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Vecchio 04-06-2008, 14:12   #1
Principiante
L'avatar di mondschein
 

Avete mai pensato che una buona parte delle vostre sofferenze sia dovuta al rifiuto di crescere, di diventare adulti e responsabili di voi stessi?
Per quel che riguarda me, ad esempio, quando guardo vecchie foto mi capita di provare la stranissima sensazione di sentirmi in colpa, specialmente nei confronti dei miei, come se avessi mancato al dovere di fermare il tempo e di continuare ad essere un tenero e fragile bambino, la gioia di mamma e papà.
Considerate che ho tre sorelle molto più grandi - quindi è come se fossi cresciuto con 4 madri - e che l'amore totalizzante della mia famiglia, che ha reso splendida la mia prima infanzia, ha finito per farmi vivere il naturale processo di crescita come una colpa da espiare, una sorta di tradimento.
Per questo motivo ho sempre cercato di ritardare le tappe della crescita, tappe che quasi tutti gli adolescenti si affannano invece a conquistare il più frettolosamente possibile. Spesso mi dicevo: "Non sono ancora pronto, è meglio aspettare", cercando all'esterno conferme e rassicurazioni che, invece, dovevo trovare nella mia interiorità.
E la perenne sensazione di inadeguatezza è sempre stata contemporaneamente causa ed effetto delle mie scelte di vita: causa poichè la mia convinzione di non essere mai pronto mi portava a non mettermi mai in gioco, conseguenza poichè la scelta di non vivere in prima persona e di guardare vivere gli altri mi rendeva sempre più inadeguato. Un circolo vizioso a voi tutti ben noto.
Da qualche tempo le cose sono un pò cambiate.
E' piuttosto difficile spiegarvi quello che ho provato negli anni dell'adolescenza, in futuro cercherò di fare meglio.

Che cosa pensate di questa specie di sindrome di Peter Pan, precoce
- poichè di solito si manifesta all'inizio dell'età adulta, e non in età preadolescenziale - e maledettamente subdola - poichè impedisce uno sviluppo armonioso della personalità -?
Sono curioso di leggere qualche parere.
P.S. Liberissimi di mandarmi a cagare.
P.S.2. Urbanamente però.
Vecchio 04-06-2008, 14:29   #2
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Originariamente inviata da mondschein
Avete mai pensato che una buona parte delle vostre sofferenze sia dovuta al rifiuto di crescere, di diventare adulti e responsabili di voi stessi?
Per quel che riguarda me, ad esempio, quando guardo vecchie foto mi capita di provare la stranissima sensazione di sentirmi in colpa, specialmente nei confronti dei miei, come se avessi mancato al dovere di fermare il tempo e di continuare ad essere un tenero e fragile bambino, la gioia di mamma e papà.
Considerate che ho tre sorelle molto più grandi - quindi è come se fossi cresciuto con 4 madri - e che l'amore totalizzante della mia famiglia, che ha reso splendida la mia prima infanzia, ha finito per farmi vivere il naturale processo di crescita come una colpa da espiare, una sorta di tradimento.
Per questo motivo ho sempre cercato di ritardare le tappe della crescita, tappe che quasi tutti gli adolescenti si affannano invece a conquistare il più frettolosamente possibile. Spesso mi dicevo: "Non sono ancora pronto, è meglio aspettare", cercando all'esterno conferme e rassicurazioni che, invece, dovevo trovare nella mia interiorità.
E la perenne sensazione di inadeguatezza è sempre stata contemporaneamente causa ed effetto delle mie scelte di vita: causa poichè la mia convinzione di non essere mai pronto mi portava a non mettermi mai in gioco, conseguenza poichè la scelta di non vivere in prima persona e di guardare vivere gli altri mi rendeva sempre più inadeguato. Un circolo vizioso a voi tutti ben noto.
Da qualche tempo le cose sono un pò cambiate.
E' piuttosto difficile spiegarvi quello che ho provato negli anni dell'adolescenza, in futuro cercherò di fare meglio.

