Questo brano è tratto da "Cronache Marziane"...
https://youtu.be/cRFbDDfgbgY?t=1h19m51s
La vita sulla Terra non è mai stata composta di qualcosa di veramente onesto e nobile.
La scienza è corsa troppo innanzi agli uomini, e troppo presto, e gli uomini si sono smarriti in un deserto meccanizzato, come bambini che si passino di mano in mano congegni preziosi, che si balocchino con elicotteri e astronavi a razzo; dando rilievo agli aspetti meno degni, dando valore alle macchine anziché al modo di servirsi delle macchine. Le guerre, sempre più gigantesche, hanno finito per assassinare la Terra. Ecco che cosa significa il silenzio della radio. Ecco perché noi siamo fuggiti. La fortuna ci ha assistito. Non ci sono più razzi, sulla Terra. È ora che sappiate che la nostra non è affatto una partita di pesca su Marte. Ho voluto attendere fino a questo momento a dirvelo. La Terra non c’è più. I viaggi interplanetari non torneranno in auge per secoli, forse non torneranno più. Ma quel modo d’intendere e vivere la vita si è rivelato errato, e si è strangolato con le sue mani. Voi siete giovani. Vi ripeterò tutte queste cose, ogni giorno, finché non vi saranno entrate in testa per sempre.
Tacque per gettare dell’altra carta nel fuoco.
– Ora noi siamo soli. Noi e un pugno di altri nostri simili che arriveranno nei prossimi giorni. Abbastanza, comunque, per poter ricominciare. Abbastanza per voltare le spalle a tutto quello che fu nostro sulla Terra e ricominciare secondo nuove idee.
Il fuoco fiammeggiò altissimo, come per dare rilievo alle sue parole. E ora tutti i giornali erano stati bruciati, meno una carta. Tutte le leggi e le credenze della Terra erano arse e ridotte in cenere, che in breve il vento avrebbe disperso. Thimothy guardò l’ultima carta che il babbo gettò nel fuoco. Era una grande carta del Mondo, e si raggrinzì e si contorse, ardente, finché – flinf! – non si librò nell’aria e non scomparve lieve come una calda farfalla nera. Thimothy volse altrove lo sguardo.
– E ora vi farò vedere i marziani – disse il babbo. – Su, venite tutti con me, anche tu, Alice.
E la prese per mano. Michael stava piangendo di gusto, tanto che il papà dovette tirarlo su e tenerselo sulle spalle, mentre tutta la famiglia si dirigeva tra i ruderi al canale.
La notte scendeva immensa intorno a loro, e si vedevano le stelle. Ma Tim non riuscì a vedere la Terra. Era già tramontata. Ecco una cosa su cui valeva la pena di riflettere. Un uccello notturno fece udire il suo richiamo.
Disse il babbo:
– La mamma e io cercheremo d’insegnarvi. Forse non vi riusciremo. Ma non dispero. Abbiamo avuto molte cose da vedere e da imparare. Progettammo questo viaggio, anni fa, ancor prima che voi nasceste. Anche se non fosse scoppiata la guerra, saremmo venuti su Marte, credo, per restarci e crearvi la nostra nuova forma di vita. Ci sarebbe voluto ancora un secolo, prima che Marte fosse definitivamente avvelenato dalla civiltà della Terra. Ora, si capisce…
Erano giunti al canale. Un canale lungo, diritto, sottile, un canale ricco di frescura e di umidità e di riflessi, nella notte.
– Ho sempre voluto tanto vedere un marziano – disse Michael – ma non lo vedo mai. Eppure, me lo avevi promesso, papà!
– Guardali, dove sono, i marziani – disse il babbo, che si tirò Michael in braccio, indicandogli l’acqua.
Laggiù, i marziani? Michael cominciò a tremare. Erano là, i marziani, nell’acqua del canale, che ne rimandava l’immagine. Erano Tim, Mike, Robert, la mamma, il babbo. E i marziani rimasero là, a guardarli dal basso, per molto, molto tempo, in silenzio, a guardarli dall’acqua che s’increspava lieve…