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18-02-2012, 16:29
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#21
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Intermedio
Qui dal: Nov 2010
Messaggi: 107
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Quote:
Originariamente inviata da Sampei80
Adesso passa il Liverani e si frega la ricetta
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All'inizio ci avevo pensato subito, ma poi mi son accorto che di fatto, senza nulla togliere agli sforzi di Hurryup, non ci sono grosse novità.
Gli "aspetti espressivi" sono riconducibili al concetto di assertività e quindi agli Anni '50 del secolo scorso. In particolare, J. Wolpe affermava che l'espressione di un comportamento interpersonale (adeguato e funzionale alla situazione) sarebbe stato capace di inibire gli stati ansiosi. Pertanto, il training assertivo rientra, laddove viene valutato il bisogno, tra le procedure della TCC per la cura della fobia sociale.
Per quanto riguarda riguarda i "pensieri disfunzionali" da diversi anni ha riscosso una certa attenzione tra le cosiddette terapia cognitive-comportamentali di terza generazione l' ACT (Acceptance and Commitment Therapy). Banalizzando molto, uno dei concetti chiavi di questo tipo di terapia è da una parte la presa di consapevolezza dei propri pensieri (più o meno irrazionali) e delle proprie emozioni e dall'altra l'impegno (in termini di problem solving) nel raggiungimento dei propri scopi e obiettivi personali. Di fatto, rispetto alla terapia cognitiva standard, la cosiddetta ristrutturazione cognitiva (modifica dei pensieri irrazionali) assume un ruolo a dir poco marginale.
Dott. Liverani
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18-02-2012, 16:31
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#22
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Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 2,896
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Ma se volessi cercare collaborazione nelle facoltà universitarie chi dovrebbe essere il mio referente? Dovrei entrare direttamente in un giro di studenti e parlare del mio progetto, scrivere a qualcuno, attaccare volantini alle bacheche (!)? Da dove posso cominciare?
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18-02-2012, 16:36
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#23
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Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 2,896
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Quote:
Originariamente inviata da Dott. Liverani
All'inizio ci avevo pensato subito, ma poi mi son accorto che di fatto, senza nulla togliere agli sforzi di Hurryup, non ci sono grosse novità.
Gli "aspetti espressivi" sono riconducibili al concetto di assertività e quindi agli Anni '50 del secolo scorso. In particolare, J. Wolpe affermava che l'espressione di un comportamento interpersonale (adeguato e funzionale alla situazione) sarebbe stato capace di inibire gli stati ansiosi. Pertanto, il training assertivo rientra, laddove viene valutato il bisogno, tra le procedure della TCC per la cura della fobia sociale.
Per quanto riguarda riguarda i "pensieri disfunzionali" da diversi anni ha riscosso una certa attenzione tra le cosiddette terapia cognitive-comportamentali di terza generazione l' ACT (Acceptance and Commitment Therapy). Banalizzando molto, uno dei concetti chiavi di questo tipo di terapia è da una parte la presa di consapevolezza dei propri pensieri (più o meno irrazionali) e delle proprie emozioni e dall'altra l'impegno (in termini di problem solving) nel raggiungimento dei propri scopi e obiettivi personali. Di fatto, rispetto alla terapia cognitiva standard, la cosiddetta ristrutturazione cognitiva (modifica dei pensieri irrazionali) assume un ruolo a dir poco marginale.
Dott. Liverani
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Dottore, lei ha letto la descrizione che le ho fatto della mia idea? Nei corsi di assertività da lei menzionati esiste tutto questo procedimento di grafici, strumenti matematici e metodo sperimentale empirico analogo al metodo scientifico? E fino a che punto si spingono questi grafici, se ci sono? Sono solo modelli di riferimento o strumenti applicativi veri e propri? Ho dei dubbi che il concetto di assertività e la cognitiva-comportamentale sia assimilabile alla mia idea, ho mostrato come c'è un diverso approccio nei confronti dei pensieri disfunzionali.
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18-02-2012, 19:59
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#24
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Intermedio
Qui dal: Nov 2010
Messaggi: 107
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Quote:
Originariamente inviata da HurryUp
Dottore, lei ha letto la descrizione che le ho fatto della mia idea? Nei corsi di assertività da lei menzionati esiste tutto questo procedimento di grafici, strumenti matematici e metodo sperimentale empirico analogo al metodo scientifico? E fino a che punto si spingono questi grafici, se ci sono? Sono solo modelli di riferimento o strumenti applicativi veri e propri? Ho dei dubbi che il concetto di assertività e la cognitiva-comportamentale sia assimilabile alla mia idea, ho mostrato come c'è un diverso approccio nei confronti dei pensieri disfunzionali.
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A dir la verità la matematica non è mai stata il mio forte ed è possibile che non abbia compreso nel dettaglio a quali procedimenti grafici e strumenti matematici lei alluda.