Che cosa pensate di questa specie di sindrome di Peter Pan, precoce
- poichè di solito si manifesta all'inizio dell'età adulta, e non in età preadolescenziale - e maledettamente subdola - poichè impedisce uno sviluppo armonioso della personalità -?
Sono curioso di leggere qualche parere.
P.S. Liberissimi di mandarmi a cagare.
P.S.2. Urbanamente però.
visto che mi offri la possibilit: ma vai a quel paese tu e i tuoi viaggi mentali :lol: :P
Personalmente no...non mi sento il colpa...anzi il contrario: fino a 12-13 anni credo non avessi abbastanza testa per pensare (insomma cazzeggiavo come fa qualsiasi altro essere vivente a quell'età).
Da lì in poi mi è venuto uno spirito un po' ribelle e solitario, contro ogni tipo di sistema (anche familiare) di subordinazione...ergo direi che mi si è creato il sentimento quasi opposto: guardandomi ora da ragazzo cresciuto mi dispiace per non essermi reso conto delle mie stesse potenzialità prima dei 13-14-15 anni (ma quello è forse un limite fisiologico...fino a quell'età ancora non entri a pieno nelle tue capacità psicologiche).
Forse un minimo mi spiace perchè il mio animo alquanto anarchico effettivamente viene visto come offensivo anche per chi amo (in quanto purtroppo è cresciuto in una società e in un clima un po' bigotto), ma in colpa di certo non mi sento...il mondo è fatto per andare avanti...viviamo prima di tutto per noi stessi e per chi amiamo e per le nostre idee, la nostra testa e il nostro cuore.
L'unico dispiacere che ho guardando una foto (delle elementari,delle medie, dell'altra classe delle superiori, dell'annuario di quest'anno) è che mi sto rendendo conto che gli anni passano...passano i primi 20, presto passeranno altri 20 e nemmeno me ne sarò accorto e sarà passata una vita (sempre se fino ad allora campo)...mi spiace...da questo punto di vist ami spiace di non poter fermare il tempo...vorrei essere me stesso ora per l'eternità...ma questo non è possibile
Vecchio 04-06-2008, 14:30   #3
Esperto
 

Penso che non sia la semplice paura di crescere che capita a tutti prima o poi, ma sia acuita dal fatto di aver saltato diverse tappe, soprattutto quelle dell'adolescenza. Inconsciamente ci si rifiuta di passare oltre e di rinunciare a ciò che non s'è vissuto quando era il momento, anche perchè è proprio questo non vissuto che prepara a ciò che verrà poi. Bisogna conoscere ciò a cui si rinuncerà, per potervi rinunciare veramente.
Da adolescente non ho mai fatto tutte quelle cose che i miei coetanei facevano, alcune le ho recuperate dopo, ma non è la stessa cosa. Credo che il rinunciare a questa rincorsa sul passato, il riuscire a capire che è impossibile recuperare le cose perse perchè non siamo più le persone di allora, sia la risposta giusta. Sono ciò che sono anche in virtù di ciò che non sono stato, ma ciò che sono non mi va bene, e lo posso cambiare solo in direzione futura. Ho saltato certe tappe, non posso fare a meno di recuperarle in qualche modo, o di accettare ciò che c'è stato al loro posto come il prezzo da pagare per essere ciò che sono ora (qualcosa che mi piace).
Vecchio 04-06-2008, 14:44   #4
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Originariamente inviata da bardamu
Penso che non sia la semplice paura di crescere che capita a tutti prima o poi, ma sia acuita dal fatto di aver saltato diverse tappe, soprattutto quelle dell'adolescenza. Inconsciamente ci si rifiuta di passare oltre e di rinunciare a ciò che non s'è vissuto quando era il momento, anche perchè è proprio questo non vissuto che prepara a ciò che verrà poi. Bisogna conoscere ciò a cui si rinuncerà, per potervi rinunciare veramente.
Da adolescente non ho mai fatto tutte quelle cose che i miei coetanei facevano, alcune le ho recuperate dopo, ma non è la stessa cosa. Credo che il rinunciare a questa rincorsa sul passato, il riuscire a capire che è impossibile recuperare le cose perse perchè non siamo più le persone di allora, sia la risposta giusta. Sono ciò che sono anche in virtù di ciò che non sono stato, ma ciò che sono non mi va bene, e lo posso cambiare solo in direzione futura. Ho saltato certe tappe, non posso fare a meno di recuperarle in qualche modo, o di accettare ciò che c'è stato al loro posto come il prezzo da pagare per essere ciò che sono ora (qualcosa che mi piace).
Rifiutarsi di andare avanti perchè non si è soddisfatti della propria esperienza e di come è impostata la realtà, non è sempre una manifestazione di non voler crescere, ma anche dell'intuizione di una necessità logica di giustizia nella realtà, e dall'intuizione che se venisse a mancare questa proprietà nella realtà, la realtà non sarebbe degna di essere vissuta neanche per un secondo.
Se la necessità di giustizia non nasce, allora vale quello che dici tu (andare avanti facendosi una ragione di ciò che non si sente giusto), ma se l'intelletto matura l'intuizione di cui ti ho parlato, allora è diritto e dovere seguire una via più razionale e analitica
Vecchio 04-06-2008, 15:23   #5
Avanzato
 

