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18-01-2017, 02:03
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#1
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Esperto
Qui dal: Oct 2014
Messaggi: 3,384
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Mark Fisher (11 Giugno 1968 – 13 Gennaio 2017) morto suicida.
Ha sempre parlato apertamente della sua depressione, sia quando lavorava in fabbrica sia quando insegnava al college, tra i suoi scritti quello che segue è quello che mi ha colpito di più, parla di come la depressione moderna sia frutto di una sorta di oppressione di classe esercitata dai poteri "superiori" sulle classi più deboli, delle false promesse fatte dalla società come il sempreverde "puoi essere tutto quello che vuoi, se ci credi davvero" salvo poi incolpare i singoli e solamente i singoli dei loro fallimenti quando non riescono a perseguire la via della felicità.
Volevo sapere cosa ne pensate:
" Ho sofferto di depressione in modo intermittente da quando ero un adolescente. Alcuni di questi episodi sono stati fortemente debilitanti- con conseguente tendenza all’autolesionismo, a isolarmi (ho passato mesi e mesi nella mia stanza, uscendo solo per ritirare la posta o per acquistare un minimo di cibo necessario), e tempo trascorso in reparti psichiatrici. Non direi che sono guarito completamente, ma sono contento di notare che sia l’incidenza che la gravità degli episodi depressivi si sono notevolmente ridotti, negli ultimi anni. In parte, ciò è conseguenza dei cambiamenti nella mia vita, ma è anche il risultato di essere arrivato a una diversa comprensione della mia depressione e di ciò che la causa. Metto a disposizione le mie esperienze di disagio mentale non perché penso che rappresentino qualcosa di speciale o unico, ma perché molte forme di depressione possono essere meglio comprese – e meglio combattute – attraverso schemi che sono impersonali e politici, piuttosto che individuali e “psicologici”.
Scrivere della propria depressione non è facile. La depressione è in parte costituita da una beffarda voce “interiore” che ti accusa di auto-indulgenza – non sei depresso, stai solo cercando scuse per te stesso – e tale voce rischia di assumere maggiore importanza rendendo pubblica la propria condizione. Naturalmente, questo richiamo “interiore” è anche l’espressione interiorizzata delle forze sociali presenti, alcune delle quali hanno tutto l’interesse a negare qualsiasi collegamento tra la depressione e la politica.
La mia depressione è stata sempre collegata alla convinzione che ero letteralmente un buono a nulla. Ho trascorso la maggior parte della mia vita, almeno fino all’età di trent’anni, a credere che non avrei mai potuto lavorare. Intorno ai vent’anni mi sono barcamenato tra studi post-laurea, periodi di disoccupazione e lavori temporanei. Non ho sentito di appartenere ad alcuno di questi ruoli e contesti – non agli studi post-laurea, perché mi sentivo un dilettante che aveva in qualche modo simulato la possibilità di intraprendere quella strada, non ero uno studioso all’altezza del compito; né allo status di disoccupato, perché non ero realmente disoccupato, di quelli onestamente in cerca di un lavoro, ma piuttosto uno scansafatiche; né alle occupazioni temporanee, perché sentivo di svolgerle da incompetente, e in ogni caso non appartenevo davvero a questi lavori d’ufficio o di fabbrica, non perché mi sentivo “superiore” ad essi, ma – esattamente al contrario – perché ero eccessivamente educato e inutile, e perché rubavo il lavoro di qualcuno che ne aveva bisogno e lo meritava più di me.
Anche quando sono stato ricoverato in un reparto psichiatrico, mi dicevo che non ero veramente depresso – stavo solo fingendo di esserlo per evitare il lavoro, o nella logica infernale e paradossale della depressione, nascondevo il fatto di non essere in grado di lavorare, e che per me non c’era alcun posto nella società.
Quando alla fine ho cominciato a insegnare in un college, sono stato per un po’ euforico – ma la stessa natura di questa esagerata esultanza dimostrava che non mi ero scrollato di dosso quei sentimenti di inutilità che mi avrebbero infatti, presto, portato a ulteriori periodi di depressione. Mi mancava la fiducia di essere in grado di rivestire quel ruolo. A livello non troppo nascosto, evidentemente, non mi ritenevo il tipo di persona che avrebbe potuto svolgere un lavoro da insegnante.
