Eccomi qua.
Credo sia la prima volta che scrivo in uno spazio dove ho la certezza di essere compreso da qualcuno (non tutti immagino). Quando si arriva al punto di voler essere capiti da degli sconosciuti significa che si è arrivati alla frutta, o no?
Passo alle formalità: sono un ragazzo di 24 anni laureato lo scorso anno ad una triennale scientifica. Soffro di un disturbo evitante della personalità che mi impedisce di trovarmi bene in contesti sociali, che sia un'uscita con un paio di amici o un pranzo in famiglia. Per evitare di incorrere in qualsivoglia tipo di giudizio ho inconsciamente maturato l'attitudine a controllare ogni singolo movimento del mio corpo, anche a come tenere una posata a tavola. Di fatto sono davvero poche le persone che mi hanno visto mangiare. In cinque anni di scuola superiore sarà capitato tre o quattro volte nell'ultimo anno (con tutti pronti intorno ad immortalare l'evento straordinario con delle foto e battutine varie). Per questo dall'esterno appaio come una persona estremamente calma e precisa, comportamento in netto contrasto con il chaos che alberga nella testa
Durante il periodo scolastico non sono mai riuscito ad approfondire un qualsivoglia tipo di relazione, non ne ero capace come non lo sono tuttora. Mi sono fermato a pensare molto su quale potesse essere la causa e la risposta che mi sono dato è che la scuola stessa e il contesto familiare abbiano giocato un ruolo di rilievo. In fondo è risaputo che i disturbi di personalità il più delle volte affondano le loro radici nell'infanzia, per questo ho pensato di dover rintracciare la causa andando il più indietro possibile con la memoria (purtroppo delle elementari ho pochi ricordi, dell'asilo ancor meno). Quando frequentavo le scuole medie ero un tipetto spensierato, con ogni probabilità uno dei meno capaci della classe. Al tempo stesso mio fratello un anno e mezzo più grande era riempito di complimenti data la sua attitudine all'apprensione. Ricordo che mi sforzai per prendere voti buoni anche io ma non c'era niente da fare. Lo studio non faceva per me
Alcuni professori mi facevano pesare la cosa e le scene di pianto erano all'ordine della settimana. Così stanchi delle mie "lacrime da coccodrillo" hanno finito con il lasciarmi singhiozzare mentre proseguivano la correzione dei compiti. In questo modo penso abbiano contribuito a farmi sentire un incompreso, visto che semplicemente si ignoravano le richieste di aiuto che manifestavo col pianto. Con l'inizio delle superiori invece mi sono fermamente ripromesso che non avrei più pianto e che mi sarei dato da fare. L'idea di perdere tempo a stringere nuove amicizie non mi è passata per la mente dal momento che gli elementi della classe (prettamente maschile) in cui mi sono ritrovato non mi ispiravano per niente simpatia, non che quelli delle altre classi fossero più invitanti. E qui tralascio "cose" che mi hanno messo in una situazione di inferiorità rispetto ai coetanei maschi e che vivo tutt'oggi. Ad ogni modo ho sempre sognato stringerne una, ma non mi sono mai sentito veramente all'altezza di essere considerato importante per qualcuno che non fossi io stesso. Così sono finito col diventare amico di me stesso, accettando tutti i miei difetti (difficili anche solo da individuare se non si mette da parte l'ego, è stato un lavorone introspettivo non da poco). E ho capito che è la cosa giusta da fare, anche se stressante e forse senza un vero e proprio lieto fine. In un libricino che ho sfogliato qualche mese fa ho letto che le persone si avvalgono degli psicoterapeuti perché hanno paura di scoprirsi da sole per quello che sono e cosa le tormenti (libro scritto da uno psicoterapeuta). Sarà cosi?
---parte rimossa---
Sui motivi familiari non ho tanta voglia di approfondire, dico solo che siamo stati vittime di 5 traslochi per cause di forza maggiore (soldi), l'ultimo dei quali ci ha catapultati in un "economico" paese semi-sperduto di campagna. E prima abitavamo a Roma, io ci ho abitato per 20 anni esatti prima di questo cambiamento... Fanno da contorno lutti a raffica e parenti in cura farmacologica per stati depressivi, tra cui un genitore. Ad oggi la mia famiglia è praticamente distrutta, quelle poche volte che ci si vede per un pranzo (una all'anno se non di meno) si parla di medicinali e problemi vari, se si parla
Per concludere... Attualmente mi ritrovo a vivere una entusiasmante vita da disoccupato senza amici, per di più senza patente e macchina che al giorno d'oggi sono essenziali anche solo per lavorare in un bar. Tutto l'impegno che ho messo nello studio sacrificando quelli che dovrebbero essere i migliori anni della vita è andato probabilmente sprecato, quello che conta veramente per inserirsi in un contesto lavorativo sembra essere la conoscenza di persone. E per un evitante che non vuole averci molto a che fare è decisamente frustrante... C'è un probabile trasferimento all'estero a fine anno, la cosa mi agita parecchio e come al solito non so se sarò in grado di affrontarlo, ma credo che sarò costretto. Quindi ora passo le giornate a pensare come occuparle, per poi realizzare a fine giornata che ho trascorso tutte le ore a disposizione pensando a come occuparle
. Ho letto che un tema ricorrente tra i depressi della mia età è quello della situazione sentimentale. Ecco su questo mi dico fortunato. Non perché abbia avuto esperienze ma anzi per il motivo opposto. Non sono mai stato minimamente interessato a questo tipo di relazione. Non è tutto ma credo che possa bastare. Mi sono accorto un po' tardi che rispetto alle altre presentazioni mi sono dilungato troppo.
