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Originariamente inviata da EMC
Per quanto riguarda l'esempio che fai su obesità o disturbi alimentari in genere, la tua riduzione non la condivido molto: esistono persone che nonostante dall'esterno non abbiano alcun tipo di feedback diretto, continuano ad avere comportamenti alimentari sconsiderati.
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Ma in questi casi sono comunque le persone stesse che devono dare un giudizio sulla questione, che siano "sconsiderati" chi dovrebbe deciderlo se non le persone stesse?
Ad esempio se una persona fuma, rischia di beccarsi il cancro, ma è una malattia fumare?
Che faccia male, perché poi questa condotta può portare ad ammalarsi davvero è chiaro, ma va considerata una malattia?
Io mica poi dico che devono arrivare a non averli questi comportamenti i fumatori, è proprio qua che si incista il problema...
A decidere in relazione a queste cose chi dovrebbe decidere se non i soggetti stessi?
Non è la medicina che può dirci se certe cose sono disagi, dobbiamo chiederlo alle persone stesse.
Se qualcosa nell'insieme è un disagio sono le persone stesse che devono dirlo e indicarlo, poi in base a questo si può vedere se esistono davvero delle cause specifiche a monte che lo producono, e solo poi si può parlare di cure vere e proprie di una malattia.
La scienza, quella pratica intesa come tecnica, ci dice al più solo come arrivare da A a B con questo o quel mezzo, non ci dice se è buono in qualche senso farlo e nemmeno chi dovrebbe far questo. Se inizia a cercare di dire queste cose senza chiederlo alle persone stesse sta iniziando a barare.
Ad esempio la scienza non può dirci che tipo di gorverno dovrebbe avere uno stato.
Se la medicina vuol sostituirsi a certe forme di giudizio umano di questo tipo allora a me risulta chiaro che quando cerca di far questo non è più una scienza. Sta usando e abusando di una forma di potere che non può essere giustificata da alcun fatto.
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Originariamente inviata da EMC
Sono stato a stretto contatto con una ragazza bulimica che aveva un corpo normalissimo, anzi, direi decisamente oltre i comuni canoni di bellezza esteriore, eppure aveva un rapporto con il cibo e con il suo corpo che le faceva passare le pene dell'inferno. Comportamenti che le condizionavano a catena e in maniera drastica la personalità, i rapporti con se stessa e con gli altri. E questo è indipendente da feedback diretti.
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Una cosa è dire che una persona si trova a disagio da sola, altra dire che il disagio "segue" perché le altre persone rispondono in certi modi nei confronti del suo comportamento.
La persona cosa giudica come disagevole? Le risposte sociali o il suo comportamento in sé?
Qua a seconda della risposta viene definito proprio un problema diverso.
Cioé "se io mi comporto in certi modi e gli altri mi mandano a quel paese ed io sto male perché mi hanno mandato a quel paese", questa situazione è ben diversa da quest'altra "mi comporto in certi modi e inizio a stare male direttamente indipendentemente da quel che ho attorno e da come rispondono le altre persone".
Se il disagio che proviamo ha a che fare con i rapporti con gli altri, non può essere più vero che i feedback non contano, perché se questi altri rispondessero diversamente non staremmo male.
Se una serie di sintomi un dato soggetto non li ritiene in sé un disagio, questo insieme di sintomi non può individuare alcuna malattia... Basta un solo soggetto come controesempio!
Se io sto male perché non posso camminare e non posso andare a passeggio, i feedback davvero non c'entrano nulla, ma nei casi che descrivi tu non possono non contare.
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Originariamente inviata da EMC
Il suo "cervello" le mandava quel segnale incessantemente e lei non aveva determinati filtri o determinati scudi per affrontare la situazione in modo lineare e corretto. Come suddetti scudi o filtri non li hanno coloro che hanno i più svariati problemi che si ripercuotono in maniera fisica sul proprio corpo. A volte è banalmente una questione di azione e reazione. Di chimica e di sostanze assenti o di troppo.
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Che il cervello manda segnali incessanti è vero in ogni caso (anche il mio e il tuo adesso lo stanno facendo), ora come si fa a decidere quali sono i segnali che rappresentano un disagio e necessitano di un filtro e quelli che non lo sono?
Semplice... Sono i singoli individui che danno queste attribuzioni!
Ma solo là dove davvero queste attribuzioni sono uniformi e non c'è nessuna eccezione in tutto il genere umano si può iniziare a parlare in modo ipotetico di malattie.
Adesso mi passano per la testa una serie di cose, per quale motivo non potrei dire che per me questi pensieri sono un disagio e devo liberarmene?
E' legittimo per me pensare e poi anche cercare di far questo e bloccare questo o quel segnale incessante che io ritengo disturbante in sé, ma non è legittimo estendere questa cosa a tutto il genere umano se non è vero che per tutti queste cose rappresentano in sé dei disagi.
Se questo è vero per la tua amica, non è detto però che lo sia per tutti.
