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28-05-2010, 15:53
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#1
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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Ecco qua, lo metto nelle discussioni offtopic perche non ha un topic preciso.
é una risposta inizialmente messa in un altro thread che mi sono reso conto che Redman mi scuoiava visto che non c'entrava niente ed era lunga eterna (é lunga eterna lo so, legga chi vuole).
NB Siccome la copio incollo, i riferimenti che faccio ad utenti o messaggi precedenti sono relativi alla presentazione di Stasudedos.
Ho capito Essere. Grazie per aver gia risposto ad ansiosissimo, quoto tutto quanto... E aggiungo un piccolo esempio per ansio e anche per tutti voi, anche se sono ormai schifosamente off topic e di questo mi scuso giá con Stasudedos.
Ponete il caso che non vi piaccia un alimento. Ne avete altri a disposizione e quello vi fa proprio da vomitare. Vi ostinereste a provare a mangiarlo ogni giorno solo perché la maggior parte della gente lo mangia? E se provaste a mangiarlo ogni giorno, dovendo ogni giorno ingoiarlo a fatica se non sputarlo, ovviamente vi sentireste frustrati, ma la vostra frustrazione e addirittura l'invidia verso chi invece ne mangia a tonnellate e di gusto, da cosa deriverebbe, dallo schifo che vi fa quell'alimento o dalla vostra fissazione nel volerlo mangiare?
Secondo me, evidentemente dalla seconda. Io so che non sono sempre stato cosí, nel senso che forse si sono stato timido e chiuso giá in altri periodi della mia vita, ma in altri non lo sono stato. Questo é un periodo in cui sono chiuso, parlare con la gente mi mette ansia e mi mette ansia pensare di doverlo fare? Lo accetto. Lo faccio il meno possibile, per restare in tema proprio quando non ho altri alimenti da mangiare, ma finché posso campare felicemente togliendomi dalla testa l'interazione con le altre persone a tutti i costi, perché non farlo? Perché fissarsi con una cosa che non ci riesce, e che probabilmente in realtá non ci va di fare?
Cioé, posso capire che ci sia un bisogno tremendo di condividere, anche solo di parlare. Io in effetti un paio di persone con cui parlare le ho, quando proprio ne ho voglia (quelle due volte al mese ). Ma se non le avessi? Che problema c'é? C'é tanta gente che non le ha e ha una gran voglia come me di parlare ed ascoltare: si prende armi e bagagli e senza farsi tante paranoie si va ad un gruppo di autoaiuto.
Certo che se c'é una esigenza del genere, di interagire eccetera, bisogna anche capire se é genuina o indotta da modelli esterni... in fondo é abbastanza "strana" come esignenza in sé. Voglio dire, non é necessaria ad un introverso. Io ho il mio mondo interiore, parlo con me stesso prima che con gli altri... sono felice a prescindere che gli altri ci siano o no, e anzi spesso la condizione necessaria per essere felice é proprio che gli altri non ci siano. Adesso ad esempio sono all'universitá, in un'aula piena di computer e di gente, non ho voglia di parlare con nessuno anche se vedo che molti parlano tra di loro e vi assicuro che starei meglio se fossi 1) da solo e a 2) casa mia. Certo per vivere bisogna fare dei compromessi, ma appena saró a casetta da solo tireró un bel respiro di sollievo, penseró a organizzarmi la giornata, a rilassarmi in mille modi diversi ed ecco fatto. Di cosa facciano gli altri, anche la maggior parte anche tutti gli altri, mi interessa poco o niente, esattamente come dubito che ad altri interessi cosa faccio o non faccio io. Questo a volte ci frega, una sorta di "vergogna" per non fare qualcosa di sociale, per non vedere gente il sabato sera, per non uscire il venerdí. Ma scusa, ma se si puó stare bene senza fare le suddette cose, e si puó, perché angosciarsi da soli con questi pensieri? E poi vergognarci con chi, con gente che quasi non esiste per quanto ci riguarda? La veritá é che é un gatto che si morde la coda, e noi siamo la bocca e la coda del gatto. Stiamo male con gli altri e stiamo male perché non siamo con gli altri. E stiamo male perché stiamo male con gli altri. E spesso, stiamo male perché stiamo male perché stiamo male con gli altri. Ok? Rendo l'idea?
Risolviamo questo circolo vizioso cosí: sto bene per i cazzi miei. Fine. Risolto. Il resto? Perché pensarci? Essere, capisco la tua autoanalisi retroattiva, peró devo obiettare: ma se stavi bene, e stavi bene, perché ricercare nel comportamento di allora la causa del tuo male presente? La causa del tuo male presente é secondo me piú probabile che sia invece l'allucinazione del tuo male stesso, che radichi nel tuo passato ma che invece é solo una fase in cui hai perso qualche interesse, o magari semplicemente e banalmente (come secondo me il 90% di noi me compreso quando sto male per questi motivi) ti sei fatto condizionare da dei modelli estroversi e sociali quando estroverso e sociale non sei.
