Sotto riporto le parole con cui Cioran conclude "Al culmine della disperazione".
Interessante il passaggio in cui afferma "Ma per accedere a questa luce totale, all'estasi dell'assoluto splendore, al culmine e ai confini della beatitudine, smaterializzati dai raggi e purificati dalla serenità, occorre essere sfuggiti definitivamente alla dialettica della luce e delle tenebre".
Sfuggire alla dialettica luce-tenebre equivale a superare la dualità attraverso la quale viviamo l'esistenza e nella quale oscilliamo continuamente: bene-male, buono-cattivo, giusto-sbagliato e via dicendo.
E per fare ciò occorre un percorso che permetta di vedere questi aspetti che spesso mettiamo in opposizione come due facce della stessa moneta: se ne esiste una automaticamente esiste l'altra, e se vuoi la moneta ti becchi entrambe le facce.
Penso anch'io che l'unico vero amore, quello che può salvarti e darti la pace, sia quello che non ha nulla a che fare con il possesso e l'egoismo e l'illusione e la conseguente sofferenza, un amore che viene diretto verso l'esistenza e gli esseri che la abitano.
Il resto è solo una ricerca ossessiva del piacere personale, del proprio tornaconto, un falso amore, puro egoismo, che porterà solo sofferenza anche se all'inizio sembra che "sì questa volta ho trovato qualcuno/a e di sicuro durerà per sempre."
Alla stessa conclusione sono arrivati coloro che in occidente o in oriente, nel corso dei millenni, hanno indagato e ricercato qualche forma di verità.
Prima di morire, spero di raggiungerlo.
E ora lascio la parola a Cioran.
"La sola cosa che possa salvare l'uomo è l'amore. E se molti hanno finito per trasformare in banalità questa asserzione, è perché non hanno mai amato veramente. Aver voglia di piangere quando si pensa agli uomini, di amare tutto in un sentimento di suprema responsabilità, sentirsi invasi dalla melanconia al pensiero delle lacrime che ancora non si sono versate per gli uomini, ecco che cosa significa salvarsi attraverso l'amore, la sola fonte di speranza.
Per quanto combatta al culmine della disperazione, non vorrei né potrei rinunciare all'amore neppure se la disperazione e la tristezza oscurassero la fonte luminosa del mio essere, dislocata in chissà quali angoli remoti della mia esistenza.
In questo mondo ogni cosa può farmi cadere, tranne l'amore. E anche se al tuo amore si rispondesse con disprezzo o indifferenza, anche se tutti ti abbandonassero e la tua solitudine fosse senza appello, i raggi del tuo amore che non sono potuti penetrare negli altri per illuminarli o rendere la loro tenebra più misteriosa si rinfrangeranno per ritornare in te, perché nell'istante dell'ultimo abbandono il loro fulgore ti faccia luce e le loro vampe ti riscaldino. Allora le tenebre non saranno più un'attrazione irresistibile, e la visione della profondità smetterà di darti le vertigini.
Ma per accedere a questa luce totale, all'estasi dell'assoluto splendore, al culmine e ai confini della beatitudine, smaterializzati dai raggi e purificati dalla serenità, occorre essere sfuggiti definitivamente alla dialettica della luce e delle tenebre e pervenuti all'autonomia assoluta della prima parola.
Ma chi può essere capace di tanto amore?"