Faccio un ultimo esempio. Se una persona timida inizia a provare disagio in sé nel pensarsi timida, ecco può essere vero questo, io non lo nego mica, assumiamo che sia vero in certi casi. Mettiamo questo da una parte.
Poi notiamo un'altra cosa, le persone timide in genere stanno male, e ammettiamo anche questo, è vero.
Ora arriva uno psichiatra o uno psicoterapeuta e dice di aver trovato la cura per queste malattie (mette in mezzo questo termine supponendo che la cosa sia assolutamente evidente) e la cura consiste nel fatto che viene trasformata l'identità della persona da timida in non timida...
Il sistema magari funziona, io mica dico poi che questa roba qua non esiste! Metto in discussione un'altra cosa... Ed ora mi spiego meglio.
Insomma viene osservato anche il cervello e tutto il resto e si vede pure che funziona questa cura e modifica certi assetti (alla fine qualcosa deve essere pur cambiato se si è riusciti a fare questa cosa).
Va bene per me dire semplicemente che un sistema funziona, quel che non va bene è affermare che quel sistema cura anche qualcosa che ha a che fare con me, ossia anche il mio disagio e quindi la mia malattia, perché secondo lo psichiatra poi io sarei affetto dallo stesso morbo!
Infatti che succede poi?
Il passo successivo è semplice, questa cosa qua cercheranno di imporla anche a me che sono timido e vivo in modo disagiato con l'argomento discutibile che la malattia è assolutamente evidente che è quella che hanno definito loro e la cura relativa a questa malattia quella che hanno elaborato e che io sono pure matto e coglione perché non accetto queste "evidenze scientifiche" qua.
Ma queste "evidenze scientifiche" in relazione a quest'altra cosa qua dove sono? Quel che è chiaro e che è stato verificato è che il sistema produce quell'effetto là, non che anche io desidero e voglio ottenerlo!
Che io e quell'altra persona troviamo disagianti esattamente le stesse ed identiche cose dove è stato verificato?
Abbiamo solo certe caratteristiche simili, solo questo è vero. Ed è vero che l'altra persona nell'usare quel sistema che modifica certe cose ha trovato qualcosa che la fa star meglio. Anche questo è vero.
Ma si continua ad argomentare in generale che si è individuata oggettivamente la malattia e che dovrei ritenere assolutamente preferibile anche io "guarire" così.
Viene perciò omesso un elemento importante.
Se io non provo disagio per il tratto caratteriale in sé ma solo per certe risposte sociali, quella cazzo di cura che hanno elaborato, cosa cura nel mio caso?
Anche essendo portatore di un disagio (perché le risposte sociali che mi disturbano continuano ad esserci se sono timido e non si è trovato ancora qualcosa che mi lasci tale e modifichi le risposte sociali) non è detto che debba riconoscere queste cose qua come cure e la malattia definita sopra come quella di cui sarei portatore perché magari non è la mia identità definita in questi modi qua (l'essere timido) il problema in sé per me.
Magari io vorrei mantenere questi tratti ed ottenere risposte sociali diverse...
Può essere vero che il mio cervello risponde allo stesso modo alla cosiddetta cura (così come sarebbe vero che se compiono un'operazione chirurgico-estetica sul mio corpo funziona comunque e produce anche risposte sociali diverse, mica lo nego) ma ancora non si è risolto il problema relativo a questo fatto:
io e quell'altra persona siamo portatori dello stesso morbo?
Perché se non siamo tutti noi unanimamente a riconoscere questi disagi come tali... Il morbo semplicemente non c'è... Manca la condizione base.
C'è un disagio, ossia una serie di caratteristiche da cui qualcuno vuol liberarsi, ma non una malattia, cioé una serie di sintomi causati da elementi specifici da cui vogliono o vorrebbero liberarsi tutti.
Ora o si conclude che io e quella persona non siamo portatrici della stessa malattia e necessitiamo perciò di cure diverse, e mi andrebbe anche bene, le cose quadrerebbero di nuovo, o si assume che né io né quella persona siamo malati e facciamo scelte opzionali simili a quelle in cui si ricorre alla chirurgia estetica, cosa che in fin dei conti funziona, io non ho messo in discussione questa cosa qua.
Queste sono le possibilità. Se la medicina invece vuole imporre cosa dovrei provare io come disagiante con delle prove statistiche senza venirlo a chiedere direttamente anche a me io cosa trovo disagiante in sé, vuol verificare un universale senza farci cadere dentro anche me che sono un oggetto di questo universale e questa operazione a me risulta evidente che è scorretta, se questo significa far parte degli antipsichiatri allora lo sono al mille per mille e trovo anche assolutamente corretto esser contro questi assunti di fondo che non sono stati verificati.
Se cerca di far questo di sicuro non è una scienza e va buttata a mare quando tenta di farlo, e io a mare la butto ogni qual volta cerca di fare questa cosa qua.