Finisco con un altro esempio: Gino é un megaestroversone, uno che saltella qua e lá tutto il giorno, mille amici duemila discorsi con tutti. Sta benissimo. Un giorno si alza, e scopre di non avere un rapporto con se stesso, di non riuscire a parlare con se stesso di non essere capace di star da solo. Prova a stare da solo tutti i giorni, ma ci malissimo e deve sempre cercare la compagnia di qualcuno. Comincia a farsi paranoie su questo fatto, e presto comincia a stare male anche con gli altri per questo, perché vuole stare da solo ma non riesce. Cosa consigliereste a Gino? Io gli direi: Gino, ma cha fai?? Sei stato una vita a fare il socialone, che te ne frega di stare da solo: é quella la tua natura. Datti una calmata, accettati per come sei, e riparti col tour sociale che ti fa stare bene.
Gino che pensa "oddio, stare con tutta quella gente erano dei palliativi superinconsci perché io in realtá non sto bene da solo", Gino che evita di stare da solo e si sente in colpa: ma ci pensate?
Perché cambiarsi? Perché mettersi in testa e sforzarsi di cambiare, per cosa poi? Per stare bene? Io dico che si puó stare bene anche murati in una cella 2x2, e si puó stare male anche essendo i re del mondo: é tutto, dall'inizio alla fine, nella nostra testa. Tutto.
E non é neanche vero che bisogna capire "chi siamo", non e vero che bisogna avere "il controllo della nostra vita", né di "noi stessi": basta non cercare di essere chi non siamo, non cercare di prendere un controllo, sulla nostra vita o su noi stessi, che semplicemente non esiste.
Scusate la sbroccata off topic, ma spero che serva a qualcuno, e se non serve a nessuno a me serve di sicuro ciao
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28-05-2010, 18:02
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#2
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Esperto
Qui dal: Nov 2008
Ubicazione: Jupiter and Beyond the Infinite
Messaggi: 19,230
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Scusa, ma su "è" voce del verbo essere l'accento non va grave? ( )
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28-05-2010, 18:14
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#3
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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Si... è la tastiera inglese del cacchio, questa invece come si può vedere è quella del mio italianissimo laptop
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28-05-2010, 18:15
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#4
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Esperto
Qui dal: Nov 2008
Ubicazione: Jupiter and Beyond the Infinite
Messaggi: 19,230
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Comunque è un discorso complesso, è vero che si può stare bene da soli, ma ci si può anche illudere di stare bene da soli, semplicemente perché con gli altri si sta un po' più male che a stare da soli. Ma se non si stesse più male a stare con gli altri, allora si starebbe bene come si stava bene da soli prima o magari un po' meglio?
Io riassumo così la mia opinione: - stare bene da soli fregandosene dei condizionamenti esterni e di moda che ci impongono una socialità "forzata"
- se si vuole stare o parlare con qualcuno, e lo si desidera davvero assai, allora fare lo sforzo, anche se si sta un po' male dopo si verrà ripagati (si spera)
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28-05-2010, 18:28
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#5
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Banned
Qui dal: Apr 2010
Ubicazione: In Hell
Messaggi: 772
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Quote:
Originariamente inviata da Iason
Risolviamo questo circolo vizioso cosí: sto bene per i cazzi miei. Fine. Risolto. Il resto? Perché pensarci? Essere, capisco la tua autoanalisi retroattiva, peró devo obiettare: ma se stavi bene, e stavi bene, perché ricercare nel comportamento di allora la causa del tuo male presente? La causa del tuo male presente é secondo me piú probabile che sia invece l'allucinazione del tuo male stesso, che radichi nel tuo passato ma che invece é solo una fase in cui hai perso qualche interesse, o magari semplicemente e banalmente (come secondo me il 90% di noi me compreso quando sto male per questi motivi) ti sei fatto condizionare da dei modelli estroversi e sociali quando estroverso e sociale non sei.
Finisco con un altro esempio: Gino é un megaestroversone, uno che saltella qua e lá tutto il giorno, mille amici duemila discorsi con tutti. Sta benissimo. Un giorno si alza, e scopre di non avere un rapporto con se stesso, di non riuscire a parlare con se stesso di non essere capace di star da solo. Prova a stare da solo tutti i giorni, ma ci malissimo e deve sempre cercare la compagnia di qualcuno. Comincia a farsi paranoie su questo fatto, e presto comincia a stare male anche con gli altri per questo, perché vuole stare da solo ma non riesce. Cosa consigliereste a Gino? Io gli direi: Gino, ma cha fai?? Sei stato una vita a fare il socialone, che te ne frega di stare da solo: é quella la tua natura. Datti una calmata, accettati per come sei, e riparti col tour sociale che ti fa stare bene.
Gino che pensa "oddio, stare con tutta quella gente erano dei palliativi superinconsci perché io in realtá non sto bene da solo", Gino che evita di stare da solo e si sente in colpa: ma ci pensate?
Perché cambiarsi? Perché mettersi in testa e sforzarsi di cambiare, per cosa poi? Per stare bene? Io dico che si puó stare bene anche murati in una cella 2x2, e si puó stare male anche essendo i re del mondo: é tutto, dall'inizio alla fine, nella nostra testa. Tutto.
E non é neanche vero che bisogna capire "chi siamo", non e vero che bisogna avere "il controllo della nostra vita", né di "noi stessi": basta non cercare di essere chi non siamo, non cercare di prendere un controllo, sulla nostra vita o su noi stessi, che semplicemente non esiste.
