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05-03-2015, 01:22
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#41
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Esperto
Qui dal: Jan 2014
Messaggi: 2,951
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Sì che ne sono conscio, infatti anche in questo topic ho espresso più volte la volontà di voler abbandonare perché non mi sento soddisfatto della strada che ho intrapreso con lei, in aggiunta al fatto che ora come ora non riesco a desiderare così fortemente di cambiare. Infatti dopo che gli ho detto quel sì forzato ho pensato "sicuramente dopo questa non ci rivedremo più".
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05-03-2015, 03:42
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#42
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Banned
Qui dal: Dec 2013
Ubicazione: toscanaccio
Messaggi: 14,248
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Quote:
Originariamente inviata da marcoonizuka
Sì che ne sono conscio, infatti anche in questo topic ho espresso più volte la volontà di voler abbandonare perché non mi sento soddisfatto della strada che ho intrapreso con lei, in aggiunta al fatto che ora come ora non riesco a desiderare così fortemente di cambiare. Infatti dopo che gli ho detto quel sì forzato ho pensato "sicuramente dopo questa non ci rivedremo più".
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pensai la stessa cosa io nel 2009 , dopo che a mio parere mi dette una 'risposta sbagliata' non posso dire quale perché è molto personale , ma mi sono sentito ferito non tanto per me quanto per la mia famiglia , forse feci un errore ma troncai un percorso che non stavo portando più niente ...
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05-03-2015, 11:18
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#43
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Vado un po' sul personale, non mi sento soddisfatta.
È come se lui continuasse ad insistere su un punto: io non accetto il male e vorrei vivere in un'utopia, ma non è possibile.
Ma non è così.
Io non ho gli strumenti per "accettare" il male nella maniera in cui intende lui.
Nel mio caso "accettare" equivarrebbe a "subire", perché non ho gli strumenti per reggere, e non credo di dovermi riabituare o ricominciare a stare nel mondo e a riassorbire quei meccanismi per normalizzarli, ho 25 anni e ho troncato i contatti con gli altri a settembre dello scorso anno, se in 25 anni non ho imparato a non subire il male non vedo a cosa devo riabituarmi o in cosa dovrei sperare.
Il mio psicoterapeuta batte su un terreno che è comune a tutti, dice che il male esiste e chiunque lo subisce in una maniera o nell'altra, ed è qui che non ci capiamo, io non nego l'esistenza del male, del dolore, né mi aspetto che cessino di esistere; il mio problema riguarda il mio margine di pensiero e di azione, se per antonomasia nascendo si è degli "sconfitti" (dal dolore, dalla morte) che ne è allora del proprio margine interiore, e delle proprie responsabilità?
È da qui in poi che non si va avanti nella terapia, io dico: ok, intimamente ho una bassa considerazione di me che mi rende debole e incapace di affrontare alcunché. Posso millantare, posso usare la ragione, ma finché quella convinzione intima che non riesco a sradicare permane non riuscirò mai a darmi rispetto e a chiederne o pretenderne da altri.
E non perché io abbia subito o subisca chissà che.
È solo che una cosa del genere impedisce di perseguire qualunque obiettivo, perché si è incapaci di attribuire valore ai propri desideri così come a sé stessi.
Razionalmente posso dire e anche pensare di essere importante, di meritare rispetto in quanto vivente, in quanto io non creda alle logiche del potere, in quanto la mia debolezza non mi classifichi come immeritevole di rispetto, eppure intimamente e irrazionalmente so che mi considero poco, ed è questo che non so come "cambiare", e non so come la psicoterapia possa aiutarmi.
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05-03-2015, 13:21
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#44
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Esperto
Qui dal: Aug 2013
Messaggi: 520
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Quote:
Originariamente inviata da qualcuno
È come se lui continuasse ad insistere su un punto: io non accetto il male e vorrei vivere in un'utopia, ma non è possibile.
Ma non è così.
