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23-06-2013, 00:34
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#1
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Banned
Qui dal: Jun 2013
Ubicazione: nella città dolente, nell'etterno dolore, tra la perduta gente.
Messaggi: 104
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Cercherò di essere breve. Sintesi della mia vita: ragazzino mite, studioso, riverente verso gli adulti, con ben inculcato un senso del dovere che ha qualcosa del generale giapponese in procinto di commettere seppuku. Questo non significa però che amassi studiare, non volessi scherzare e divertirmi come gli altri, semplicemente sentivo di dover corrispondere a ciò che gli adulti -insegnanti e genitori- si aspettavano da me, studentello modello. Anzi, per la verità, mi sentivo sopravvalutato, certi insegnanti mi trattavano come avessi una intelligenza superiore ed io sapevo per certo di essere se non stupido certo più stupido degli altri; altro motivo per fare sforzi immani (tipo alzarmi la mattina alle 3 di notte per rileggere libri, per cercare di memorizzare il più possibile, questo ogni giorno) e nascondere quella che io sentivo essere la verità.
Ovviamente dall'esterno questo mio travaglio interiore non appariva, e giustamente mi fu presto affibbiato il solito clichè del "secchione" che amava i libri, che preferiva studiare sempre (ma quando mai). Più che altro, già allora sentivo in me cominciare un certo mal di vivere, una quieta disperazione, e per me mettercela tutta in quello che facevo significava cercare in tutti i modi di non lasciarmi andare all'apatia ed alla tristezza. Cosa che purtroppo ora ho disimparato a fare.
Ad ogni modo, fino verso i 15-16 anni, fin quando portai avanti il ruolo che mi era stato affibbiato senza oppormi, guardando nel mio cantuccio gli altri far caciara senza neanche desiderare farne parte, mi lasciarono in pace. Ad un certo punto, non ricordo esattamente come, presi coscienza della mia situazione e, mosso da una ferma volontà, decisi che dovevo cambiarla, costasse quel che costasse. IN fondo io non avevo fatto niente di male per meritarmi di essere isolato ed avevo gli stessi diritti degli altri; così pensavo. Col tempo ho capito che certe persone nascono per un certo destino; possono solo assecondarlo, se si oppongono fanno peggio. Fu per me una piccola rivoluzione, forse l'unico breve periodo in cui ce la misi davvero tutta per cambiare. Iniziai a dire la mia opinione, ad imporre la mia presenza, a rispondere a tono se uno dei più sbruffoncelli della classe faceva battute, ad andare alle feste che facevano, anche se non mi invitavano. Era praticamente una guerra: solo che da una parte c'ero io, dall'altra c'era il resto della classe, in pratica -ovviamente non tutti ce l'avevano con me, ma bastò che i più "carismatici" decidessero che ero da escludere, che gli altri, senza sapere bene il motivo, andassero a ruota, trovando improbabili ragioni per giustificare il loro odio. Ma siccome sono una persona mite e non davo ragioni per odiarmi neanche a sforzarsi (e si sforzarono, ad esempio cercavano di farmi dire cose cattive su qualcuno, per poi poterle riferire e confermare quanto fossi "stronzo"), allora trovarono un altro escamotage: no, non mi meritavo odio in quanto cattivo, ma perchè ero "diverso" (anche se non si sa bene in cosa: qualcuno cercò di accampare difetti fisici, ma in realtà ero abbastanza normale anche fisicamente), perchè ero un "debole" (beh sicuramente, ma avrei voluto vedere quanto poteva resistere una persona normale nella mia situazione), "inutile", "incapace alla vita", etc. Tutte parole loro. Ah, si, poi "stupido", questo diventò il motivetto più ripreso, e quello che più mi feriva, perchè si poggiava su una mia profonda insicurezza. Ricordo che allora era molto in voga un pensiero sul darwinismo sociale: della serie, se non ti adegui sei un debole, ed i deboli (o gli stupidi) vanno schiacciati dai forti. Il problema è che io, per carattere, non mi arrendo alle prepotenze. Sicuramente se fossi stato al mio posto, non sarebbe successo nulla. Però mi opposi a tutti i tentativi dei maschi alfa del gruppo di affermare la loro leadership. Quindi se loro facevano una battuta su di me, io facevo una battuta su di loro. Se loro mi insultavano, io li insultavo. "Come" fossimo alla pari. I maschi alfa allora, sentendosi sfidati, rincararono le dosi di aggressività, finchè quello più "esuberante" degli altri, arrivò, in qualche festa di classe in cui mi autoinvitavo, a lasciar fuori anche la parvenza di scherzo dalle provocazioni, andando a cercare di insultare la mia famiglia, mia sorella, etc. Io però inaspettatamente reagii, prima a parole, poi quando ce ne fu bisogno, anche a mani, nonostante lui fosse più grosso di me, io mi sapevo difendere. Il problema è che tutto avveniva non come una cosa tra me e lui, o loro, visto che erano almeno 2 o 3 in varia modo ad avermi preso di mira (tra cui il mio ex migliore amico, un debole ed un vigliacco, che però lo faceva alle mie spalle), ma tra me ed il gruppo; percepivo come una specie di tacito consenso in tutti gli altri, non ci fu mai nessuno che osò dire che non meritavo di essere insultato, o umiliato, me o la mia famiglia. Eppure eravamo 30 persone, non ci fu neanche una che mi diede un appoggio, anche morale. Anzi, più io ero distrutto, più la cosa sembrava divertirli.