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anzitutto ti comunico che ti odio perche` mi hai costretto a leggere tutta sta pappa e temo mi ritrovero` a scriverne una anche io per rispondere
Vedro` di essere breve
Secondo me tu sottovaluti una cosa molto importante, come ha spiegato benissimo Stasudedos (ocomecaspitasiscrive) rispondendomi nel thread che ha originato questo post. Nelle persone ci sono un "io" e un "io e gli altri". Tu puoi anche andare avanti 40 anni da solo o 40 anni a folleggiare fra la gente.
E se questo ti sta bene, nessuno ha il diritto di dirti manco una virgola.
Se pero` tu un giorno ti svegli e noti che vorresti stare da solo ma la cosa ti provoca sofferenza, o vorresti avere degli amici ma soffri perche` ti trovi male/non riesci ad interagire con la gente, significa che TU SENTI IL BISOGNO DI QUELLE COSE.
Al limite puoi chiederti se si tratta di un bisogno indotto, ma nel caso dell'esempio di Gino cade anche questa teoria perche` la societa` non chiede certo alla gente di stare con se stessi, anzi...
La cosa fondamentale dell'autoanalisi che mi sono fatto, e che demolisce (secondo me) le tue obiezioni, e` che mi sono reso conto che io anche allora VOLEVO fare quelle cose. Ne sentivo il bisogno. Ma subito utilizzavo gli interessi per raccontarmi che no, non e` cosi`, io sono felice. Sono felice di non uscire il sabato sera, anche se, a pensarci, sento questo leggero fastidio... Sono felice di non avere la ragazza, anche se, a pensarci, questo leggero senso di frustrazione... Stasudedos (ocomecaspitasiscrive) ha chiaramente detto che anche lui si trova in una situazione in cui riesce a stare bene da solo MA ALLO STESSO TEMPO sente il bisogno di quelle cose che ora non riesce ad avere (amici, ragazza).
Riguardo l'esempio di Gino, io credo che dire a una persona "quella e` la tua natura, vai e goditi gli altri e non pensare piu` a quello che senti", sia un errore colossale. Perche` la gente cambia. Perche` Gino ha sentito un bisogno. La cosa giusta da fare e` capire perche` Gino sente quel bisogno, e come permettergli di soddisfarlo al meglio. Andare e stare con gli altri NON e` la soluzione, perche` Gino ORA (e magari anche prima, se ci ripensa) cerca qualcosa di completamente diverso.
Non ho la minima intenzione di rileggere cio` che ho scritto, quindi se sta roba e` piena di vaccate, ve le tenete
no, alla fine l'ho fatto, ho riletto tutto e pure modificato...
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Ultima modifica di Essere Inutile; 28-05-2010 a 18:35.
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28-05-2010, 18:33
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#6
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Esperto
Qui dal: Apr 2009
Ubicazione: Campania
Messaggi: 646
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Se le tue parole fossero l'espressione di quello che provano gli utenti di questo forum, io dovrei autoestraniarmi da questa comunità.
Non sto male con gli altri, sto male quando supero un certo limite di solitudine e di introversione, in tali occasioni mi sento scoppiare dentro e faccio delle cose stupide, tipo andare all'uni con il bus e non con l'auto pur di vedere qualcuno, parlare con qualcuno, interagire insomma.
Non mi sono mai trovata nella situazione di credere che il mio bisogno di socialità fosse indotto dalle convenzioni, forse sono io che sono diversa da alcuni di voi.
Io lo sento vivo il desiderio di interazione, e se non ci riesco a volte è perchè sono disabituata a farlo, ma è una cosa che quando mi capita di fare mi fa stare bene mentalmente, mi rende, oserei dire, "felice" (a volte basta poco per esserlo e in genere sono una persona che cerca di vivere senza troppe ansie)
Forse il mio intervento non è manco attinente con quello che hai detto... boh
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28-05-2010, 19:22
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#7
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Esperto
Qui dal: Feb 2010
Messaggi: 9,761
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Non riuscirò mai a convincermi che la solitudine possa diventare un scelta di vita appagante.
Anche se potessi passare il resto della mia vita in una casa in una foresta meravigliosa ed inacessibile, avendo a disposizione tutto ciò che desidero in fatto di libri, musica, cibo etc. sono sicuro che dopo un po' mi sentirei l'uomo più infelice della terra.
Siamo animali sociali, che ci piaccia o no, non possiamo sfuggire alla nostra natura.
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28-05-2010, 19:25
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#8
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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Quote:
Originariamente inviata da moonwatcher
Io riassumo così la mia opinione:
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Riassumere è un dono.
comunque sono d'accordo con te sui due punti .
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Ultima modifica di Iason; 28-05-2010 a 19:43.
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28-05-2010, 19:39
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#9
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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Quote:
Originariamente inviata da Essere_Inutile
anzitutto ti comunico che ti odio perche` mi hai costretto a leggere tutta sta pappa e temo mi ritrovero` a scriverne una anche io per rispondere
Vedro` di essere breve
Secondo me tu sottovaluti una cosa molto importante, come ha spiegato benissimo Stasudedos (ocomecaspitasiscrive) rispondendomi nel thread che ha originato questo post. Nelle persone ci sono un "io" e un "io e gli altri". Tu puoi anche andare avanti 40 anni da solo o 40 anni a folleggiare fra la gente.