Io non ho gli strumenti per "accettare" il male nella maniera in cui intende lui.
Nel mio caso "accettare" equivarrebbe a "subire", perché non ho gli strumenti per reggere, e non credo di dovermi riabituare o ricominciare a stare nel mondo e a riassorbire quei meccanismi per normalizzarli, ho 25 anni e ho troncato i contatti con gli altri a settembre dello scorso anno, se in 25 anni non ho imparato a non subire il male non vedo a cosa devo riabituarmi o in cosa dovrei sperare.
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Ho il tuo stesso identico pensiero/problema...
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05-03-2015, 13:56
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#45
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Esperto
Qui dal: Jan 2014
Messaggi: 2,951
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Quote:
Originariamente inviata da ~~~
Vado un po' sul personale, non mi sento soddisfatta.
È come se lui continuasse ad insistere su un punto: io non accetto il male e vorrei vivere in un'utopia, ma non è possibile.
Ma non è così.
Io non ho gli strumenti per "accettare" il male nella maniera in cui intende lui.
Nel mio caso "accettare" equivarrebbe a "subire", perché non ho gli strumenti per reggere, e non credo di dovermi riabituare o ricominciare a stare nel mondo e a riassorbire quei meccanismi per normalizzarli, ho 25 anni e ho troncato i contatti con gli altri a settembre dello scorso anno, se in 25 anni non ho imparato a non subire il male non vedo a cosa devo riabituarmi o in cosa dovrei sperare.
Il mio psicoterapeuta batte su un terreno che è comune a tutti, dice che il male esiste e chiunque lo subisce in una maniera o nell'altra, ed è qui che non ci capiamo, io non nego l'esistenza del male, del dolore, né mi aspetto che cessino di esistere; il mio problema riguarda il mio margine di pensiero e di azione, se per antonomasia nascendo si è degli "sconfitti" (dal dolore, dalla morte) che ne è allora del proprio margine interiore, e delle proprie responsabilità?
È da qui in poi che non si va avanti nella terapia, io dico: ok, intimamente ho una bassa considerazione di me che mi rende debole e incapace di affrontare alcunché. Posso millantare, posso usare la ragione, ma finché quella convinzione intima che non riesco a sradicare permane non riuscirò mai a darmi rispetto e a chiederne o pretenderne da altri.
E non perché io abbia subito o subisca chissà che.
È solo che una cosa del genere impedisce di perseguire qualunque obiettivo, perché si è incapaci di attribuire valore ai propri desideri così come a sé stessi.
Razionalmente posso dire e anche pensare di essere importante, di meritare rispetto in quanto vivente, in quanto io non creda alle logiche del potere, in quanto la mia debolezza non mi classifichi come immeritevole di rispetto, eppure intimamente e irrazionalmente so che mi considero poco, ed è questo che non so come "cambiare", e non so come la psicoterapia possa aiutarmi.
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Hai riassunto bene il mio pensiero
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05-03-2015, 13:59
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#46
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Quote:
Originariamente inviata da ndm
Ho il tuo stesso identico pensiero/problema...
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Non so se è anche il tuo caso, ma a me pare di essere trattata come se mi sentissi vittima di un complotto, come se mi sentissi la persona più sfortunata della Terra, cosa che non è.
Infatti ho sempre avuto a che fare con persone con esperienze di vita più gravi delle mie, se mai è la mia sofferenza che non mi sembra legittima (e questo è un altro problema).
Mi sento trattata come se non accettassi le piccole scaramucce e le imperfezioni dei rapporti, come se desiderassi l'impossibile: non è così.
Avendo una considerazione di me bassa non riesco ad essere tranquilla, posso anche essere consapevole dei miei diritti o delle cose che non sono "accettabili", ma rimango incapace di convincermi di avere un valore e anche di avere il diritto di aprire la bocca (questo nel suo senso più estremo; c'è un senso di non avere importanza che permane).
