EMILY DICKINSON
Poetessa tra le più grandi dell'Ottocento americano
Nacque il 10 dicembre 1830 ad Amherst (Massachusetts), in un piccolo centro di religione e cultura puritana, da una agiata e prestigiosa famiglia borghese. Ricevette dalla famiglia un'educazione piuttosto libera e completa per la sua epoca. I suoi studi non furono regolari. Dal 1840 al 1847 frequentò la Amherst Academy e, successivamente s'iscrisse alle scuole superiori di South Hadley, che abbandonò dopo aver compiuto il suo primo gesto eretico, il rifiuto a professarsi pubblicamente "cristiana". A casa continuò i propri studi da autodidatta, orientata nelle letture anche da Benjamin Newton, assistente del padre, con il quale resterà in seguito in corrispondenza. Trascorse l'intera esistenza nella casa paterna, confinandosi negli ultimi anni nella propria stanza in un isolamento volontario. Non uscì di camera neppure per il funerale del padre, facendo rare apparizioni in casa o nel parco e comunicando con lettere passate sotto la porta. Per venticinque anni scelse la clausura che fu il regno della sua libertà. Scrivere lettere fu un'attività fondamentale per la poetessa, un modo intimo per entrare in contatto con il mondo.
La vita di Emily non ebbe grandi eventi esteriori, pochi i viaggi, i suoi rapporti si svilupparono soprattutto con i parenti, i suoi maestri, gli amici del padre e del fratello.
Nel 1852 conobbe Susan Gilbert, con la quale strinse un forte legame, testimoniato da importanti lettere. Ebbe rapporti di amicizia con lo scrittore e filosofo trascendalista Ralph Waldo Emerson, Samuel Bowles, direttore dello "Sprinfield Daily Republican" e Kate Anton Scott.
Il suo primo grande amore fu il reverendo Charles Wadsworth, un uomo sposato, un amore infelice.
Ciò che forse contribuì a spingerla sulla via della sublimazione poetica.
La casa dei Dickinson fu il centro della vita culturale del piccolo paese, uno stimolo continuo all'intelligenza di Emily, che in questo periodo incominciò a raccogliere segretamente i propri versi in fascicoletti.
Intorno al 1860 esplose la sua poesia, immersa nella contemplazione della natura, nella meditazione dei grandi temi biblici, nello studio dei testi preferiti: Shakespeare, i metafisici, Keats, Browning, Emerson, Elizabeth Barrett, Emily Bronte.
Nel 1862 inviò quattro poesie, per un giudizio letterario, a Thomas Higginson, critico dell"Atlantic Monthly", che riconobbe in lei grandi doti espressive.
Tra il 1864 ed il 1865 trascorse alcuni mesi a Cambridge (Massachusetts), ospite delle cugine Norcross, per curare una malattia agli occhi. In lei va maturando la decisione di autorecludersi, diminuì i contatti umani e superficiali, mantenne la corrispondenza con amici ed estimatori, e continuò a scrivere poesie. Probabilmente l'isolamento volontario fu una sua scelta, dettata dal bisogno assoluto di introspezione, di profonda concentrazione in se stessa, di consacrare la sua anima alla poesia.
Non le interessò pubblicare ma esprimersi per liberare le profonde emozioni che, pur vivendo in assoluta reclusione, sentiva in profondità. Chiudendo la porta della sua camera Emily si aprì all'infinito dell'universo "Alle mie spalle Eternità sprofonda ed immortalità davanti a me Io sul confine."
Godette la solitudine come "condizione preziosa"
Iniziò un periodo duro, gravi lutti comparvero nella sua vita: muoiono il padre e l'amato Bowles, la madre si ammalò gravemente. Fortunatamente verso la fine del 1879 s'innamorò di Otis Lord, un anziano giudice, vedovo, amico del padre. Però ritornarono le tragedie: la morte della madre, dell'amatissimo nipote Gilbert e del giudice Lord nel 1884.
Emily si ammalò, si spense il 15 maggio 1886 nella casa di Amherst.
E' considerata tra i maggiori lirici del 19° secolo.
Scrisse 1775 poesie, solo sette furono pubblicate durante la sua vita.
Silenziosa, riservata, intelligente, acuta, chiusa nella sua camera, diversa da tutte le poetesse americane del romanticismo, non solo rivoluzionò lo stile e il linguaggio del poeta, ma anche il ruolo e l'identità del suo essere donna. La sua prima lotta fu contro la Chiesa (subordinazione religiosa); la seconda contro il padre che la vuole figlia sottomessa (subordinazione patriarcale); la terza fu per l'autonomia affettiva, "una donna non può essere se stessa solo attraverso il matrimonio".
Sottraendosi dal mondo nella sua stanza, diventa padrona del suo tempo, senza credo religioso, senza le schiavitù dell'amore, guarda liberamente la sua vita interiore. La sua scelta di autoreclusione è intesa come un gesto di "autodeterminazione", legata ad un rischio mortale, quello dell'autocancellazione, del silenzio. Si rinchiude per pensare, per scrivere, per produrre versi che non pubblica in vita ma che nasconde.
La sua poesia è limpida, ricercata, sottile, ribelle, rifiuta l'ortografia. "I nomi delle cose, degli avverbi, innalzati con la maiuscola, si sostantivano a un livello più alto, si fanno entità archetipiche, dei. L'esperienza, l'emozione, diventano eterne, l'oggetto , universale. L'osservazione è contemplazione, il dato esperienziale vissuto come sacro" ...
Durante tutta la sua vita e nella sua opera letteraria sono sempre presenti il tema della natura e quello della solitudine: le corrispondenze tra gli eventi naturali e quelli dello spirito risuonano in continuazione nelle parole della sua poesia e nelle sue lettere.
Nei suoi versi si riflette, nonostante l'isolamento fisico della scrittrice, il dramma intellettuale e morale del nord America del suo tempo. La Nuova Inghilterra viveva un momento di grande effervescenza spirituale e culturale, alla base della quale c'era lo spirito puritano, tormentato, introspettivo.