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Originariamente inviata da HurryUp2
Se la necessità di giustizia non nasce, allora vale quello che dici tu (andare avanti facendosi una ragione di ciò che non si sente giusto), ma se l'intelletto matura l'intuizione di cui ti ho parlato, allora è diritto e dovere seguire una via più razionale e analitica
Non è esattamente farsene una ragione, si tratta di capire che io sono come sono in virtù del mio passato, fino all'istante precedente. Il fatto che mi ponga questi problemi o che provi gioia in altri momenti è frutto del mio passato. Non posso categorizzare gli avvenimenti del passato in benevoli e malevoli, perchè è dal dolore che nasce la consapevolezza, è dal negativo che nasce il positivo. La giustizia è legata inscindibilmente con l'ingiustizia.
E' una via analitica anche questa, non si tratta di accettare le cose in maniera inconsapevole.
Io non ho mancanza di esperienza, ho semplicemente un'esperienza diversa dalla maggior parte delle persone. Devo cavarne fuori il meglio, dato che non la posso più cambiare.
La domanda è: qual è il modo più giusto e sano di guardare al passato?
Vecchio 04-06-2008, 15:41   #6
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Originariamente inviata da bardamu2
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Originariamente inviata da HurryUp2
Se la necessità di giustizia non nasce, allora vale quello che dici tu (andare avanti facendosi una ragione di ciò che non si sente giusto), ma se l'intelletto matura l'intuizione di cui ti ho parlato, allora è diritto e dovere seguire una via più razionale e analitica
Non è esattamente farsene una ragione, si tratta di capire che io sono come sono in virtù del mio passato, fino all'istante precedente. Il fatto che mi ponga questi problemi o che provi gioia in altri momenti è frutto del mio passato. Non posso categorizzare gli avvenimenti del passato in benevoli e malevoli, perchè è dal dolore che nasce la consapevolezza, è dal negativo che nasce il positivo. La giustizia è legata inscindibilmente con l'ingiustizia.
E' una via analitica anche questa, non si tratta di accettare le cose in maniera inconsapevole.
Io non ho mancanza di esperienza, ho semplicemente un'esperienza diversa dalla maggior parte delle persone. Devo cavarne fuori il meglio, dato che non la posso più cambiare.
La domanda è: qual è il modo più giusto e sano di guardare al passato?
Io dico solo che tutto deve inserirsi in un quadro di giustizia completo, infatti, secondo me non è tanto grave l'ingiustizia (dato che parto dal presupposto che non può esistere come proprietà della realtà oggettiva), ma è grave il ritenere che esista.
In questo caso, quindi, è giusto interpretare le esperienze diverse da individuo a individuo come strade diverse, ognuno adatta all'individuo che la segue, per portarlo a una maturazione individuale.
Ma questa interpretazione non può portare alla conclusione che sia giusto che una persona che abbia certe necessità non possa soddisfarle per motivi a lui estranei: sarebbe come dire che è giusto che un genitore, per educare il suo figlio, lo costringa a rinunciare alle esperienze che vuole.
Quindi, anche se l'esperienza portasse, se accettata, a una maturazione interiore, questo fatto non renderebbe giusto un modello di realtà in cui alcuni possono soddisfare delle loro necessità e altri no: resterebbe appunto questo tassello fuori dal puzzle.
E dato che la realtà non può essere ingiusta, ne illogica (infatti non so se ti rendi conto della portata dell'ente di cui si sta parlando), ne consegue che ogni sviluppo logico di un'interpretazione che genera implicazioni in contraddizione con la proprietà della giustizia e/o della logica della realtà, debba essere un segnale di un'interpretazione sbagliata della realtà, e quindi da correggere.
Vecchio 04-06-2008, 15:51   #7
Intermedio
 

