Salve a tutti, sono una ragazza di 23 anni e temo di soffrire di fobia sociale.
Fino a qualche tempo fa credevo si trattasse di una forte forma di timidezza, di insicurezza, ma guardandomi attorno e valutando la mia situazione ho avuto il sospetto che ci fosse qualcosa di più.
Ho iniziato a fare ricerche su internet, ho trovato informazioni sulla fobia sociale, ritrovando molti dei miei sintomi ed iniziando a non sentirmi più "l'unica"; un po' per caso ho anche fatto dei test e tutti hanno rilevato valori elevati di rischio.
Questa situazione si sta rivelando estremamente pesante, l'ansia e la paura hanno iniziato a dominare molti aspetti della mia vita, portandomi spesso a rimandare, evitare o a vivere male molte situazioni.
I miei giorni non riescono neanche a somigliare a quelli che vorrei e l'isolamento in cui mi sto rifugiando mi sta conducendo ad una solitudine crudele e limitante.
Mi chiedo soprattutto se potrò mai essere la persona che vorrei, un po' più sicura, capace di relazionarsi con gli altri senza timori e spontaneamente, di affrontare un esame, di incontrare il professore per la tesi, di stare in un bar, in un negozio o camminare per strada sentendomi a mio agio.
Mi rendo conto che tutto questo può apparire stupido al resto del mondo, quando mi è capitato di parlare con qualcuno di un mio problema e della mia incapacità di farvi fronte mi è stato detto: "non pensarci, fallo e basta!" ma non è così facile.
A volte riesco anche a portare a termine qualcosa che per me rappresenta un ostacolo, ma avviene in genere dopo molte pressioni esterne e lo scotto da pagare sono palpitazioni, tremori, vampate ed un'agitazione insostenibile.
Credo che la cosa più difficile sia far capire agli altri quanto siano sofferte per me cose che possono apparire banali.
Sono sempre stata timida ed ho avuto delle crisi durante la primissima adolescenza, da prima della classe sono diventata un'assenteista incallita.
Però al liceo la situazione non era così pesante, avevo diversi amici, riuscivo a relazionarmi in maniera più serena, ero attiva politicamente, mi sono addirittura candidata alle elezioni di istituto (anche se ricordo ancora con terrore il momento del discorso), coltivavo molti interessi, ormai quasi del tutto spenti.
La situazione è peggiorata fortemente all'università, dopo alcuni mesi mi sono ritrovata in una crisi "depressiva" che ha aumentato i miei disturbi ossessivi-compulsivi (di cui soffro in maniera incostante dall'infanzia) e mi ha "regalato" l'esperienza delle ossessioni pure. Dopo essere letteralmente scappata da un esame sono rimasta ferma per circa un anno. Ho seguito un percorso psicologico per circa un anno e mezzo, ma più passa il tempo più credo che questo sia servito più a modificare certi aspetti esterni da me (come certe situazioni familiari) che ad un vero e proprio lavoro interno.
Ad oggi mi ritrovo in una situazione molto simile a quella vissuta in passato, da quasi un anno mi manca una sola materia e la tesi ma rimando sempre sia la materia sia, soprattutto, la tesi.
Dopo infiniti patemi, sono riuscita ad incontrare il professore che si è mostrato entusiasta del mio progetto (il che mi ha paradossalmente agitata di più in seguito) ma dopo l'assenza di risposte ad alcune mail (mandate ad una certa distanza le une dalle altre ed anche qui, con sforzi sovraumani) non ho trovato il coraggio di "impormi" o di andare a cercarlo di presenza.
Così ogni volta che qualcuno mi chiede della tesi o se sono andata a parlare con il professore sento lo stomaco contorcersi, l'ansia salire alle stelle e la netta sensazione di essere in difetto.
La cosa è ancora più difficile per i miei genitori, soprattutto per mio padre, che è visibilmente preoccupato dalla situazione politica e sociale di questi anni e per il mio futuro, vorrebbe vedermi laureata al più presto e continua a dirmi che dovrei tirar fuori le unghia, imparare a sgomitare un po', perché questo mondo è quello che è. Hanno investito molto nella terapia psicologica e non vorrei dover dare loro un altro dolore, anzi, vorrei poterli ripagare nel migliore dei modi. Credo sia difficile capire perché una figlia con una media superiore al 29 (magari per la tendenza al perfezionismo dovuta ai doc, ci sarà pure qualche vantaggio!) faccia così tanta fatica, sono convinta che loro, così come altre persone a me vicine, pensino che io abbia tutte le carte in regola ma questo non mi è di alcuna consolazione, anzi, temo sempre di poter deludere queste aspettative da un momento all'altro, il che mi porta spesso ad evitare situazioni in cui mi debba mettere in gioco in prima persona.