Da dove derivano tali convinzioni? La scuola di pensiero dominante in psichiatria ne individua le origini nel malfunzionamento della chimica del cervello, un guasto che deve essere riparato con prodotti farmaceutici. La psicoanalisi e le forme di terapia notoriamente cercano le radici del disagio mentale nell’ambiente familiare, mentre la terapia cognitivo-comportamentale è meno interessata a localizzare la fonte del disagio ma punta a sostituirla con una serie di storie positive. Non è che questi schemi siano del tutto errati, è che non colgono – e non devono cogliere – la causa più probabile di tale sentimento di inferiorità: il potere sociale.
La forma che il potere sociale ha esercitato su di me è quella di un “potere di classe”, anche se, naturalmente, sesso, razza e altre forme di oppressione producono lo stesso senso di inferiorità ontologica: la quale è definita esattamente dal pensiero di cui sopra, ovvero che non si è il tipo di persona che può soddisfare il ruolo che viene destinato dal gruppo dominante.
Dietro stimolo di uno dei lettori del mio libro Capitalism Realism. Is there No Alternative? (Zero Book, 2009), ho iniziato a studiare il lavoro di David Smail. Smail – un terapeuta che, nella sua pratica, pone la questione del potere come centrale – ha confermato le ipotesi in merito alla depressione di cui soffrivo. Nel suo libro fondamentale (The Origins of Unhappiness, Robinson Book, 2001), Smail descrive come le “impronte” di classe siano concepite per essere indelebili. Per coloro che sono abituati sin dalla nascita a ritenersi inferiori, l’acquisizione di qualifiche o di ricchezza di rado sono sufficienti a cancellare – sia nella loro mente che nella mente degli altri – il senso primordiale della inutilità che li marchia a vita, sin dalle origini. Chiunque si muova fuori della sfera sociale cui è destinato è sempre in pericolo di essere soverchiato da sentimenti di vertigine, di panico e di paura:
“… isolato, tagliato fuori, circondato da uno spazio ostile, siete improvvisamente senza collegamenti, senza stabilità, senza nulla che vi sostenga; la vertiginosa, nauseante irrealtà prende possesso di voi; vi sentite minacciato da una totale perdita di identità, un senso di dolore assoluto; non avete il diritto di essere qui, ora, di abitare questo corpo, di essere vestito in questo modo; siete una nullità, “niente” è esattamente ciò che si sente di diventare”.
Una delle tattiche di maggior successo della classe dirigente è stata la “responsabilizzazione” del singolo individuo. Ogni singolo membro della classe subordinata è incoraggiato a credere che la sua povertà, la mancanza di opportunità, o la disoccupazione, sono colpa sua e solo sua. Gli individui incolpano se stessi, piuttosto che le strutture sociali. E in ogni caso sono indotti a credere in una realtà che non è. Ciò che Smail definisce il “volontarismo magico” – cioè la convinzione che ogni persona ha il potere di diventare ciò che vuole essere – è l’ideologia dominante e la religione non ufficiale della società capitalistica contemporanea, sostenuta sia da “esperti” dei reality televisivi che dai guru del business che dai politici. Il volontarismo magico è sia l’effetto che la causa del più basso livello di coscienza di classe che la storia ricordi. È l’altra faccia della depressione – la cui convinzione di fondo è che noi siamo gli unici responsabile della nostra miseria e perciò la meritiamo.
Un doppio legame vizioso del tutto particolare viene imposto ai disoccupati di lunga data nel Regno Unito: per tutta la vita è stato detto loro che sono dei “buoni a nulla” e allo stesso tempo possono fare qualsiasi cosa vogliano? Allo stesso modo è comprensibile l’accettazione fatalista delle politiche di austerità da parte della popolazione del Regno Unito: esito di una depressione collettiva deliberatamente coltivata dal potere. Questa depressione si manifesta nella convinzione (indotta) che la situazione peggiorerà (per tutti, eccettuata una piccola élite), che siamo fortunati ad avere un qualsiasi posto di lavoro (quindi non dobbiamo aspettarci, per esempio, una dinamica salariale che stia al passo con l’inflazione) e che non possiamo pretendere uno stato sociale pubblico e universale.
La depressione collettiva è il risultato del progetto di re-subordinazione messo in opera dalla classe dirigente contemporanea. Per qualche tempo, abbiamo accettato l’idea che non eravamo il tipo di persone che possono muoversi, agire. Non per una mancanza di volontà, ma perché la ricostruzione della coscienza di classe è un processo assai arduo, e la soluzione non può essere preconfezionata. Ma, a dispetto di ciò che la nostra depressione collettiva ci indica, si può fare. Inventare nuove forme di coinvolgimento politico, facendo rivivere istituzioni che sono diventate decadenti, convertendo la disaffezione individuale in rabbia politicizzata: tutto questo può accadere. E quando accade, chi lo sa che cosa può succedere?
