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Vecchio 25-01-2014, 11:29   #21
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Ma io non ho un carattere così terrificante ...
Non esserne così sicuro

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ma come "niente è una necessità"?
Nemmeno il lavoro lo è: se uno proprio non ce la fa può sempre darsi alla vita monastica...
Vecchio 25-01-2014, 12:41   #22
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Faccio espressamente riferimento a situazioni esterne che creano forte disagio e quindi una limitazione nella qualità della vita psicologica.



Se uno ha il sogno di diventare un calciatore ma deve abbandonarlo per un infortunio, è quindi costretto a farsi il fegato amaro vita natural durante per essersi adattato ad un "downgrade" delle sue aspettative professionali?
No, ma sarà sempre una forzatura che non ha scelto lui...di conseguenza gli resterà lamaro dentro a vita...
Vecchio 25-01-2014, 12:56   #23
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Non esserne così sicuro
Ah ah!
Comunque il mio carattere è sicuramente difficile, ma non nel senso che nel contatto con gli altri vengano facilmente violate le mie "spigolosità": sicuramente ce ne sono, ma normalmente riesco ad essere abbastanza adattabile, e perfino relativamente gradevole (almeno quando voglio ... ). Generalmente però il problema non è che gli altri mi diano fastidio, è che difficilmente trovo "punti di contatto" (e la cosa è fatalmente reciproca) ...
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Nemmeno il lavoro lo è: se uno proprio non ce la fa può sempre darsi alla vita monastica...
E la vocazione?
Vogliamo fare i preti senza nemmeno essere cristiani?
Ho come l' impressione che tu svuoti un po' le cose dal loro significato ...
Vecchio 25-01-2014, 13:11   #24
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E la vocazione?
Vogliamo fare i preti senza nemmeno essere cristiani?
Ho come l' impressione che tu svuoti un po' le cose dal loro significato ...
Monaco ≠ prete. Ma se uno non riesce a lavorare per mancato spirito di adattamento, che dovrebbe fare? Il barbone? Anche per quello ci vuole una vocazione
Vecchio 25-01-2014, 14:17   #25
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Monaco ≠ prete.
Fricchettone ≠ monaco
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Ma se uno non riesce a lavorare per mancato spirito di adattamento, che dovrebbe fare? Il barbone? Anche per quello ci vuole una vocazione
Ma vedi che torniamo alla necessità allora, quale felicità ... comunque, secondo me, una persona che davvero non riesce proprio a lavorare (nonostante si sforzi seriamente, seza impuntarsi dopo la prima esperienza di un mese ... ) deve cercare di trovarsi un lavoro che la motivi profondamente.
Certo, prima deve capire però cosa le piace davvero.
Vecchio 25-01-2014, 14:24   #26
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Ma vedi che torniamo alla necessità allora, quale felicità ... comunque, secondo me, una persona che davvero non riesce proprio a lavorare (nonostante si sforzi seriamente, seza impuntarsi dopo la prima esperienza di un mese ... ) deve cercare di trovarsi un lavoro che la motivi profondamente.
Certo, prima deve capire però cosa le piace davvero.
Se la premessa è che non riesce a svolgere nessun lavoro, come può trovare qualcosa senza fare di necessità virtù? Ciò che ti piace è ciò che tu scegli di farti piacere. Siamo noi il centro di controllo della nostra vita emotiva, chi altri sennò?
Vecchio 25-01-2014, 14:56   #27
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Se la premessa è che non riesce a svolgere nessun lavoro, come può trovare qualcosa senza fare di necessità virtù? Ciò che ti piace è ciò che tu scegli di farti piacere. Siamo noi il centro di controllo della nostra vita emotiva, chi altri sennò?
Secondo me in parte hai ragione, in parte no.
Anche senza tornare alla diatriba senza fine sugli innatismi, è indubbio comunque che nella prima fase della nostra vita il nostro carattere è stato plasmato dalle influenze esterne e comunque ha assunto una certa forma ed ha assorbito determinate propensioni ( o le ha rafforzate perchè erano innate? chi lo sa ... ).