Ho alcuni cari amici di lunga data con cui sto bene e mi sento a mio agio (anche se spesso mi trovo in difficoltà nel dire dei no e tendo a mostrarmi condiscendente), altri amici vivono, ahimé, ormai in altre città. Ma non sono più riuscita a conoscere nuove persone dopo l'insorgere di questi stati emotivi. Se c'è qualcuno con me con cui sto completamente a mio agio riesco a vivere meglio alcune situazioni (mangiare, andare per negozi, chiedere informazioni) ma se devo parlare con sconosciuti, soprattutto quelli che mi ispirano più "soggezione", la strada migliore che al momento conosco è un bicchiere di vino.
E poi tremo, tremo sempre, credo sia un problema fisiologico ma durante gli stati d'ansia la situazione diventa insostenibile ed imbarazzante. Ricordo episodi in cui non sono riuscita a sollevare un boccale di birra o a portare la sigaretta alla bocca o a firmare dopo un esame.
Ultimamente ho avuto la sensazione di avere delle extrasistoli e la sensazione di sentirmi spesso confusa, come se fossi ubriaca. Durante la visita la visita cardiologica non è emerso nulla ma il medico mi ha detto che è ansia. La cosa mi ha lasciata perplessa e mi ha anche un po' innervosita, ho sempre "riconosciuto" l'ansia quando si presentava. E' possibile che l'ansia manifesti dei sintomi senza rendersi conto che si tratta di ansia?
Da quando tutto questo è diventato così forte non riesco neanche a scrivere su facebook o su twitter o se proprio devo/me lo impongo, mi ritrovo fortemente in ansia. Tutto questo è assurdo, perché una persona che potrebbe avere tutte le porte aperte deve trovarsi ad auto-recludersi, ad auto-limitarsi?
Ho anche provato a cercare delle cause di questa mia condizione.
Ho sempre vissuto a stretto contatto con la malattia mentale per via di uno zio soggetto a crisi e in costante cura farmacologica che abita sotto casa mia e con cui ho trascorso la gran parte della mia infanzia (anche se da bambina la cosa mi veniva nascosta), sono andata in un istituto privato nel quale ho trascorso gli ultimi anni delle elementari essendo l'unica bambina della classe (venivo accorpata alle classi precedenti, ma non eravamo comunque più di quattro/cinque), la mia famiglia non ha mai frequentato amici ma pressocché esclusivamente parenti, mia madre è sempre stata molto protettiva, inoltre essendomi stata diagnosticata la celiachia a 18 mesi è sempre stata molto premurosa ed esageratamente attenta alla mia alimentazione, il che mi portava a non pochi disagi durante le feste o i pasti con i compagni e alla sensazione di sentirmi diversa, tanto che quando ho iniziato la mia "emancipazione" ho rinnegato e nascosto la malattia, iniziando anche ad infischiarmene della mia salute pur di rientrare in un concetto di normalità.
Bisogna rassegnarsi ad un cervello ormai formato o c'è la possibilità di cambiare, di ricominciare a vivere bene?
Ho un fratello più grande, non ha alcun rapporto sociale e non sembra interessato ad averne, ogni volta che ci penso mi si stringe il cuore, ha vissuto e sta vivendo la sua gioventù in completa solitudine, senza quasi mai uscire dalla sua stanza. Ai tempi ho provato a portarlo in una delle sedute familiari ma i suoi rifiuti e le sue reazioni sono state troppo forti ed ha smesso ben presto di venire con me e con i miei genitori.
Forse mi sono dilungata un po' troppo, eppure di cose da dire ce ne sarebbero ancora tante.
Vorrei soltanto trovare la possibilità di essere come vorrei, di vivere più serenamente, di agire senza avere paura.
Cosa posso fare? Da dove cominciare?