Ok, penso che molti di voi leggendo ciò che scriverò avranno la tentazione di chiamare un'ambulanza, ma vengo da 3/4 giorni psicologicamente positivi e vorrei capitalizzare questo momento (almeno parlando di modalità di pensiero, all'azione penserò poi
), pur rimanendo cosciente che è probabile non duri e che il mio destino di barbonaggio sotto i ponti attualmente rimane la possibilità più credibile.
Qualche premessa fondamentale: da qualche anno ho cominciato un percorso di auto-analisi (per un paio d'anni con l'ausilio di un terapeuta del quale non mi posso più avvalere causa difficoltà economiche) che mi ha convinto che quando si parla di fobia sociale, timidezza, DEP o problemi simili, il minimo comun denominatore si chiama
giudizio degli altri.
Inoltre, causa frequentazione forzata (di cui non spiegherò i motivi per questione di privacy) con persone molto diverse da me e fra loro, ho notato un elemento comune: tutti o la stragrande maggioranza della gente è soggetta alla paura del giudizio degli altri. Insomma, le persone totalmente immuni da questo "tarlo" sono rare.
Dov'è la differenza fra "noi" (e con noi intendo semplicemente chi si sente di appartenere a questa categoria, a vostra totale discrezione) e gli "altri"?
Ovviamente il grado e l'ambito in cui questa paura si manifesta, e la relativa influenza che ha nel complesso nella vita di ciascun singolo. Ci sono persone che la vivono invalidante in tutti gli ambiti della propria esistenza, persone che la percepiscono tale solo in determinati ambiti e persone per i quali la paura di "ciò che può pensare la gente" è normale gestione, quasi un non-problema: certe cose poco importanti vengono evitate, mentre per certe altre più importanti, per le quali vale la pena, avviene inconsciamente uno "sforzo psicologico" (magari minimo) che permette di superarla.
Vengo al punto: ben poche, delle persone "timide" o "normali" che mi capita di frequentare, si rendono conto che rinunciare a certe cose (anche stupide) per la paura del giudizio altrui è un problema. Perchè, in effetti,
per loro non lo è. E' una necessità ancestrale (come mangiare, bere, dormire) di cui non ci rende conto, il che di conseguenza impedisce di cogliere un punto fondamentale:
è una necessità ormai totalmente inutile.
Quando la vita non viene intaccata (o solo in minima parte) dalla paura del giudizio altrui, le persone tendono a non considerarla: vivono lo stesso, provano a realizzarsi e realizzare i propri progetti, alcune volte ci riescono altre no, ma sempre senza la consapevolezza che tutte le proprie scelte e azioni sono influenzate in misura maggiore o minore da questo timore.
La fobia sociale e i suoi simili, nella loro spietatezza, hanno il pregio di portare in superficie questa consapevolezza: io sono convinto (non so se a torno o a ragione, ditemi voi che ne pensate) che riuscendo (con un duro lavoro e una buona dose di consapevolezza, me ne rendo conto) a scrollarsi questo mostro dalle spalle si possa riuscire a vivere una vita più realizzata nel vero senso della parola (ovvero: più in contatto con i propri reali desideri scremati degli input negativi provenienti dall'esterno), rispetto alla maggior parte delle persone che non si sono mai trovate di fronte al problema.
Questo sempre che ci si riesca prima di crepare, ovviamente.