Comunque ciò che ti piace non è ciò che scegli di farti piacere, non è così per nessuno, nemmeno per le persone meno complicate psicologicamente che si fanno meno paranoie di noi: ciò che piace è ciò verso cui esiste una certa propensione. O pensi che tutta la gente che ti circonda si sia imposta, con immensa forza di volontà e spirito di sacrificio, di farsi piacere cose verso cui non prova nulla, o che addirittura detesta?

Siamo tutti diversi ( ), e ci sono anche persone che hanno un maggior bisogno di trovare un senso in quello che fanno, invece che farlo e basta per riempire il tempo. Attenzione, parlo di maggiore propensione, non è un' alterità radicale.
Ma d' altronde è il solito discorso che può essere esteso anche alla socialità ( e continuiamo a saltare tra l' ambito amicizia e l' ambito lavoro): bene o male il carattere si è formato nel corso degli anni (anche ammesso non ci fosse alcun innatismo), cercare di riplasmarlo partendo da presupposti completamente diversi nell' età adulta è quantomeno difficilissimo. Impossibile se cerchi unicamente di importelo da solo. La cosa in cui si può facilmente riuscire però, sforzandosi in questa maniera e ignorando il fatto che si possano avere delle propensioni individuali da scoprire, è perdere gusto per la vita.

Queste riflessioni mi ricordano un po' certi discorsi di Marco Russo e i suoi costanti e quasi incredibili, per la forza di volontà che fanno trasparire, tentativi di "normalizzazione". Però, secondo me, non funziona così: o almeno, funziona sì, ma fino ad un certo punto.
Vecchio 26-01-2014, 23:08   #28
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Comunque ciò che ti piace non è ciò che scegli di farti piacere, non è così per nessuno, nemmeno per le persone meno complicate psicologicamente che si fanno meno paranoie di noi: ciò che piace è ciò verso cui esiste una certa propensione. O pensi che tutta la gente che ti circonda si sia imposta, con immensa forza di volontà e spirito di sacrificio, di farsi piacere cose verso cui non prova nulla, o che addirittura detesta?
Il fatto che una cosa o un atteggiamento risulti più spontaneo e meno problematico da assimilare non implica necessariamente una sua causa genetica. Perché alla maggioranza delle persone piace la Nutella? Esistono teorie innatiste in grado di spiegare la maggiore propensione della gente per i gusti dolci? Non sarebbe meglio cercare di stabilire legami tra influenze esterne/condizionamenti ambientali e gusti? Difficile che la propensione di una persona verso qualche cosa nasca così, ex abrupto, senza che vi sia stata una causa a generarla. Sempre si ragiona in termini di cause ed effetti e non si danno per scontate le improbabili spiegazioni genetiche.

