Per tutta la vita mi sono crucciato al pensiero di avere poca forza di volontà. Quando andavo a catechismo rivolsi a Dio parecchie preghiere a riguardo: invano.
Perché già ce l'avevo, solo che non sapevo come usarla. Non sapevo neanche di cosa si trattasse.
Qualche giorno fa ho fatto una riflessione che mi sento di condividere. Lungi da me il credere di aver esaurito l'argomento.
La forza di volontà, come comunemente intesa, è connessa al concetto di volontà, e quindi di libero arbitrio. Desideriamo qualcosa per scelta, e quindi ci facciamo forza per conseguire le azioni che ci porteranno a quel qualcosa. Così ci viene raccontato. E se non fosse così? Proviamo a eliminare la variabile "scelta" dall'equazione.
Otterremo un meccanismo, simile a un orologio meccanico, seppur quantitativamente assai più complesso. Neuroni scaricano il loro potenziale elettrico attraverso gli assoni, attivando altri neuroni, spazi presinaptici si riempiono o svuotano di questo o quel neurotrasmettitore che facilita il passaggio del segnale, e da miliardi di questi singoli "oggetti" emerge una serie di azioni.
E se la forza di volontà fosse tutto qui? Un comporre i propri "ingranaggi interni" in modo che il movimento produca un'azione coerente col desiderio?
Forse sarebbe allora più corretto parlare di "forze", al plurale. Colloquialmente al pensiero della forza di volontà viene per prima cosa in mente il concetto di sforzo, quindi di contrapposizione a una forza inerziale. E' per questo che il modello colloquiale di forza di volontà ha un funzionamento limitato. Più si spinge e più i meccanismi cerebrali di reazione diventano allenati a spingere in maniera uguale e opposta.
Un meccanismo leggermente più raffinato, ma sempre afferente al concetto occidentale di forza di volontà, è la leva. In fisica la leva è una macchina che reindirizza una forza, e in base al tipo può consentire un guadagno meccanico.
Analogamente, ottenere volontà facendosi leva consente di usare una forza ridotta per ottenere l'azione verso un obiettivo troppo faticoso da raggiungere semplicemente sforzandosi a spingere.
Potrei ad esempio aver bisogno di andare fuori a fare la spesa, e posso farmi leva motivazionale pensando a una leccornia che potrei comprarmi una volta al supermercato. Farmi forza per comprarmi pasta e pane è faticoso; farmela per comprarmi delle merendine molto meno.
Ma sempre di uno sforzo si abbisogna. Come è possibile invece, che alcune persone sembra riescano a svolgere ogni incombenza in maniera naturale e
fluida? Come mai sembrano instancabili, mentre per chiunque ha sperimentato una crisi di volontà risulta fatica estenuante anche il solo pensiero di lavarsi e vestirsi?
L'abitudine aiuta. Sforzarsi in continuazione su azioni ripetitive crea connessioni neurali che facilitano lo svolgimento di quel compito. Ad un certo punto diventa automatico farli. Ma è un metodo limitato ad azioni ripetitive, giornaliere. E quando subentra qualche incombenza nuova e/o complessa, ci è poco d'aiuto.
Sto invece ipotizzando che sia possibile, concatenando leve e segnali, costruirsi un sistema di "ingranaggi mentali" tali per cui a partire da un desiderio il processo di azione si verifichi in maniera fluida e spontanea.
Così come ad esempio è difficile, una volta iniziato a lavare i piatti, lasciarne alcuni sporchi (ormai si è nell'azione ed è più facile continuare che smettere), potrebbe aver senso creare un senso di continuità tale per cui l'azione sia sempre necessaria, fluida e scorrevole. A quel punto lo sforzo necessario per avviare il processo sarà solo iniziale ed esiguo, e tutto il resto potrebbe semplicemente accadere in reazione.