E se questo ti sta bene, nessuno ha il diritto di dirti manco una virgola.
Se pero` tu un giorno ti svegli e noti che vorresti stare da solo ma la cosa ti provoca sofferenza, o vorresti avere degli amici ma soffri perche` ti trovi male/non riesci ad interagire con la gente, significa che TU SENTI IL BISOGNO DI QUELLE COSE.
Al limite puoi chiederti se si tratta di un bisogno indotto, ma nel caso dell'esempio di Gino cade anche questa teoria perche` la societa` non chiede certo alla gente di stare con se stessi, anzi...
La cosa fondamentale dell'autoanalisi che mi sono fatto, e che demolisce (secondo me) le tue obiezioni, e` che mi sono reso conto che io anche allora VOLEVO fare quelle cose. Ne sentivo il bisogno. Ma subito utilizzavo gli interessi per raccontarmi che no, non e` cosi`, io sono felice. Sono felice di non uscire il sabato sera, anche se, a pensarci, sento questo leggero fastidio... Sono felice di non avere la ragazza, anche se, a pensarci, questo leggero senso di frustrazione... Stasudedos (ocomecaspitasiscrive) ha chiaramente detto che anche lui si trova in una situazione in cui riesce a stare bene da solo MA ALLO STESSO TEMPO sente il bisogno di quelle cose che ora non riesce ad avere (amici, ragazza).
Riguardo l'esempio di Gino, io credo che dire a una persona "quella e` la tua natura, vai e goditi gli altri e non pensare piu` a quello che senti", sia un errore colossale. Perche` la gente cambia. Perche` Gino ha sentito un bisogno. La cosa giusta da fare e` capire perche` Gino sente quel bisogno, e come permettergli di soddisfarlo al meglio. Andare e stare con gli altri NON e` la soluzione, perche` Gino ORA (e magari anche prima, se ci ripensa) cerca qualcosa di completamente diverso.
Non ho la minima intenzione di rileggere cio` che ho scritto, quindi se sta roba e` piena di vaccate, ve le tenete
no, alla fine l'ho fatto, ho riletto tutto e pure modificato...
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Hmm. Si ci sono dei punti intelligenti.
Io però adesso ad esempio mi sento bene da solo il sabato sera e col fatto di non avere una ragazza... cioè non ho dei leggeri fastidi o dei però a riguardo. E ti assicuro che sono sincero con me stesso su questo argomento. A volte me li creo, ma perchè è il condizionamento sociale, sono i modelli ad indurmeli.
Io non nego che uno possa cambiare, anzi sono d'accordo che tutti cambiamo e tanto anche, ma io nego che uno possa cambiare quando vuole lui in base a dei bisogni. Io credo che in base ai bisogni che uno ha, un uomo possa cambiare la realtà, le cose intorno, e tanto anche; ma una cosa non può cambiare, e cioè se stesso. Io cambio, non posso cambiarmi. Quindi torniamo al discorso di "accettarsi", secondo me, come esigenza primaria da anteporre ad ogni bisogno sfrenato di socializzazione o altro.
Se tu dici che anche allora VOLEVI in realtà fare quelle cose... allora la tua è semplicemente un'altra storia, ma il mio discorso secondo me resta abbastanza valido, non nel tuo caso ma in generale. Per quanto possa avere senso, come sempre, generalizzare su questi argomenti.
E nemmeno nel caso di Psiche86 è valido... niente, ognuno ha la sua testa, i suoi problemi.. spiacente di non avere rispecchiato il vostro modo di pensare (cioè spiacente, amen ) , io penso così...
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28-05-2010, 19:40
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#10
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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Quote:
Originariamente inviata da Labocania
Non riuscirò mai a convincermi che la solitudine possa diventare un scelta di vita appagante.
Anche se potessi passare il resto della mia vita in una casa in una foresta meravigliosa ed inacessibile, avendo a disposizione tutto ciò che desidero in fatto di libri, musica, cibo etc. sono sicuro che dopo un po' mi sentirei l'uomo più infelice della terra.
Siamo animali sociali, che ci piaccia o no, non possiamo sfuggire alla nostra natura.
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Si e no. Gli uomini sono molto diversi l'uno dall'altro... molto ma molto
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28-05-2010, 20:03
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#11
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Esperto
Qui dal: Apr 2009
Ubicazione: Campania
Messaggi: 646
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Quote:
Originariamente inviata da Iason
... allora la tua è semplicemente un'altra storia, ma il mio discorso secondo me resta abbastanza valido, non nel tuo caso ma in generale. Per quanto possa avere senso, come sempre, generalizzare su questi argomenti.
E nemmeno nel caso di Psiche86 è valido... niente, ognuno ha la sua testa, i suoi problemi.. spiacente di non avere rispecchiato il vostro modo di pensare (cioè spiacente, amen ) , io penso così...
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Ma infatti mi sembra che le tue considerazioni possano avere una logica, solo che non è applicabile a tutti.