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Sil carattere si è formato nel corso degli anni (anche ammesso non ci fosse alcun innatismo), cercare di riplasmarlo partendo da presupposti completamente diversi nell' età adulta è quantomeno difficilissimo. Impossibile se cerchi unicamente di importelo da solo
Ho già espresso il mio pensiero con le seguenti diseguaglianze: possibile ≠ facile e difficile ≠ impossibile. Io credo che siamo noi la base di controllo della nostra vita emotiva alla fine di tutto, anche quando interviene un elemento esterno volto al nostro cambiamento, chi è che alla fine decide di interiorizzare in un certo modo questo cambiamento? Poniamo il caso di una persona affetta da gravi insicurezze con l'altro sesso, convinta di non piacere in nessun modo a chicchessia...se un giorno riceve input esterni che sembrano contraddire la sua opinione, può sempre decidere di filtrarli attraverso il suo pregiudizio e reinterpretarli in maniera distorta fino alla negazione di una realtà evidente. Ergo lei e soltanto lei ha il possesso delle sue facoltà percettive ed emotive al fine di decidere come interpretare i segnali esterni.
Vecchio 27-01-2014, 00:14   #29
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Il fatto che una cosa o un atteggiamento risulti più spontaneo e meno problematico da assimilare non implica necessariamente una sua causa genetica. Perché alla maggioranza delle persone piace la Nutella? Esistono teorie innatiste in grado di spiegare la maggiore propensione della gente per i gusti dolci?
Non lo so, su questo ammetto la mia ignoranza, non sono uno studioso degli innatismi dolciari.
Però potrebbero anche esistere o forse no, boh.
Ma se esistessero e te le portassi credo le respingeresti comunque, perchè tu vuoi respingere l' esistenza di una qualsiasi influenza innata a prescindere, cosa che non sta nè in cielo, nè in terra.
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Non sarebbe meglio cercare di stabilire legami tra influenze esterne/condizionamenti ambientali e gusti? Difficile che la propensione di una persona verso qualche cosa nasca così, ex abrupto, senza che vi sia stata una causa a generarla. Sempre si ragiona in termini di cause ed effetti e non si danno per scontate le improbabili spiegazioni genetiche.
Io non escludo completamente che le preferenze siano dovute a condizionamenti, è possibile, l' avevo anche scritto:
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è indubbio comunque che nella prima fase della nostra vita il nostro carattere è stato plasmato dalle influenze esterne

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Ho già espresso il mio pensiero con le seguenti diseguaglianze: possibile ≠ facile e difficile ≠ impossibile. Io credo che siamo noi la base di controllo della nostra vita emotiva alla fine di tutto, anche quando interviene un elemento esterno volto al nostro cambiamento, chi è che alla fine decide di interiorizzare in un certo modo questo cambiamento? Poniamo il caso di una persona affetta da gravi insicurezze con l'altro sesso, convinta di non piacere in nessun modo a chicchessia...se un giorno riceve input esterni che sembrano contraddire la sua opinione, può sempre decidere di filtrarli attraverso il suo pregiudizio e reinterpretarli in maniera distorta fino alla negazione di una realtà evidente. Ergo lei e soltanto lei ha il possesso delle sue facoltà percettive ed emotive al fine di decidere come interpretare i segnali esterni.
Ma sì, sull' esempio che fai concordo con te! Evidentemente non sono un innatista estremista tanto quanto tu sei un comportamentista estremista!

Il fatto però è che ciò che dici ("siamo noi la base di controllo della nostra vita emotiva alla fine di tutto") vale fino ad un certo punto.
Altrimenti io, volendolo, dovrei riuscire ad impormi qualsiasi cosa, magari di poter perfino amare una persona che, per quanto tenti di conoscerla sotto molteplici aspetti, continua invece a risultarmi totalmente indifferente. Secondo te sarebbe possibile?
E anche su questo non voglio impuntarmi su di una spiegazione innatista (potrebbero anche essere tutti degli elementi acquisiti per influenza esterna e stratificatisi nel profondo della personalità), il discorso non sta qui: il discorso è che comunque il carattere non può essere completamente stravolto in età adulta, trasformando una persona in un' altra completamente differente.

p.s.: comunque ci stiamo perdendo in una querelle che si allontana sempre più dal punto di partenza. Cioè che felicità ≠ necessità/ adattamento forzato all' ineluttabile/ scelta del meno peggio.