Io invece più che il rifiuto di crescere credo di avere paura di crescere: da un lato vorrei essere adulto e responsabile senza il bisogno di dipendere da nessuno, dall'altro ho una maledetta paura del mio breve prossimo futuro (mi chiedo sempre "chissà come sarò tra 5 anni o tra 10") ed è questo che mi porta a rifiutare rapporti coi miei coetanei e mi ha fatto diventare lo schifo che sono ora. Devo inoltre dire che questa mia paura penso si manifesti anche fisicamente, dal momento che a 20 anni mi ritrovo con il corpo di un ragazzino di 13-14 anni 8O
Vecchio 04-06-2008, 15:56   #8
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Originariamente inviata da gemini
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Originariamente inviata da bardamu2
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Originariamente inviata da HurryUp2
Se la necessità di giustizia non nasce, allora vale quello che dici tu (andare avanti facendosi una ragione di ciò che non si sente giusto), ma se l'intelletto matura l'intuizione di cui ti ho parlato, allora è diritto e dovere seguire una via più razionale e analitica
Non è esattamente farsene una ragione, si tratta di capire che io sono come sono in virtù del mio passato, fino all'istante precedente. Il fatto che mi ponga questi problemi o che provi gioia in altri momenti è frutto del mio passato. Non posso categorizzare gli avvenimenti del passato in benevoli e malevoli, perchè è dal dolore che nasce la consapevolezza, è dal negativo che nasce il positivo. La giustizia è legata inscindibilmente con l'ingiustizia.
E' una via analitica anche questa, non si tratta di accettare le cose in maniera inconsapevole.
Io non ho mancanza di esperienza, ho semplicemente un'esperienza diversa dalla maggior parte delle persone. Devo cavarne fuori il meglio, dato che non la posso più cambiare.
La domanda è: qual è il modo più giusto e sano di guardare al passato?
avete torto entrambi a prescindere :twisted:
Mi hai convinto!
Vecchio 04-06-2008, 16:20   #9
Avanzato
 

