Mi chiedo se gran parte della nostra cronica tendenza all'inazione derivi dalla percezione che abbiamo del nostro tempo come infinito. Sappiamo che prima o poi moriremo, ma in fondo non ci crediamo mai veramente. Sappiamo che gli anni passano, ma quando ci accorgiamo che ne sono già trascorsi parecchi, ci consoliamo dicendoci che comunque ne restano sempre un bel po'.
Ogni giorno che passa è una concessione in più che facciamo a noi stessi, uno strappo alla regola.
Ogni giorno che verrà è quello decisivo.
Ogni giorno che viviamo è la colpa fra queste due storie.
EDIT: Ops, mi sa che ho postato nel topic sbagliato, era una risposta al topic "The last lecture". Redman, puoi spostarla per piacere?
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