l'unica maniera possibile in cui riesca a interagire con gli esseri umani che mi circondano è attraverso l'ironia, spesso l'autoironia. Altrimenti opto per una strategia infallibile, ossia la discussione informale di generici argomenti di pubblico dominio: se capita, calcio o videogiochi, altrimenti solo ed esclusivamente faccende di università. Il motivo per cui a volte mi "autopunisco", rinunciando a parlare (e non è che di natura io sia un chiacchierone) è che la maggior parte del tempo la mia conversazione è sterile, vuota, arida. Mi sento una persona noiosa e non voglio caricare gli altri della responsabilità di dover intrattenere una conversazione, o peggio un rapporto, con me, quando lo sforzo da parte mia sarebbe scarso e mediocre. Di conseguenza, i miei rapporti con le persone sono pochi e fortemente superficiali - a parte forse 2-3 amici della mia ex classe liceale.
Naturalmente, non ho mai avuto una relazione. Nella mia idea astratta dell'amore, questo comporta una rottura delle barriere, uno svelamento progressivo del proprio mondo interiore al partner. E con la fitta rete di muraglie cinesi che mi ritrovo, non solo ciò sarebbe difficile, ma mi ritrovo a pensare che il mio "nucleo" nascosto in profondità si sia impoverito a causa della sottoalimentazione. Ho 19 anni, dovrei essere pieno di entusiasmo e fiducia nel futuro, dovrei ardere alla prospettiva di vivere nuove esperienze. Ma ci saranno mai queste esperienze? Tutto dipende dalla mia iniziativa, e ahimè ne ho ben poca.
Oltre che dalla mia pigrizia, penso che tutto questo sia dovuto a una sorta d'istinto di autoconservazione fuori dal comune. Riesco a concepire solo la mia vita in solitudine, comoda, ripetitiva e senza imprevisti. A volte mi sento un automa, uno spaventapasseri che osserva il grano smosso dal vento. Ma se allo spaventapasseri del Mago di Oz mancava un cervello, credo che a me manchi un cuore - forse mi manca tutto il corpo. Avverto un forte distacco dai miei desideri sessuali, e dall'intero sesso opposto. Non sono sicuro neppure di essere etero. Da queste premesse, mi è difficile anche solo immaginare una vita sentimentale, di cui avrei pur bisogno.
Sento che ci sarebbe molto altro da dire: in fondo, negli anni non mi è mancato il tempo per rimuginare. Ma la chiudo qui, spero che sia abbastanza.
Saluti,
ScareCrow
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