Questa fu la cosa peggiore; vedere che tutti acconsentivano in un modo o nell'altro sulla necessità che io fossi umiliato. D'altronde un ragazzo introverso, timido, non è di fatto peggiore degli altri, non merita di essere trattato diversamente? questo pareva il pensiero comune. I professori si allarmarono solo perchè videro che i miei voti stavano calando, perchè questo mise in forse le loro certezze.
Ci furono episodi tipo: quaderni spariti e poi riapparsi (una volta io ne trovai uno nello zaino di uno di questi tipi, e lo sputtanai pubblicamente), una scatola di lassativo ad una cena in campagna da uno, chiudendo a chiave tutti i bagni (per fortuna non so per quale miracolo non mi successe niente), vignette che mi ritraevano ridicolizzandomi (queste opera del mio ex unico migliore amico stronzo), in un campeggio dove andai dopo la fine della scuola mi chiusero dentro la tenda, mi buttarono i vestiti nel fango, poi un'altra volta mi svegliai dopo una sbronza coperto di birra, schiuma da barba, con tutte le mie cose sparse per terra, fradicio di non so cosa altro, non mi ricordo. Questi sono pochi frammenti che riesco a ricordare, sicuramente ce ne son oaltri ma a distanza di 6 o 7 anni li ho rimossi. Ricordo soprattutto a scuola che c'era un clima di battutine, risatine, frecciatine, gente che mi faceva il verso mentre ero girato, etc. Una cosa che fatta tra amici sarebbe stata sostenibile, fatta da persone che mi consideravano anzitutto come un estraneo ed un outsider, non lo era. Ora però, col tempo, molti ricordi sono vaghi e mi chiedo: fu davvero così, o magari io la PERCEPII così, e le cose andarono diversamente (al di là degli episodi riportati, tutti veri)? Anche perchè se uno pensa al bullismo, pensa al ragazzino fragile e debole che viene perseguitato, con la testa dentro il gabinetto, gli prendono i soldi per la merenda, ed io non mi sono mai sentito un debole. Anzi un periodo andavo in palestra ed ero pure parecchio grosso e muscoloso, anche se come statura sono nella media. Quindi, se non fu bullismo, cosa fu? tentativo di bullismo andato male? Ma la cosa che più mi fa pensare è che queste persone che con me si comportarono in questo modo, erano proprio le più socievoli, le più carismatiche ed apprezzate anche fuori dalla classe, quindi perchè io fui l'unico che le fece aizzare? non è che erano i classici ragazzi sbandati di periferia. Tutt'altro. Alcuni erano anche apprezzati dai professori, per capirsi. Ma soprattutto, era una cosa altalenante, e soprattutto uno di questi (quello più esuberante che dicevo) se un attimo prima mi aveva insultato, dopo veniva con atteggiamento come di chi mi vuole proteggere, o aiutare dagli "altri" che invece mi volevano male...ecco, non essendo io uno psicologo, tante cose ancora non me le so spiegare.
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Ultima modifica di ilmainato1988; 23-06-2013 a 00:45.
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23-06-2013, 00:51
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#2
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Esperto
Qui dal: Jun 2013
Messaggi: 1,307
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Si chiama violenza psicologica e in alcuni casi violenza fisica. In questo casi, sopratutto se gli adulti pur accorgendosi di tutti lasciano perdere, l'unica soluzione è rivolgersi alla polizia. Il problema è che mi pare di capire siano passati diversi anni, ed un poliziotto mi disse che denunciando rischi di aspettare molto tempo e senza prove concrete è difficile che tu ottenga ciò che vuoi.
