Ho trovato mooolto interessante questo articolo.
https://www.jpsychopathol.it/article/possibile-coinvolgimento-del-sistema-oppioide-nel-disturbo-ossessivo-compulsivo-e-relative-considerazioni-psicopatologiche/
Bellissimo questo pezzo
Un deficit del meccanismo di estinzione del condizionamento potrebbe essere ipotizzato anche nel DOC ove si nota frequentemente l�attivazione di tematiche e comportamenti ossessivo-compulsivi al primo contatto con uno stimolo che, da quel momento, è in grado di scatenare il fenomeno ossessivo come se si fosse stabilito un legame associativo immediato e, nello stesso tempo, non soggetto ad estinzione.
Più suggestiva appare l�ipotesi che lega il ruolo degli oppioidi nel DOC alla loro funzione nel sistema della ricompensa e della gratificazione.
È noto come il sistema oppioide sia essenziale nel modulare la percezione del piacere e, più correlabile alle problematiche del paziente con DOC, il meccanismo della gratificazione e del raggiungimento della soddisfazione.
Gli ossessivi sembrano non essere in grado di “registrare la ricompensa” (62), non tanto quella che segue ad una conquista o ad una impresa compiuta con successo, quanto quella, più banale, che accompagna una qualsiasi azione o pensiero compiuti, portati a termine. Normalmente, alla fine di una azione si prova un senso, più o meno vago, di soddisfazione, il quale segnala che l�azione è compiuta, che il suo risultato è soddisfacente, che la sequenza comportamentale può dirsi conclusa. Questo senso di soddisfazione è probabilmente quello che sottende un�altra sensazione fondamentale, quanto non sempre razionalizzabile: il senso di certezza, la convinzione di aver fatto e di aver fatto al meglio.
Il “self-doubt”, elemento psicopatologico essenziale che potrebbe essere considerato il cardine di tutta la complessa e variegata struttura ossessivo-compulsiva, potrebbe essere spiegato come un difetto dei meccanismi neuronali coinvolti nel “finire i pensieri” e nel “risolvere l�indecisione” (57). Il problema quindi riguarda non tanto il “ricordare” di aver compiuto o non compiuto una azione, ma la sicurezza di tale ricordo. La persona normale ha una serie di certezze preriflessive, fra le quali anche quelle che riguardano la rievocazione: il ricordo può essere più o meno nitido, ma comunque la certezza di esso, specialmente se riguarda una azione compiuta dal soggetto, è proporzionale al grado di nitidezza della rievocazione. Nell�ossessivo esisterebbe una dissociazione fra qualità del ricordo, perfettamente integro, e senso di certezza, inesistente. Il senso di certezza di un ricordo potrebbe derivare dall�aver sperimentato o meno il senso di compiutezza e di certezza al termine dell�azione. Si ricorderà come Janet (77) aveva posto il senso di incompiutezza come uno dei punti essenziali della psicopatologia ossessivo-compulsiva e come avesse denominato “estasi sublime” la rarissima evenienza in cui l�ossessivo, finalmente, raggiunge la sensazione di aver finito veramente una sequenza. L�incompiutezza è l�aspetto nucleare della dimensione del “just-right”, individuata da Rasmussen, insieme al “risk assessment” e al “pathological doubt”, come una delle strutture portanti della fenomenica ossessiva-compulsiva. Sarebbe in ossequio al “just-right” che l�ossessivo continua a compiere ritualisticamente una azione nell�attesa di averla portata a termine “nella maniera proprio giusta”.
Certamente gli ossessivi con la constatazione della fine hanno dei problemi: vedi la non accettazione della morte, del decadimento, del cambiamento in generale ogni volta che una cosa o uno stato finisce o minaccia di finire per dar luogo ad un altro, l�ossessivo entra in crisi. Evidentemente il concetto di fine non appartiene agli ossessivi e li sconcerta, perché non ne hanno esperienza.
Ad esempio il problema del “checker” potrebbe essere sintetizzato in una alterazione dei meccanismi che segnalano l�avvenuto espletamento o completamento di un compito, così come quello dello “washer”, che non riesce a sapere quando la sequenza dei lavaggi può essere considerata finita avendo essa raggiunto lo scopo ovvero avendo essa suscitato il senso di compiutezza, o dell�ossessivo che reitera all�infinito l�estenuante sequenza di ordine e pulizia. Che un tale tipo di ossessivo abbia dei problemi con la consapevolezza di aver terminato una sequenza comportamentale è testimoniato dal fatto che i pazienti con DOC sono costretti a porsi loro stessi dei limiti, come ad esempio prefissare il numero di volte che una serie di azioni deve essere compiuta, sostituendo così ciò che dovrebbe essere attinto da una sensazione emotiva con un termine prefissato in maniera scaramantica ed arbitraria.
In questo senso il sistema oppioide, così come è essenziale nei meccanismi di ricompensa e gratificazione, attraverso una azione di modulazione su altri sistemi neurotrasmettitoriali, dovrebbe sottendere l�acquisizione del senso di certezza e di completezza dei propri pensieri e delle proprie azioni che si traduce, nella sensazione di “va bene così”, “basta così”, così è “just-right”, così è “neat”, (termine inglese che condensa in una unica parola i significati di pulito, liscio, ordinato, netto).
Questo senso di certezza e di completezza è ben diverso dalla consapevolezza razionale, basata sul ragionamento che fa ritenere un nostro comportamento giusto o sbagliato, completo o incompleto, accettabile o inaccettabile. Quest�ultima è fondata su un processo che è assai simile a quello che adoperiamo nel valutare e giudicare la condotta altrui, dove il giudizio deriva da una serie di considerazioni svolte a livello razionale, le quali comunque non danno, se non nel delirante, una certezza. Non è certo di questa certezza razionale che l�ossessivo è carente: egli “sa” bene di aver fatto o non fatto una certa azione, e di averla fatta sufficientemente bene, ma non lo “sente”.
È a livello “emotivo” che si sviluppa l�altro senso di certezza e di completezza assai più rassicurante del primo; un senso quindi né razionale né esperienziale, che potremmo chiamare senso di certezza-sicurezza “emotiva”, il quale ha la finalità, attraverso la sensazione di gratificazione che l�accompagna, di porre fine alle sequenze comportamentali e nello stesso tempo arginare i sensi ed i dubbi di colpa, che, nell�ossessivo invece, permangono a sottendere gran parte del suo vissuto.