E ci mancherebbe che non la si pensi in maniera diversa
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28-05-2010, 20:30
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#12
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Banned
Qui dal: Apr 2010
Ubicazione: In Hell
Messaggi: 772
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Quote:
Originariamente inviata da Iason
Hmm. Si ci sono dei punti intelligenti.
Io però adesso ad esempio mi sento bene da solo il sabato sera e col fatto di non avere una ragazza... cioè non ho dei leggeri fastidi o dei però a riguardo. E ti assicuro che sono sincero con me stesso su questo argomento. A volte me li creo, ma perchè è il condizionamento sociale, sono i modelli ad indurmeli.
Io non nego che uno possa cambiare, anzi sono d'accordo che tutti cambiamo e tanto anche, ma io nego che uno possa cambiare quando vuole lui in base a dei bisogni. Io credo che in base ai bisogni che uno ha, un uomo possa cambiare la realtà, le cose intorno, e tanto anche; ma una cosa non può cambiare, e cioè se stesso. Io cambio, non posso cambiarmi. Quindi torniamo al discorso di "accettarsi", secondo me, come esigenza primaria da anteporre ad ogni bisogno sfrenato di socializzazione o altro.
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ma come fai a capire che sono i modelli sociali a indurti i fastidi?
io per esempio ho capito che volevo fare quelle cose perche`, ripensandoci, mi sono reso conto che rifiutavo le persone e le uscite non perche` non mi andava di fare certe cose ma per PAURA di fare certe cose.
secondo me piu` che accettarsi il punto e` anzitutto capirsi.
io credo che la realta` sia semplicemente il risultato del modo che ha una persona di percepire cio` che lo circonda. Se io cambio, cambia anche la realta`. Se io non cambio, la realta` non cambia. Noi tutti utilizziamo una specie di lente per analizzare tutto, basandoci sul nostro vissuto, sulle nostre emozioni, ecc... Se io - a causa di varie esperienze di vita - cambio, allora la realta` cambia di conseguenza. E non credo sia un questione di volonta`, almeno non la maggior parte delle volte. A volte succede e basta. E a quel punto sarebbe sbagliato pensare: "ah, c'e` qualcosa che non va, sono cambiato" e quindi cercare di "raddrizzare la rotta".
Invece bisognerebbe cercare di capirsi e accettarsi anche in questa nuova luce, cercando cio` che ci soddisfa ORA anche se cio` fosse decisamente discordante con quello che prima ci rendeva felici.
Per farla breve: la penso in maniera diametralmente opposta rispetto a te
Aggiungo che e` per discussioni come queste che vale la pena rimanere in questo forum
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28-05-2010, 21:01
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#13
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: Lombardia
Messaggi: 3,345
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Bravo Iason, ottima analisi
Quote:
Originariamente inviata da Iason
E non é neanche vero che bisogna capire "chi siamo", non e vero che bisogna avere "il controllo della nostra vita", né di "noi stessi": basta non cercare di essere chi non siamo, non cercare di prendere un controllo, sulla nostra vita o su noi stessi, che semplicemente non esiste.
Scusate la sbroccata off topic, ma spero che serva a qualcuno, e se non serve a nessuno a me serve di sicuro ciao
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Si, non dobbiamo capire chi siamo, ma dobbiamo semplicemente conoscerci (il "conosci te stesso" degli antichi ), senza giudicarci in base a criteri stabiliti da altri... prenderne atto e basta; essere consapevoli dei nostri limiti, analizzarli e rendersi conto se alcuni di questi possono essere annullati, oppure accettati come parte inevitabile di noi e della nostra natura personale.
Io stesso, anni fa, mi ero reso conto improvvisamente di poter superare un mio limite (uno dei tanti), un ostacolo che credevo insormontabile... eppure, in me avevo ritrovato un'enorme energia, una forza interiore, una sicurezza mai provata prima (avevo solo 16 anni) ... sapevo che avrei avuto successo, non potevo fallire, talmente ero sicuro... e infatti, dopo un anno, avevo raggiunto gli obiettivi prefissati (i cambiamenti li notavano anche gli altri), e mi risollevavo da una situazione davvero critica che mi avrebbe portato chissà dove
Questo per ribadire che la mia non è "accettazione passiva".... combatto se sento che vale la pena di combattere per qualcosa... o l'accetto se AL MOMENTO non vedo vie d'uscita / soluzioni.
Quote:
Originariamente inviata da Iason
Io non nego che uno possa cambiare, anzi sono d'accordo che tutti cambiamo e tanto anche, ma io nego che uno possa cambiare quando vuole lui in base a dei bisogni. Io credo che in base ai bisogni che uno ha, un uomo possa cambiare la realtà, le cose intorno, e tanto anche; ma una cosa non può cambiare, e cioè se stesso. Io cambio, non posso cambiarmi. Quindi torniamo al discorso di "accettarsi", secondo me, come esigenza primaria da anteporre ad ogni bisogno sfrenato di socializzazione o altro.
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Verissimo.
Come già scritto nel thread di presentazione, i cambiamenti interiori purtroppo non avvengono (se avvengono) a comando o per volontà... ma raramente e all'improvviso, per destino.
Ciao
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Ultima modifica di Stasüdedòs; 28-05-2010 a 21:10.