Qui trovate il testo originale in inglese se lo preferite:
https://theoccupiedtimes.org/?p=12841
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Ultima modifica di Krieg; 18-01-2017 a 02:07.
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18-01-2017, 02:17
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#2
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,197
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Abbastanza agghiacciante...
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18-01-2017, 02:46
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#3
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Esperto
Qui dal: Feb 2014
Messaggi: 1,530
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Ricercare le possibili cause temo non possa servire a sistemare pensieri forgiati nella propria mente, come questo tipo:
Quote:
Originariamente inviata da Krieg
... perché rubavo il lavoro di qualcuno che ne aveva bisogno e lo meritava più di me.
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18-01-2017, 13:58
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#4
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,449
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Beh insomma se non è una dissonanza cognitiva il passare dal pensiero "sono un buono a nulla e sto rubando il lavoro a persone più competenti di me" al "la società cattivona e kapitalista vuole che ci sentiamo buoni a nulla così da poterci sfruttare", non so.
Per me è interessante notare come il percorso psicologico dell'autore vede un incistarsi del pensiero vittimista e autoassolutorio, fino alla conclusione finale di una mania persecutoria della società contro le povere anime belle e sensibili come lui.
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18-01-2017, 14:04
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#5
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Esperto
Qui dal: Oct 2014
Messaggi: 3,384
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Quote:
Originariamente inviata da _Diana_
Ricercare le possibili cause temo non possa servire a sistemare pensieri forgiati nella propria mente, come questo tipo:
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Quote:
Originariamente inviata da Marco.Russo
Beh insomma se non è una dissonanza cognitiva il passare dal pensiero "sono un buono a nulla e sto rubando il lavoro a persone più competenti di me" al "la società cattivona e kapitalista vuole che ci sentiamo buoni a nulla così da poterci sfruttare", non so.
Per me è interessante notare come il percorso psicologico dell'autore vede un incistarsi del pensiero vittimista e autoassolutorio, fino alla conclusione finale di una mania persecutoria della società contro le povere anime belle e sensibili come lui.
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Io però non la vedo così vittimista, anzi, lui è molto realista in quelle affermazioni.
È ovvio che un laureato possa ambire ad un pool di lavori più ampio no? Ad esempio, un laureato in lettere se ha la giusta resistenza fisica può fare il minatore E insegnare anche in una scuola. Cosa che non si può dire invece di chi ha sempre fatto solo il minatore, non potrà mai sostituire il laureato su una cattedra, quindi perchè andare a rubargli una possibilità?
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18-01-2017, 14:11
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#6
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,449
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Quote:
Originariamente inviata da Krieg
Io però non la vedo così vittimista, anzi, lui è molto realista in quelle affermazioni.
È ovvio che un laureato possa ambire ad un pool di lavori più ampio no? Ad esempio, un laureato in lettere se ha la giusta resistenza fisica può fare il minatore E insegnare anche in una scuola. Cosa che non si può dire invece di chi ha sempre fatto solo il minatore, non potrà mai sostituire il laureato su una cattedra, quindi perchè andare a rubargli una possibilità?
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Ok, ma quel che vuole fare il laureato non ha alcuna rilevanza? Perché dovrebbe contar di più quel che vuol fare il minatore?
Per non parlare di quel che vuole sia il proprietario della miniera sia il rettore della scuola.
Oh, per me il mondo è semplice: ciascuno dice cosa vuole, e ciascuno poi si trova in base a quanto vogliono anche gli altri.
Perché a me sarebbe piaciuto ad esempio fare il ballerino professionista, ma sono ancora un po' scoordinato rispetto alla media (non ho il talento naturale) e reggo poco la frustrazione derivante dall'insuccesso (non ho la motivazione per sviluppare il talento artificialmente). Quindi accetto che non farò mai il ballerino professionista.
Chiaro che se uno, alla domanda "cosa vuoi veramente dalla vita" non sa alzare la manina e dare una risposta, non può attendersi chissà che aiuto dalla società.
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18-01-2017, 14:36
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#7
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,197
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Quote:
Originariamente inviata da Marco.Russo
Perché a me sarebbe piaciuto ad esempio fare il ballerino professionista, ma sono ancora un po' scoordinato rispetto alla media (non ho il talento naturale) e reggo poco la frustrazione derivante dall'insuccesso (non ho la motivazione per sviluppare il talento artificialmente). Quindi accetto che non farò mai il ballerino professionista.
