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Vecchio 03-01-2012, 20:05   #1
Esperto
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Anno vecchio vs anno nuovo: Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere!



Venditore
Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere
Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore
Si signore.
Passeggere
Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore
Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere
Come quest’anno passato?
Venditore
Più più assai.
Passeggere
Come quello di là?
Venditore
Più più, illustrissimo.
Passeggere
Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore
Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere
Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore
Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggere
A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore
Io? non saprei.
Passeggere
Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore
No in verità, illustrissimo.
Passeggere
E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore
Cotesto si sa.
Passeggere
Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore
Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere
Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore
Cotesto non vorrei.
Passeggere
Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore
Lo credo cotesto.
Passeggere
Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore
Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere
Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore
Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere
Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore
Appunto.
Passeggere
Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore
Speriamo.
Passeggere
Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore
Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere
Ecco trenta soldi.
Venditore
Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
Composto a Roma o Firenze nel 1832, Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere è una delle Operette morali più conosciute del poeta Giacomo Leopardi.
Un passeggere incontra casualmente un venditore d’almanacchi e lunari: la scena si svolge probabilmente lungo una strada o un crocevia, nel centro di una comune città.
È il dialogo tra il pensatore e l’uomo incolto. Le consuete riflessioni sull’irrimediabile infelicità umana, hanno in questo dialogo un tono pacato, quasi sereno.
Al venditore di calendari che gli offre la sua merce, un passeggere chiede se egli preveda un nuovo anno più lieto di quello passato. La risposta è affermativa; ma a una nuova domanda: “a quale degli anni che avete vissuti vorreste che somigliasse questo nuovo?” , il venditore si smarrisce ed è costretto ad ammettere, infine, che dovendo rivivere le stesse esperienze che ha vissuto, non tornerebbe indietro nel tempo.
Il carico di delusioni e disillusioni che tocca a ognuno di noi, è sempre più gravoso di quello delle gioie.
La conclusione è che la vita futura è attraente perché ce la fingiamo tale con l’immaginazione, proiettiamo speranze e aspettative.
L’uomo si mostra sempre scontento dell’anno passato e spera che l’anno venturo non somigli assolutamente a quello appena trascorso. Il desiderio di una vita migliore viene riposto, quindi, in un futuro sconosciuto e Leopardi sottolinea come questa sia solo una delle tante illusioni di cui l’uomo ha bisogno per sopravvivere.

Il concetto del dialogo è contenuto in questo passo dello Zibaldone:

nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l’ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti.

http://www.letteratu.it/2012/01/02/a...un-passeggere/

Ultima modifica di EdgarAllanPoe; 03-01-2012 a 20:07.
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