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28-05-2010, 22:03
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#14
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: Milano
Messaggi: 605
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Io non riesco a camminare per strada mi si irrigidiscono le gambe, non so dove guardare, mi tuffo nell'auto o dietro la porta di casa e prendo respiro, non riesco a salire su mezzi pubblici, entrare in un supermercato o grande magazzino. Certo non esco ma soffro immensamente perchè la distrazione da se stessi alleggerisce la vita, ci si dimentica di tante fisse che solo la prolungata solitudine rende ossessive, ci si dimentica di tutte le cose brutte che possono capitare nella vita. Certo il mio "rifugio" è sicuro ma è "una fortezza vuota". Non riesco proprio ad accettarmi così... temo che gli altri vedendomi mi classifichino come una ridicola o peggio malata di mente. Penso ci sia veramente in natura una "selezione naturale" devo aver capito che non sono fatta per stare al mondo e mi autoescludo. Scusate lo sfogo, ma è proprio dura!
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28-05-2010, 22:47
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#15
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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Quote:
Originariamente inviata da Essere_Inutile
ma come fai a capire che sono i modelli sociali a indurti i fastidi?
io per esempio ho capito che volevo fare quelle cose perche`, ripensandoci, mi sono reso conto che rifiutavo le persone e le uscite non perche` non mi andava di fare certe cose ma per PAURA di fare certe cose.
secondo me piu` che accettarsi il punto e` anzitutto capirsi.
io credo che la realta` sia semplicemente il risultato del modo che ha una persona di percepire cio` che lo circonda. Se io cambio, cambia anche la realta`. Se io non cambio, la realta` non cambia. Noi tutti utilizziamo una specie di lente per analizzare tutto, basandoci sul nostro vissuto, sulle nostre emozioni, ecc... Se io - a causa di varie esperienze di vita - cambio, allora la realta` cambia di conseguenza. E non credo sia un questione di volonta`, almeno non la maggior parte delle volte. A volte succede e basta. E a quel punto sarebbe sbagliato pensare: "ah, c'e` qualcosa che non va, sono cambiato" e quindi cercare di "raddrizzare la rotta".
Invece bisognerebbe cercare di capirsi e accettarsi anche in questa nuova luce, cercando cio` che ci soddisfa ORA anche se cio` fosse decisamente discordante con quello che prima ci rendeva felici.
Per farla breve: la penso in maniera diametralmente opposta rispetto a te
Aggiungo che e` per discussioni come queste che vale la pena rimanere in questo forum
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Grazie e ricambio.
Hmm guarda, forse non siamo poi così diametralmente opposti nella visione delle cose. Magari lo siamo più per il rapporto che abbiamo con noi stessi e con le cose, ma credo che dipenda più da come siamo fondamentalmente, che dalla visione diversa della nostra esistenza.
Il modo in cui CREDO (effettivamente non si può esserne certi, anche alla luce di quello che ti sto per dire tra qualche riga) di sapere l'influenza che hanno su di me i modelli esterni a riguardo, è un mix di autopsicanalisi anche la mia, di autoanalisi "dinamica" (vedo che tende ad insorgere quando ho avuto una "scintilla" di società, quasi sempre dai media) e del mio vissuto e di come sono o credo di essere fatto (nonostante la mia chiusura - e forse anche per questo sono così chiuso) sono sempre stato molto sensibile all'ambiente esterno, al fuori-da-me, e anche all' "io-fuori-da-me", come giustamente lo chiami tu, cioè non solo ai vari feedback, ma anche alla differenza tra come sono e come sono con gli altri, eccetera. Quindi in questo senso so per certo che "gli altri", o ciò che percepisco come "altri", ha una importanza ed una influenza su di me. Tra l'altro anche io come Stasudedos sto benissimo in mezzo alla natura, che è senz'altro il mio ambiente: questo perchè mi permette di essere in una realtà semplice ma complessa, in cui i feedback sono istintivi o elementari ma molto vari, in cui l' "io-fuori-da-me" è immediato, ma di una varietà e complessità che appaga una curiosità ed una voglia di vivere che forse hanno una radice in comune con una (sincera, e non indotta? ma forse anche con quella indotta, va') voglia di socializzare.
Poi il tuo discorso sulla realtà e su come sia un concetto mediato da noi stessi è molto profondo e molto vero. E in questo non si può negare l'importanza che ha il cambiamento prospettico (il nostro cambiamento) sulla realtà stessa. Però, c'è un però. Nel momento in cui ci analizziamo, e vogliamo capirci come dici tu, lo facciamo usando la stessa lente con cui vediamo la realtà e noi stessi. Usiamo gli stessi parametri, e quindi è ovvio che il mio "sono" sarà sempre diverso dal mio "vorrei essere", se sto usando dei parametri e una lente che non sono adeguati a quello che è la mia natura.
E questo mi riporterà inesorabilmente ad una situazione di gap non solo tra quello che sono (sempre visto attraverso la lente, nota bene) e quello che vorrei essere (immaginato attraverso la lente), ma anche tra quello che mi fa stare bene (in termini invece senza lente) e quello che vorrei che mi facesse stare bene (con la lente).