Nel corso di una TCC, molto frequentemente e in base alla necessità il paziente è invitato di volta in volta a prendere nota, compilando delle tabelle, tenendo un diario e compilando dei questionari per misurare l'intensità di alcuni sintomi, di comportamenti e pensieri oggetto de trattamento. Questo, oltre che aiutare la persona a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e dei propri comportamenti, risulta assai utile per avere dati abbastanza oggettivi, ad esempio, sulla situazione iniziale (base line) e successivamente sui successivi cambiamenti.
Per fortuna mia, a questo punto senza applicare formule matematiche troppo complesse (che magari non tutti i pazienti, come me, sarebbero in grado di fare), se necessario, è possibile confrontare anche graficamente i dati ottenuti, ad esempio, per confrontare i progressi fatti dopo 3 mesi.
Un esempio, parlando di comportamenti assertivi potrebbe riferirsi a quante volte la persona nell'arco dell'ultima settimana ha: salutato per primo una persona poco conosciuta, iniziato una conversazione, fatto un complimento, accettato un complimento, chiesto qualcosa che non sapeva, espresso la propria opinione e così via.
Lungi da me frenare il suo entusiasmo e se sbaglio le chiedo scusa in d'ora, ma ho l'impressione che altri l'abbiano preceduta nel mettere a punto gli strumenti di cui si è parlato, preoccupandosi di verificarne l'efficacia attraverso la ricerca scientifica.
Ciò non toglie, e al suo posto ne sarei fiero, che sia arrivato da solo ad intuire la validità di certe procedure e di certe conclusioni che spesso hanno richiesto anni di studi e ricerche per essere messe a punto e validate.
Dott. Liverani
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18-02-2012, 20:59
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#25
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Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 2,896
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Quote:
Originariamente inviata da Dott. Liverani
Lungi da me frenare il suo entusiasmo e se sbaglio le chiedo scusa in d'ora, ma ho l'impressione che altri l'abbiano preceduta nel mettere a punto gli strumenti di cui si è parlato, preoccupandosi di verificarne l'efficacia attraverso la ricerca scientifica.
Ciò non toglie, e al suo posto ne sarei fiero, che sia arrivato da solo ad intuire la validità di certe procedure e di certe conclusioni che spesso hanno richiesto anni di studi e ricerche per essere messe a punto e validate.
Dott. Liverani
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L'ho capito, la mia impressione è un po' diversa, quando leggo le descrizioni della TCC sento sempre qualcosa che stona con il metodo che io ho in mente, e penso che sarei deluso se io mi sottoponessi a una TCC proprio per queste differenze. Mi aspettavo che la TCC funzionasse nel modo che mi ha spiegato. La mia preoccupazione è che con il dualismo di ruoli terapeuta-paziente il ruolo di direttore della parte "teorica" della terapia spetti principalmente al terapeuta: il terapeuta deciderà come fare i questionari, il terapeuta proporrà piani di lavoro, e anche se il paziente fosse invitato ad avere un ruolo attivo si limiterebbe nel proporre le sue idee per una forma di rispetto verso il professionista, per non mortificarsi. La mia idea prevede che la terapia sia una tecnica razionale-analitica, che non prevede un ruolo del terapeuta e uno di paziente, ma di collaboratori alla pari che già conoscono in partenza il metodo da seguire e lo applicano, possono essere anche due sociofobici. Lo scopo di questo è anche rendere la tecnica più stimolante e entusiasmante, perchè risolvere un problema attraverso un lavoro orizzontale (collaborativo) per molti è più appagante ed efficace che farlo con un lavoro verticale (relazione di ruoli nella terapia CC). Ad esempio, un'indole INT J sarebbe più attratta dal mio tipo di terapia che dalla tradizionale TCC.
PS: e comunque, se la terapia cognitivo-comportamentale fosse nella sostanza identica alla terapia che ho descritto, dovrebbe spiegarmi questo fatto curioso:
come mai tutti gli utenti a cui negli anni di permanenza in questo forum ho espresso la mia idea pubblicamente non hanno esclamato "toh! Ma questa di cui parli non è altro che una versione della TCC che ho fatto!", ma, al contrario, l'hanno trovata come idea poco interessante per loro? Se fosse la stessa cosa, perchè reagiscono come se non lo fosse? I casi sono due: o il terapeuta cognitivo-comportamentale che hanno avuto non è stato abbastanza bravo a spiegargli in cosa consiste, o a verificare che non fossero distratti (e questo mi fa diffidare del livello di profonda analiticità a cui si spinge la terapia nella pratica), oppure che la mia idea è tutt'altra cosa dalla TCC.
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Ultima modifica di HurryUp; 18-02-2012 a 21:09.
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