E chiaramente nei rapporti una cosa del genere è disastrosa, e quando ne sono diventata pienamente consapevole me ne sono sottratta.
Poi, sulle cose taciute: un conto è scegliere di tacerle, senza angosce e per un tornaconto personale (ad esempio tacere della propria omosessualità o della propria visione della vita), un conto è sentirsi costretti a tacere per la vergogna altrui o per paura d'essere accusati di aver complicato le cose.
Personalmente le omissioni non fanno che mutilare un rapporto, se quello è lo stato d'animo con cui si omette.
Se prendo con poca naturalezza la vita è perché ci spacciano gli artifizi (il sacrificio, la menzogna, la superficialità) come cose "naturali" e imprescindibili dai rapporti.
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05-03-2015, 15:14
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#47
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Esperto
Qui dal: Jan 2014
Messaggi: 2,951
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Quote:
Originariamente inviata da ~~~
Non so se è anche il tuo caso, ma a me pare di essere trattata come se mi sentissi vittima di un complotto, come se mi sentissi la persona più sfortunata della Terra, cosa che non è.
Infatti ho sempre avuto a che fare con persone con esperienze di vita più gravi delle mie, se mai è la mia sofferenza che non mi sembra legittima (e questo è un altro problema).
Mi sento trattata come se non accettassi le piccole scaramucce e le imperfezioni dei rapporti, come se desiderassi l'impossibile: non è così.
Avendo una considerazione di me bassa non riesco ad essere tranquilla, posso anche essere consapevole dei miei diritti o delle cose che non sono "accettabili", ma rimango incapace di convincermi di avere un valore e anche di avere il diritto di aprire la bocca (questo nel suo senso più estremo; c'è un senso di non avere importanza che permane).
E chiaramente nei rapporti una cosa del genere è disastrosa, e quando ne sono diventata pienamente consapevole me ne sono sottratta.
Poi, sulle cose taciute: un conto è scegliere di tacerle, senza angosce e per un tornaconto personale (ad esempio tacere della propria omosessualità o della propria visione della vita), un conto è sentirsi costretti a tacere per la vergogna altrui o per paura d'essere accusati di aver complicato le cose.
Personalmente le omissioni non fanno che mutilare un rapporto, se quello è lo stato d'animo con cui si omette.
Se prendo con poca naturalezza la vita è perché ci spacciano gli artifizi (il sacrificio, la menzogna, la superficialità) come cose "naturali" e imprescindibili dai rapporti.
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Leggendo le tue parole mi ritorna un pensiero che faccio spesso: forse è l'eccesso di consapevolezza presente in persone come noi a rappresentare un'arma a doppio taglio, ed anche in questo problema risiede la mia difficoltà nel trovare utile la psicoterapia e gli psicologi in generale.
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05-03-2015, 16:46
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#48
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Esperto
Qui dal: Aug 2013
Messaggi: 520
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Quote:
Originariamente inviata da qualcuno
Non so se è anche il tuo caso, ma a me pare di essere trattata come se mi sentissi vittima di un complotto, come se mi sentissi la persona più sfortunata della Terra, cosa che non è.
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A me dicevano che ho solo voglia di piangermi addosso, che continuo a lamentarmi di tutto ecc, e mi lasciavano intedere che non avevo voglia di fare niente, la risposta universale era "trovati un lavoro". (ho sempre lavorato quando lo trovavo che cazzo, di certo non sono un fannullone, evidentemente se non lo trovo ci sono altri fattori, ma non voglio parlare di lavoro adesso...)
Io avrò avuto le mie sfortune certo, non mi ritengo il più sfigato del pianeta, però ho anche acquisito una visione della realtà che purtroppo FA MALE, una volta che te ne accorgi. E uno psicologo non ti dirà MAI come stanno le cose. Perchè il suo compito è farti stare bene, e la verità appunto fa male. Di come funziona il mondo, i rapporti sociali, i rapporti di coppia, il lavoro, fa tutto davvero schifo... E sti "dottori" ripeto non te lo diranno mai che la vita è così e vince solo chi è forte.