Non so se mi sono spiegato, ma il mio punto di vista è che credo sia meglio non pensare a quello che vorremmo essere a seconda di come vediamo la realtà, ma viceversa a come vorremmo la realtà fosse a seconda di ciò che siamo. E tu giustamente mi dici, ma come facciamo a sapere ciò che siamo, se usiamo la lente anche per vedere quello, come tutto il resto? E io ti direi che credo che sia un istintivo seguire quello che ti fa stare bene. Certo con un buon margine magari di piccoli cambiamenti, di diversificazione delle attività (manco fossimo gestori di fondi), di tentativi in una direzione o in un'altra: non è mai statica la cosa, è dinamica, proprio per evitare quello che dici tu, e cioè trovarsi cambiati, con la lente sbagliata, e pensare di essere sbagliati noi.
Riassumendo praticamente (sempre secondo me eh, e nota bene che lo dico a te come lo dico a me):
- cercare di non fare pensieri su come siamo, nè su come vorremmo essere: è vero che bisogna conoscersi, nel senso però pratico, ma già il tuo "capirsi" mi sa un po' di teorico, di arrovellamento, di eccessivo spazio per il dibattito interiore... ma magari no eh
- cercare di essere naturali in ogni situazione e se non lo si è, mettersi in testa che non è vero che non lo si è stati, ma che noi siamo naturali così! O almeno, in quel momento lo eravamo! Questo potrebbe essere importante, se non ti/vi va bene discutetemelo
- fare piccoli cambiamenti, tentativi, modifiche, se ci sentiamo a disagio con le cose per come sono. Entro certi limiti, a piccoli passi: è vero come dicevi tu che bisogna raddrizzare la rotta (anche se dal mio punto di vista va fatto sì, ma senza guardare la rotta stessa che vorremmo seguire, nè noi stessi come ci sembra che la seguiamo, per il discorso-lente-che-distorce-anche-la-percezione-delle-cose-e-anche-quella-che-abbiamo-di-noi), ma non bisogna neanche perdere la bussola, snaturarsi, sottoporsi a stress farsi venire le ansie eccetera.
- ovviamente accettarsi, accettare i limiti, distinguere bene dai bisogni veri da quelli che potrebbero essere indotti perchè per quelli la soluzione è sempre spegnere la tv / evitare certi siti (facebooooooook..)
- volersi sostanzialmente bene (butto in mezzo anche questo, che secondo me è un punto importantissimo in ogni situazione, anche se qui non c'entra )
e poi, infine, e parlo soprattutto per me e della mia particolare "malleabilità", almeno psicologica più che comportamentale, a quello che è il modello esterno... direi che bisogna anche imparare a dire di no. A tirare su muri dove serve, a non guardare che fanno gli altri e se lo vediamo a rimanerne il più possibile distaccati, prima di vedere e pensare "ecco, io vorrei essere così e così", anche se ne sentiamo il bisogno, tenendo sempre presente che non si può puntare il dito su un catalogo e dire "questo", ognuno ha una psiche con cui fare i conti
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28-05-2010, 23:04
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#16
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Avanzato
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Originariamente inviata da Stasüdedòs
Bravo Iason, ottima analisi
Si, non dobbiamo capire chi siamo, ma dobbiamo semplicemente conoscerci (il "conosci te stesso" degli antichi, senza giudicarci in base a criteri stabiliti da altri... prenderne atto e basta; essere consapevoli dei nostri limiti, analizzarli e rendersi conto se alcuni di questi possono essere annullati, oppure accettati come parte inevitabile di noi e della nostra natura personale.
Io stesso, anni fa, mi ero reso conto improvvisamente di poter superare un mio limite (uno dei tanti), un ostacolo che credevo insormontabile... eppure, in me avevo ritrovato un'enorme energia, una forza interiore, una sicurezza mai provata prima (avevo solo 16 anni) ... sapevo che avrei avuto successo, non potevo fallire, talmente ero sicuro... e infatti, dopo un anno, avevo raggiunto gli obiettivi prefissati (i cambiamenti li notavano anche gli altri), e mi risollevavo da una situazione davvero critica che mi avrebbe portato chissà dove
Questo per ribadire che la mia non è "accettazione passiva".... combatto se sento che vale la pena di combattere per qualcosa... o l'accetto se AL MOMENTO non vedo vie d'uscita / soluzioni.
Verissimo.
Come già scritto nel thread di presentazione, i cambiamenti interiori purtroppo non avvengono (se avvengono) a comando o per volontà... ma raramente e all'improvviso, per destino.
Ciao
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Esatto, lo ghnozi sèautòn! Un altro classico vedo eheh...
Siamo d'accordo, evidentemente abbiamo un modo di percepire le cose affine.
Direi che il tuo approccio (lotta per cambiare/accettazione) è un modello molto valido, nel quale mi rivedo anche, purchè sia condotto - correggimi se sbaglio ma per me è così - sia con la necessaria serenità sugli esiti, e sia con un altrettanto necessario "slancio sufficiente", il necessario "entusiasmo" (che viene da solo, in realtà, non va cercato - sempre per il discorso che anche tu mi confermi dei cambiamenti interiori che avvengono e basta).