Ultima modifica di Franz86; 27-01-2014 a 00:54.
Vecchio 27-01-2014, 17:48   #30
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Il fatto però è che ciò che dici ("siamo noi la base di controllo della nostra vita emotiva alla fine di tutto") vale fino ad un certo punto.
Altrimenti io, volendolo, dovrei riuscire ad impormi qualsiasi cosa, magari di poter perfino amare una persona che, per quanto tenti di conoscerla sotto molteplici aspetti, continua invece a risultarmi totalmente indifferente. Secondo te sarebbe possibile?
Quando insegnavo attribuivo compiti e argomenti da studiare...se un allievo mi avesse detto che non ce la faceva a studiare quello che davo perché, pur essendo nei programmi scolastici, non siamo tutti uguali, non tutti ce la fanno, non è detto che sia possibile per tutti...secondo te avrei dovuto ritenerle giustificazioni plausibili o semplice mancanza di volontà?
Il vero problema è trovare volontà e motivazione, d'altronde non è che tutti debbano volere una cosa, l'importanza è ritenerla possibile invece di affermare l'impossibilità di un'impresa sulla base della propria mancanza di volontà (non ne sto facendo un discorso di superiorità o inferiorità morale, sia chiaro).
Vecchio 27-01-2014, 21:16   #31
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Tra la possibilità di modificare le vostre percezioni per adattarvi a situazioni esterne particolarmente stressanti/difficili e poco affini alle vostre inclinazioni e la scelta di restare fedeli a principi morali personali a costo di soffrire psicologicamente e limitare la qualità della vostra vita psichica (ma anche materiale), cosa preferite?
Cosa avrà voluto dire
Vecchio 27-01-2014, 21:19   #32
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Quando insegnavo attribuivo compiti e argomenti da studiare...se un allievo mi avesse detto che non ce la faceva a studiare quello che davo perché, pur essendo nei programmi scolastici, non siamo tutti uguali, non tutti ce la fanno, non è detto che sia possibile per tutti...secondo te avrei dovuto ritenerle giustificazioni plausibili o semplice mancanza di volontà?
Ovviamente no, fino ad un certo punto ( e in condizioni “normali” ) tutti possiamo arrivare a dei risultati. Ma, per mantenere l' esempio scolastico, un conto è riuscire nell' algebra, un conto è prendere una laurea con lode in matematica.

Tu poi potresti dirmi che, volendo, si potrebbe prendere lo studente più problematico e “asino” in matematica e, facendolo seguire per anni da qualche psicologo competente, trovandogli degli insegnanti privati con cui entri in sintonia, cambiandogli la vita da cima a fondo, motivandolo con adeguati rinforzi positivi ( non lesinando su nulla, anche riuscendo, se necessario, a trovargli la ragazza per motivarlo ), si riuscirebbe a farlo diventare un matematico … forse, ma il problema è la quantità di energie esterne che dovrebbero entrare nella vita del ragazzo per farlo giungere al risultato ... questo falserebbe tutto.
Quote:
Il vero problema è trovare volontà e motivazione, d'altronde non è che tutti debbano volere una cosa, l'importanza è ritenerla possibile invece di affermare l'impossibilità di un'impresa sulla base della propria mancanza di volontà (non ne sto facendo un discorso di superiorità o inferiorità morale, sia chiaro).
Sul fatto che trovare volontà e motivazione possa diventare il problema sono d' accordo al cento per cento.
Ma a quel punto uno deve chiedersi: “perchè a manca la motivazione per fare quella cosa che invece quell' altro tizio invece apparentemente fa senza alcun problema”?
Se non è una cosa particolarmente complicata o che richieda chissà che abilità certo che è possibile farla, ma imporselo solo e unicamente perchè l' altro la fa e addirittura aspettarsi che, semplicemente tenendo duro, prima o poi arrivi magicamente la “felicità” non funziona, prima o poi si scoppia, anche la forza di volontà ha dei limiti, in nessuno è un' energia inesauribile.
Bisogna cercare di trovare la motivazione interiore assecondando il più possibile le proprie propensioni e ricavando soddisfazione dalle cose che si fanno: questo non vuol dire rifiutare a priori qualsiasi compromesso, ma nemmeno rinunciare del tutto a se stessi.

Se poi mi dici che anche parlare di “se stessi” è improprio … beh, allora la via monastica è tutta tua, hai la propensione giusta
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