Buondì a chi legge ...
Non è da molto che ho scoperto di avere qualche problemino nell’approcciarmi al prossimo. Oddio, non è che qualche sospetto non l’avessi …
Volendo dare un nome al suddetto problema, non saprei quale scegliere. Timidezza? Fobia Sociale? Disturbo evitante di personalità? Boh.
Non sono in grado di riprodurre la mia espressione quando, cercando risposte sul web, lessi le descrizioni e i sintomi di questi disturbi. In realtà, la prima reazione fu un riso isterico … mah
Qualunque sia il termine esatto per dirlo, il fatto è che non sono in grado di relazionarmi in modo spensierato con la gente.
Non lavoro, ergo non ho uno stipendio. Quindi non posso permettermi di andare da uno specialista, quantomeno per farmi dire cosa c’è che non va. Ma forse è solo una scusa per evitare di andare a raccontare a qualcuno i fatti miei. Si, deve essere così.
Inoltre soffro, direi non in forma grave, di disturbo ossessivo compulsivo.
Uno sguardo al passato …
Se volessi risalire all’esatto periodo nel quale sono iniziati i miei problemi, beh, dovrei tornare molto indietro con la memoria. Da che ricordo, non sono mai stato un bambino socievole: alle elementari legai con un solo compagno, tacevo sempre, durante l’intervallo rimanevo seduto al mio posto a disegnare\colorare. Al pomeriggio rimanevo rintanato in casa, a giocare da solo, a leggere fumetti, e di tanto in tanto mi giungevano all’orecchio gli strilli dei miei coetanei che giocavano sotto casa mia. Cosa avessero da urlare a quel modo, non riuscivo proprio a spiegarmelo.
Alle medie cambiò il contesto, le facce, ma io ero sempre lo stesso. Potrei copia-incollare le 6 righe precedenti.
Alle superiori, qualcosa cambiò … nell’arco dei cinque anni, iniziai ad aprirmi di più verso gli altri. Parlavo comunque molto poco: rimanevo fermo nella mia posizione nel cerchio dei miei compagni, ascoltavo i loro discorsi più o meno sensati, ma non intervenivo mai. Però in qualche sporadica situazione, quand’ero particolarmente ispirato, riuscivo a sostenere delle conversazioni con i compagni. Ma solo con uno alla volta. In ogni caso, al di fuori della scuola, non ho mai avuto alcuna relazione.
Dopo le superiori, mi sono iscritto all’Università. Sono in una classe da 250 crani, situazione molto diversa rispetto alla piccola classe-famiglia di 20 persone della scuola. I vicini di banco cambiano di giorno in giorno. Anzi, dalla mattina al pomeriggio. In mezzo a così tanta gente, chi vuoi che che faccia caso a quel piccoletto abbarbicato lassù, agli ultimi posti, che se ne sta sempre sulle sue?
Morale: da quando frequento l’università, non sono mai riuscito a fare conoscenza con alcuno.
Ora sono al secondo anno ed ho deciso di gettare la spugna con gli studi. Principalmente perché non riesco a conseguire gli obiettivi che mi sono posto, inoltre non mi piace quello che studio. Ma non escludo che le difficoltà nel relazionarmi in un contesto del genere possano aver influenzato la mia scelta. Ma è meglio che vada avanti, perché se dovessi scrivere tutto quello che mi passa per la testa sulla mia esperienza universitaria, non basterebbe una pagina del forum.
… e uno al presente.
Ora trascorro le mie giornate a casa davanti al computer, all’Università a studiare per quegli ultimi esami che voglio dare per scrupolo personale prima di mollare, e lungo la strada che collega casa con l’Uni.
Vivo in un piccolo paese, dove tutti conoscono tutti … e l’unico che non conosce nessuno sono io.
In realtà qualche conoscenza ce l’ho, ma non essendo in grado di coltivarle, nel tempo sono regredite al mero “Ciao” “Come va?” “ Tutto bene” “Ah, ok, alla prossima”.
In effetti, il mio unico vero amico pesa 5 chili, ha una folta pelliccia, lunghi baffi e due orecchie orientabili. Appartiene alla specie dei felini. È il solo essere vivente al quale non sono legato da vincoli di parentela, che non mi mette in difficoltà.
Parlando dei rapporti con l’altro sesso beh, si fa in fretta, non c’è nulla da dire. Con le ragazze mi trovo ancora più in difficoltà nel socializzare. E non mi stupisce, considerato che alle superiori ero in una classe di soli ragazzi e, come detto, erano loro le mie sole conoscenze.
Perché qui?
Ammetto che da diversi mesi seguo il forum dall’esterno. Mi sono sorpreso diverse volte a digitarne macchinalmente il titolo su Google. Forse non è carino dirlo, ma mi ha sollevato un po’ scoprire che c’è al mondo qualcuno che ha i miei stessi problemi. Con il quale, magari, confrontarsi. Finché si rimane nella caverna della propria mente e della propria solitudine, tutti i problemi sembrano insormontabili. Ora so che lì fuori c’è qualcun altro come me. Il prossimo passo è uscire all’aperto.
Chi è Claude Frollo?
Claude Frollo è l’antieroe del romanzo Notre-Dame de Paris, finito di leggere poco tempo fa. Gran bel libro! Ho scelto la sua frase più famosa come titolo per la presentazione. Questo individuo mi ha impressionato sin da subito. Premetto che essendo nato nei primi anni 90, da bambino (e non solo) ho visto e rivisto la versione animata della Disney, nella quale Frollo è dipinto come l’unico perfido antagonista. Quindi ho aperto il libro con questo preconcetto. In realtà ho scoperto che non è possibile
taggare Frollo come un puro malvagio. Il confine fra “cattivo” e “problematico”, nel suo caso, non è del tutto definito. Devo dire che mi ha fatto anche un po’ pena, poiché in diversi passaggi mi ci sono, per così dire, identificato. Non su tutto, eh!
Riporto parte della sua descrizione da Wikipedia:
Claude Frollo è rimasto orfano dei genitori a causa della peste, crescendo solo con suo fratello minore Jehan, a cui Claude vuole bene come un figlio, per poi studiare fino a diventare arcidiacono. Viene descritto con un lato molto compassionevole in quanto salvò Quasimodo quando, ancora in fasce, era esposto nella cesta dei trovatelli e rischiava di essere annegato dalle donne della città per la sua deformità. La sua età, come viene detto nel libro, è di circa 36 anni anche se sembra molto più vecchio a causa della sua quasi totale calvizie. Il suo aspetto e la sua irrazionale paura verso le donne contribuiscono al suo isolamento dalla società. La gente di Parigi crede che l'arcidiacono sia uno stregone e lo guarda con diffidenza [...]
Per il momento, avrei finito qui. Spero di non essermi dilungato troppo!
Bye
Claude