Quote:
Originariamente inviata da HurryUp2
Io dico solo che tutto deve inserirsi in un quadro di giustizia completo, infatti, secondo me non è tanto grave l'ingiustizia (dato che parto dal presupposto che non può esistere come proprietà della realtà oggettiva), ma è grave il ritenere che esista.
In questo caso, quindi, è giusto interpretare le esperienze diverse da individuo a individuo come strade diverse, ognuno adatta all'individuo che la segue, per portarlo a una maturazione individuale.
Ma questa interpretazione non può portare alla conclusione che sia giusto che una persona che abbia certe necessità non possa soddisfarle per motivi a lui estranei: sarebbe come dire che è giusto che un genitore, per educare il suo figlio, lo costringa a rinunciare alle esperienze che vuole.
Quindi, anche se l'esperienza portasse, se accettata, a una maturazione interiore, questo fatto non renderebbe giusto un modello di realtà in cui alcuni possono soddisfare delle loro necessità e altri no: resterebbe appunto questo tassello fuori dal puzzle.
E dato che la realtà non può essere ingiusta, ne illogica (infatti non so se ti rendi conto della portata dell'ente di cui si sta parlando), ne consegue che ogni sviluppo logico di un'interpretazione che genera implicazioni in contraddizione con la proprietà della giustizia e/o della logica della realtà, debba essere un segnale di un'interpretazione sbagliata della realtà, e quindi da correggere.
In un certo senso sono d'accordo, non aver fatto le normali esperienze dell'adolescenza ad un certo livello si può percepirlo come ingiustizia, ma è di un tipo insanabile, perchè il tempo non è reversibile, e soprattutto non possiamo stabilirne la reale entità, perchè ciò che siamo è il frutto di quell'ingiustizia. La tua consapevolezza oggi l'hai raggiunta anche grazie alle ingiustizie che hai subito in passato. Faresti a cambio con un te stesso che ha sofferto meno (quindi che presumibilmente ha sviluppato meno insicurezze) ma che è più inconsapevole della realtà che lo circonda?
Vecchio 04-06-2008, 16:34   #10
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
In un certo senso sono d'accordo, non aver fatto le normali esperienze dell'adolescenza ad un certo livello si può percepirlo come ingiustizia, ma è di un tipo insanabile, perchè il tempo non è reversibile
E' proprio qui che lo sviluppo logico di un'interpretazione in partenza corretta ti ha portato a una conclusione che contrasta con l'idea di giustizia assoluta: se uno sviluppo logico contrasta con questa idea, allora bisogna essere disposti a indirizzare lo sviluppo logico in campi che vanno addirittura al di la' dell'empirismo.
Per esempio, se empiricamente la logica induce a concludere che esista un'ingiustizia insanabile, vuol dire che ci sia un'induzione non empirica che mostri la naturale e logica risoluzione dell'ingiustizia, per esempio la possibilità di soddisfare quelle necessità in un'altra vita.
Il pensiero che la realtà ti dia a disposizione più vite per poter soddisfare le tue necessità, nel caso che tu non abbia la forza o l'intenzione di rinunciarci, è l'unico modo per salvaguardare l'attributo della giustizia della realtà.
Inoltre questa ipotesi è anche suffragata dai dati raccolti dalle regressioni ipnotiche e dalla medianità
Vecchio 04-06-2008, 18:46   #11
Intermedio
L'avatar di fuxxia82
 

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Originariamente inviata da mondschein
Avete mai pensato che una buona parte delle vostre sofferenze sia dovuta al rifiuto di crescere, di diventare adulti e responsabili di voi stessi?
si e sto cercando di guarire..
Vecchio 04-06-2008, 19:20   #12
Banned
 

io mi considero un piccolo peter pan.spesso ho voluto sembrare piu coglione di quanto fossi proprio perche non volevo crescere.in realta una parte di me voleva crescere per avere piu liberta ma laltra che odiava le responsabilita si rifiutava.
oggi mi ritrovo a 20 anni con un corpo di uno di 16 anni magari proprio per la paura di crescere o per tutto il tempo passato davanti ad un computer.le esperienze adolescenziali sono state poche e in futuro si faranno sentire ma ormai bisogna andare avanti.
il problema e che non so mai cosa cavolo fare,e quando prendo una decisione poi spesso mi accorgo che e sbagliata,ma non si puo sbagliare per tutta la vita.
se solo avessi coltivato interessi in adolescenza magari oggi avrei idee piu chiare,invece di davanti al computer ma ormai e andata. :roll: :!:
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