Infatti la realtà a volte è sorprendente come la si possa cambiare con la forza di volontà, la costanza o anche solo con un impegno intellettuale, almeno per me a volte lo è stato; ma noi direttamente, non ci si smuove neanche con le cannonate!
O meglio, nel lungo periodo. Perchè nel breve esistono delle tecniche di auto-condizionamento alcune trovate da solo altre lette qua e là, che su di me hanno spesso dato qualche effetto... sempre nel breve o brevissimo periodo, quindi l'utilità è dubbia alla fin fine. Una volta ne ho scritta una in un thread in questo forum e per poco non ne sono uscito insultato!
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28-05-2010, 23:20
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#17
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
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Originariamente inviata da Susy
Io non riesco a camminare per strada mi si irrigidiscono le gambe, non so dove guardare, mi tuffo nell'auto o dietro la porta di casa e prendo respiro, non riesco a salire su mezzi pubblici, entrare in un supermercato o grande magazzino. Certo non esco ma soffro immensamente perchè la distrazione da se stessi alleggerisce la vita, ci si dimentica di tante fisse che solo la prolungata solitudine rende ossessive, ci si dimentica di tutte le cose brutte che possono capitare nella vita. Certo il mio "rifugio" è sicuro ma è "una fortezza vuota". Non riesco proprio ad accettarmi così... temo che gli altri vedendomi mi classifichino come una ridicola o peggio malata di mente. Penso ci sia veramente in natura una "selezione naturale" devo aver capito che non sono fatta per stare al mondo e mi autoescludo. Scusate lo sfogo, ma è proprio dura!
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E questa situazione non è facile.
Io ad esempio riesco (ancora? no dai, non credo sia un processo degenerativo) a dissimulare sicurezza quando non ne ho, al limite a sembrare brusco o scortese piuttosto che insicuro, diretto piuttosto che impacciato, stupido o nervoso piuttosto che imbarazzato. Almeno credo, però sai cosa? Alla fine, anche se al momento magari mi sbalza il cuore in petto o mi viene male non so nemmeno bene perchè, riesco a dirmi quasi subito "ma che te ne frega", e ammetto che è un enorme vantaggio, senza non so come farei. Credo che dipenda proprio dallo stare bene con se stessi, dall'avere una fortezza come la chiami tu non vuota ma piena, di volersi bene - che attenzione non è nè provare pietà per se stessi, compassione; nè stima, apprezzamento: per come lo intendo io, è un amore senza passione, è una "cura". Ovviamente prevede di accettarsi a pieno e tutta una serie di cose... Io fossi in te, cioè se mi pigliassero sintomi così "forti" ed invadenti, penso che cercherei sia di fare quanto ho appena scritto, cioè come ridimensionare la cosa rispetto a me stesso... riempirei un po' quella fortezza... e farei delle piccole cose, sistematiche, per abituarmi agli stress sociali ma senza esagerare. Già riuscire a non rinunciare a una passeggiata, a stare seduto da qualche parte dove c'è tanta gente a leggere, sarebbe tanto. Non prendere farmaci per farlo anche. E poi cercherei di non pensarci troppo, di non ingigantire la cosa, ma piuttosto cercherei di concentrarmi sul contorno (appunto, riempire la fortezza: hobby, piccoli piaceri, anche cose impegnative su cui scaricarsi, ad esempio mettersi a studiare qualcosa, per dire la prima cosa che mi è venuta in mente) Tu cosa stai facendo adesso come adesso?
PS. ma si te lo dico, sperando che non te la prenda a male ma mi viene in mente questo modo di dire che ho sentito da qualche parte e che nel tuo caso è più che mai calzante: "se non riesci ad uscire dal tunnel, arredalo" ok ho sdrammatizzato
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28-05-2010, 23:35
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#18
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: Nervenleben.
Messaggi: 2,959
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Ultima modifica di Dedalus; 23-01-2011 a 14:57.
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29-05-2010, 00:15
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#19
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Esperto
Qui dal: Nov 2008
Ubicazione: Jupiter and Beyond the Infinite
Messaggi: 19,230
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Quote:
Originariamente inviata da Essere_Inutile
Aggiungo che e` per discussioni come queste che vale la pena rimanere in questo forum
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Ma dai, non dirlo neppure per scherzo, sono le discussioni sull'importanza dell'aspetto fisico o sull'opportunità di lapidare le donne la vera anima di questo forum.
EDIT io li ho letti tutti i papielli
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29-05-2010, 01:22
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#20
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Ubicazione: in genere, sono in Europa
Messaggi: 339
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L'uomo, acquisendo coscienza può superare l'angoscia solo recuperando il nesso fondamentale che lo lega all'essere. La "Cura" è questo compito dell'uomo che, in quanto esserci, cioè in quanto progetto calato nell'esistenza, deve custodire e rivelare l'essere.
La "Cura" è la condizione autentica dell'essere umano, in quanto progetto totalizzante dell'esserci, condizione iniettiva, contrapposta ad una condizione inautentica, deiettiva, caratterizzata dalla chiacchiera, dalla curiosità e dall'equivoco come modo di svolgere le occupazioni della vita quotidiana.
Certo quello di Heidegger è un discorso un tantino più ampio ma un pochino c'entra, in fondo.
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