George Gray
Molte volte ho studiato
il marmo che mi hanno scolpito,
una nave con la vela piegata in riposo nel porto.
In realtà non ritrae la mia destinazione
ma la mia vita.
Poichè l'amore mi venne offerto ed io fuggii dalla sua delusione;
il dolore bussò alla mia porta, ma io avevo paura;
l'ambizione mi chiamò, ma io ero atterrito dai suoi rischi.
Eppure tutto il tempo avevo fame di un significato nella vita.
E ora so che dobbiamo innalzare la vela
e cogliere i venti del destino,
ovunque essi guidino la nave.
Dare significato alla vita può sortire follia,
ma la vita senza significato è la tortura
dell'irrequietezza e del desiderio vago,
è una nave che anela il mare
eppur lo teme.
L’”Antologia di Spoon River” di Masters è sicuramente uno dei miei libri preferiti. E’ una raccolta di poesie: ognuna di queste racconta, in forma di epitaffio, la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un piccolo paesino della provincia americana. La caratteristica saliente dei personaggi descritti è che, essendo morti, non hanno più niente da perdere, e quindi possono raccontare la loro vita e le loro vicende in assoluta sincerità, senza le solite ipocrisie che contraddistinguono le relazioni tra le persone. Fra queste poesie ce n’è una, in particolare, che mi colpì dal primo momento che la lessi, circa quattro anni fa. E’ l’epitaffio di George Gray. Mi colpì, perché vidi in quelle parole gli errori e i difetti del mio carattere. Vidi in quelle semplici parole, ciò che sbagliavo e ciò che dovevo fare. Quanti amori, quante amicizie, quante occasioni sono passati senza che li cogliessi, per paura, vergogna, o amore della normalità. E così, sono rimasto anch’io, spesso, al riparo nel porto, senza affrontare il mare aperto, colmo di rischi ma anche di opportunità, che ispirava paura, ma anche voglia di scoprirlo. E in quel “la vita senza significato è la tortura dell’irrequietezza e del desiderio vago” ho capito quanto è sbagliato, e irrimediabile, preferire ciò che è comodo e sicuro al posto della novità e del rischio, ho capito come mai Dante riserva, nella Divina Commedia, un girone agli ignavi, a quelli che nella vita non hanno scelto, o non hanno saputo né voluto scegliere: il perché è che una vita vissuta così è indegna di essere vissuta, perché è una vita da codardo, anzi peggio, è una vita invisibile, perché non si riflette sulle vite degli altri, e quindi perde di significato. “Perfino il dolore è migliore del nulla” diceva Oriana, e quanto aveva ragione: il dolore almeno porta con sé una crescita, è un’esperienza, il nulla non porta nulla. Questa poesia risvegliò in me Qualcosa, era come se quelle parole le avessi avute dentro me ma non le avessi potute vedere. Mi aiutò a cambiare in meglio, a buttarmi nelle situazioni, a cercare di cogliere quello che la vita mi offriva, e ad avere meno Paura. Cercando su internet, ho visto che sono tanti quelli come me che hanno citato nei loro blog questa poesia, anche loro toccati nell’interno dal suo significato. A testimonianza che forse, dietro le facce sicure di ragazzi e ragazze, ci sono grandi debolezze, timori, ma soprattutto incapacità di amare la novità e il futuro.