Bellissimo quando allo psicologo gliene parlavo e non diceva mai " hai ragione, il mondo è così" ma era sempre un "quindi secondo te funziona così..e se invece fosse il contrario?". Capito? Ti manipola e ti chiude gli occhi.
La chiave è semplicemente una: accettare da uomini il fango in cui viviamo.
Cosa dovrei andare a fare da uno psicologo? A farmi raccontare la storia dell'orso che abbiamo tutti pari opportunità, che la vita è bella, che l'amore esiste, che gli amici esistono, il lavoro si trova, la mafia non c'è, ecc ecc?
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05-03-2015, 17:36
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#49
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 5,084
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Boh.
Attualmente sto evitando anche la psico.
Mi son fatta 6 anni di csm, terapie di gruppo, qualche volta individuale, psichiatra, medicine, ma tranne i farmaci per il resto niente di che.
Adesso ho cambiato, sono seguita dall'estate scorsa da una psico privata che fa TCC, e diciamo che mi ha spiegato un po' di cose, ma non è che questo mi faccia stare meglio, vediamo come procede...
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05-03-2015, 17:56
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#50
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Esperto
Qui dal: Jan 2014
Messaggi: 2,951
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Quote:
Originariamente inviata da ndm
A me dicevano che ho solo voglia di piangermi addosso, che continuo a lamentarmi di tutto ecc, e mi lasciavano intedere che non avevo voglia di fare niente, la risposta universale era "trovati un lavoro". (ho sempre lavorato quando lo trovavo che cazzo, di certo non sono un fannullone, evidentemente se non lo trovo ci sono altri fattori, ma non voglio parlare di lavoro adesso...)
Io avrò avuto le mie sfortune certo, non mi ritengo il più sfigato del pianeta, però ho anche acquisito una visione della realtà che purtroppo FA MALE, una volta che te ne accorgi. E uno psicologo non ti dirà MAI come stanno le cose. Perchè il suo compito è farti stare bene, e la verità appunto fa male. Di come funziona il mondo, i rapporti sociali, i rapporti di coppia, il lavoro, fa tutto davvero schifo... E sti "dottori" ripeto non te lo diranno mai che la vita è così e vince solo chi è forte.
Bellissimo quando allo psicologo gliene parlavo e non diceva mai "hai ragione, il mondo è così" ma era sempre un "quindi secondo te funziona così..e se invece fosse il contrario?". Capito? Ti manipola e ti chiude gli occhi.
La chiave è semplicemente una: accettare da uomini il fango in cui viviamo.
Cosa dovrei andare a fare da uno psicologo? A farmi raccontare la storia dell'orso che abbiamo tutti pari opportunità, che la vita è bella, che l'amore esiste, che gli amici esistono, il lavoro si trova, la mafia non c'è, ecc ecc?
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Esatto, anche io nonostante la mia età, da tempo ho accettato il mondo così com'è e soprattutto ho capito quali sono i miei limiti, e avendone preso atto cerco di andare avanti come posso ben conscio di come stanno le cose. Ho provato a forzarmi ad assumere una visione differente, ma il risultato è disastroso, perché la realtà non è quella che raccontano gli psicologi. Ho sperimentato diverse fasi nella mia vita, a volte non faccio nulla e lascio scorrere il fiume di eventi, altre volte cerco di adattarmi ma in entrambi i casi il male di vivere non è mai andato via, e so che non riuscirò mai a scrollarmelo di dosso.
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05-03-2015, 18:59
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#51
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Esperto
Qui dal: Apr 2014
Messaggi: 925
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si, anche solo aver qualcuno con qui parlare e che mi ricordi come si sarebbe comportata nei miei confronti un'autorità genitoriale mi ha aiutato abbastanza. Ma penso che andarci dopo i 20 sia un passo fondamentale nell'esistenza delle persone..tanto per fare un bilancio..
