--- NON QUOTARE ---
Io rimango dell'idea che il d. di p. evitante ha una componente razionale molto più forte della f. sociale, nel senso che, mente il sociofobico ha semplicemente paura di certe cose, l'evitante trova spiegazioni razionali per cui dovrebbe evitare le stesse cose. La differenza si ferma qui, perché, alla fine, i sintomi sono praticamente identici: sia il sociofobico sia l'evitante stanno lontani dagli stessi luoghi, evitano le stesse situazioni e sperimentano la stessa quantità d'ansia (che può sfociare in attacchi di panico), quando affrontano le proprie paure.
Per quanto mi riguarda, le mie paure sono:
- quella d'essere abbandonato, ossia il terrore che le persone con cui ho stretto legami di qualunque tipo spariscano senza spiegazioni;
- quella di non poter uscire vittorioso da un confronto;
- quella d'incontrare persone nuove — quando non riesco ad evitarlo reagisco chiudendomi a riccio e, di conseguenza, preferisco frequentare sempre gli stessi posti e le stesse persone;
- il terrore che qualunque cosa dirò potrebbe essere usata per deridermi o peggio, che raggiunge l'apice quando devo manifestare apertamente un mio sentimento.
Quando non posso evitare, vado in modalità fight-or-fly (combatti-o-scappa), ossia reagisco arrabbiandomi, diventando diffidente/aggressivo o scappando virtualmente (chiudendomi a riccio, somatizzando o andando nel panico).
Uno degli "strumenti" che uso per proteggermi è l'amore per le teorie, la forma, le regole e le procedure.
Ovviamente, data la mia età, ho imparato a nascondere bene gran parte delle mie paure, il che mi fa spesso sembrare più rilassato di quanto sono (ma la pago cara con le somatizzazioni).
In genere, all'aumentare della confidenza con una persona le mie paure diminuiscono.
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