Comunque, se tutt'ora tu soffri per quanto è accaduto, sperando che tu non soffra di allucinazioni, non è stato un errore di percezione, tu quelle cose le hai vissute, sono cose gravi e devi rendertene conto e indirizzare la tua vita in base a ciò che hai subito in passato. Il che non significa tirare fuori un fucile e fare piazza pulita, ma semplicemente trasformare le tue sofferenze in cattiveria e darci dentro nel costruirti una vita. è l'unico modo che hai per ottenere una doppia soddisfazione personale, le prima lavorativa, la seconda relativa alla vendetta, e dare un senso alla tua vita.
Se invece stai bene nonostante tutto, pace. Comunque il bullo che un po' ti accudiva e un po' ti umiliava l'avevo anch'io, ed era semplicemente una personcina debole (perchè con gli altri si trasformava), poco brillante e decisamente maliziosa. Non ci pensare neanche a quel cretino.
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23-06-2013, 01:06
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#3
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Esperto
Qui dal: Dec 2011
Ubicazione: sopra! le Murge
Messaggi: 685
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la prima parte mi rispecchia moltissimo.
anch'io ho subito bullismo: - alle scuole medie: un giorno, dopo la fine delle lezioni lo raggiusi in una strada isolata e quando lui capì che ero incazzato scoppiò a piangere. mi sorprese la sua reazione (era più grosso di me) ed anche mi dispiacque (per non averlo picchiato)
- secondo anno di liceo: in aula lo riempì di pugni e finì al pronto soccorso (dopo diventammo quasi amici)
- ultimo anno di liceo: era soolo un vigliacco e represso che scappava al minimo accenno.
quest'ultimo, però, fu il peggiore perchè, non volendo usare violenza chiesi aiuto ai professori(che non fecero un cazzo) e si coalizzarono contro me molti della classe.
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Ultima modifica di ftz-Bastiani; 23-06-2013 a 01:15.
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23-06-2013, 01:11
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#4
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Banned
Qui dal: Jun 2013
Ubicazione: nella città dolente, nell'etterno dolore, tra la perduta gente.
Messaggi: 104
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No di sicuro non furono tutte mie fantasie perchè se ne accorsero pure i professori (e non è che fossero sti psicologi eh) ed intervenne il preside. Purtroppo, dall'alto della loro conoscenza psicologica della gioventù, pensò che il problema fosse che ero gay, perchè forse così qualche idiota mi ci aveva chiamato qualche volta, giusto per moda, e perchè i miei atteggiamenti erano più miti e "delicati" degli altri, quando in realtà sono tutt'altro che gay (mentre ho qualche dubbio su chi sparse questa voce). E poi mi sa che tante notizie che si sentono sui giornali, o in tv, di ragazzini perseguitati perchè omosessuali, abbia creato le premesse per il fraintendimento. Certo, bastava che me lo chiedesse, ma non importa, viva i luoghi comuni. Fu l'unica offesa totalmente non fondata che non mi toccò mai in alcun modo.
Sul fatto di affermarmi nella vita, io ero una persona determinata, motivata, che sapeva lavorare sodo ed aveva degli obiettivi. Ora non lo sono più. Non ho più alcuna fiducia nè in me stesso nè negli altri. A volte penso: perchè studiare, farmi una posizione? per dei soldi che poi spenderei in cazzate, essendo solo? per cosa? se devi stare da solo, tutto diventa inutile, secondo me, pure i soldi la carriera e quelle cose lì. Alla fine ciò che conta è l'amicizia e l'amore.
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23-06-2013, 01:17
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#5
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Banned
Qui dal: Jun 2013
Ubicazione: nella città dolente, nell'etterno dolore, tra la perduta gente.
Messaggi: 104
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A volte mi chiedo: secondo voi, per mettere in pace la coscienza e per un senso di giustizia, avrei dovuto vendicarmi? perchè di sicuro mi hanno fatto molto male, e ho visto che praticamente tutti adesso se la godono abbastanza, pieni di amici, belle ragazze, viaggi divertimento etc. Io invece solo come un cane, manco avessi la lebbra, depresso ed infelice. Lì per lì quando la rabbia per le cose subite era forte ci pensaai a vendicarmi, però la psicologa ed i miei genitori mi sconsigliarono di farlo. Sinceramente adesso sono pentito. Ho pure pensato di farlo a distanza di tempo (d'altronde non sono stati puniti quando era il momento) però non credo che avrebbe lo stesso effetto. E poi non saprei come fare; affrontarli direttamente? non ha senso, probabilmente mi renderei ridicolo. rompergli un finestrino? no troppo poco per quello che mi han fatto. In teoria la cosa ideale sarebbe qualcosa che danneggiasse loro e risarcisse me. Potrei ingaggiare una banda di albanesi per rapinarli
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