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05-03-2015, 20:14
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#52
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Esperto
Qui dal: Mar 2013
Messaggi: 3,825
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Quote:
Originariamente inviata da marcoonizuka
Per me ha proprio sbagliato a incentrarsi sui miei genitori, e sulla rabbia. Secondo lei sono incazzato nero con loro, ma non è per niente vero, anzi, a loro voglio tantissimo bene. Dice che devo imparare ad esprimere la mia rabbia, che è una sentimento che trattengo e che quindi sfocia in disturbi come quelli sopracitati.
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Tanto vale cambiarla se non cerca di seguirti e rispettare i tuoi ritmi.
Comunque provare rabbia nei confronti dei genitori non esclude il volergli bene.
Al di là della psicologa vale la pena considerare che esistono sia i disturbi psicosomatici, sia la possibilità che i genitori a volte rinforzino comportamenti patologici (nel tuo caso sarebbe l'ipocondria), solitamente senza accorgersene.
Quote:
Originariamente inviata da marcoonizuka
L'altro giorno abbiamo cominciato quella che credo sia una terapia cognitivo-comportamentale: io facevo finta di essere i miei genitori, poi dovevo rispondere alle loro critiche arrabbiandomi il più possibile. Ci provavo e ci riprovavo ma non ce la facevo minimamente, poi verso la fine sono riuscito a fare qualcosina e lei mi ha chiesto se mi sentissi un po' meglio.
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Quasi mi viene da sospettare che sia più un suo modo di affrontare i suoi problemi che una psicoterapia.
Anche ipotizzando di avere rabbia nei confronti dei genitori non tutti risolvono mandandoli a cagare.
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05-03-2015, 21:55
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#53
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Esperto
Qui dal: Jan 2014
Messaggi: 2,951
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Quote:
Originariamente inviata da Weltschmerz
Tanto vale cambiarla se non cerca di seguirti e rispettare i tuoi ritmi.
Comunque provare rabbia nei confronti dei genitori non esclude il volergli bene.
Al di là della psicologa vale la pena considerare che esistono sia i disturbi psicosomatici, sia la possibilità che i genitori a volte rinforzino comportamenti patologici (nel tuo caso sarebbe l'ipocondria), solitamente senza accorgersene.
Quasi mi viene da sospettare che sia più un suo modo di affrontare i suoi problemi che una psicoterapia.
Anche ipotizzando di avere rabbia nei confronti dei genitori non tutti risolvono mandandoli a cagare.
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Appunto mi è sembrato ridicolo quello che ci siamo messi a fare.
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08-03-2015, 12:46
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#54
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Quando ho esposto i miei dubbi lo psicoterapeuta mi ha detto che il nostro rapporto serve a rafforzare l'immagine che io ho di me, quindi a migliorare il rapporto con me stessa.
Lui dice che mi trova cambiata rispetto a quando abbiamo iniziato (ottobre).
A me pare una stronzata ma ok.
Mi piace parlare con lui ma io in fin dei conti non noto miglioramenti.
Può esser vero che i rapporti con gli altri influiscono sull'immagine che abbiamo di noi stessi ma a me pare che la mia convinzione di valere poco sia troppo radicata e soprattutto in un punto non facilmente raggiungibile (e io mi aspetterei di più, da una psicoterapia).
Così su due piedi nemmeno mi sembra vero che ho questa considerazione di me così bassa, poi se ci penso meglio mi accorgo che ne ho riprove continuamente.
Mi sono talmente abituata che nemanco mi pare evidente.
Comunque si è anche ad un certo punto in cui ci si accorge di non riuscire a costruirsi i propri spazi, la propria vita.
È anche difficile "sopravvivere" a quel tipo di sconforto.
Sono stanca di vivere in questa maniera bovina ma mi pare di non avere alternative se non agire dell'incoscienza e finire malamente.
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