Chiaro che se uno, alla domanda "cosa vuoi veramente dalla vita" non sa alzare la manina e dare una risposta, non può attendersi chissà che aiuto dalla società.
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Che non lo puoi fare il ballerino per una serie di motivazioni d'insieme è chiaro,
il punto veramente controverso è questo... Lo scegli?
Posso fare un esempio un po' estremo, non è che una persona senza gambe sceglie di non fare il ballerino, o secondo te anche questa persona semplicemente sceglierebbe di non intraprendere questa carriera?
Così come è interdetta questo tipo di carriera per un tipo di persona, potrebbero esserne interdette altre per altri tipi di persone, mentre spesso passa il messaggio... "non riesci a fare la tal cosa, dunque sei tu che lo vuoi".
La distribuzione della responsabilità comunque secondo me è una questione morale e controversa, è una questione perciò anche politica.
Si sostiene che gli individui scelgano liberamente cosa essere però poi proprio non riesco a spiegarmi com'è che se cresci in certi ambienti e con certi mezzi a disposizione finisci con altissime probabilità in qualche giro malavitoso, magari pure morto ammazzato, se cresci altrove diventi tutt'altra persona.
Sicuro che sia il nucleo familiare a produrre tutte queste cose e non qualcosa di ben più vasto?
Una volta data la responsabilità ai singoli e i nuclei sociali più piccoli (i cattivoni son questi) e una volta riempite le galere dei vari Jean Valjean, a me sembra che la malavita si propaghi e persista comunque, quindi mi sembra che non siano così scorrette certe analisi in cui si sposta il focus del problema. Anche quando si è sgominata una banda, prende il potere del territorio un'altra banda.
Tutte queste persone se non campassero di delinquenza... Come dovrebbero campare? Si sosterrà di nuovo che possono scegliere liberamente loro, alzare il braccino e di fare altro, se solo volessero troverebbero un buon impiego... Ma se quelle braccia le hanno mozzate come diavolo dovrebbero alzarlo il braccino?
Il problema continuerà comunque a propagarsi e persistere secondo me se non lo si inquadra in termini sociali e politici ben più vasti. La maggior parte degli individui creano le loro possibilità e la società circostante in misura molto minore rispetto a come la società circostante crea e genera dei tipi di individui e certe possibilità per loro. Questo capita perché il potere non risulta egualmente distribuito tra tutti, le persone che detengono molti poteri sono quelle maggiormente responsabili di quel che abbiamo intorno, invece si cerca sempre di fare in modo che il potere risulti squilibrato e lo detengano davvero pochissime persone mentre la responsabilità poi la si vorrebbe distribuire equamente tra tutti, in maniera tale che chi deve pagare son sempre le stesse persone ed in una misura esagerata relativamente alla loro responsabilità e possibilità.
Nel testo riportato da Krieg c'era scritto questo...
"Una delle tattiche di maggior successo della classe dirigente è stata la “responsabilizzazione” del singolo individuo. Ogni singolo membro della classe subordinata è incoraggiato a credere che la sua povertà, la mancanza di opportunità, o la disoccupazione, sono colpa sua e solo sua. Gli individui incolpano se stessi, piuttosto che le strutture sociali. E in ogni caso sono indotti a credere in una realtà che non è. Ciò che Smail definisce il “volontarismo magico” – cioè la convinzione che ogni persona ha il potere di diventare ciò che vuole essere – è l’ideologia dominante e la religione non ufficiale della società capitalistica contemporanea, sostenuta sia da “esperti” dei reality televisivi che dai guru del business che dai politici. Il volontarismo magico è sia l’effetto che la causa del più basso livello di coscienza di classe che la storia ricordi. È l’altra faccia della depressione – la cui convinzione di fondo è che noi siamo gli unici responsabile della nostra miseria e perciò la meritiamo."
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Ultima modifica di XL; 18-01-2017 a 15:41.
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18-01-2017, 14:47
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#8
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Gli stessi problemi in famiglia possono essere legati a problemi originati dalla società
Mi piacerebbe leggere qualche approfondimento a riguardo
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18-01-2017, 14:54
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#9
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Banned
Qui dal: Dec 2016
Ubicazione: nebbia
Messaggi: 2,265
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Quote:
Originariamente inviata da ~~~
Gli stessi problemi in famiglia possono essere legati a problemi originati dalla società
Mi piacerebbe leggere qualche approfondimento a riguardo
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Restando in tema di kattivoni capitalisti valuta questo
"L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato"
di Engels
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18-01-2017, 15:09
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#10
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Quote:
Originariamente inviata da no-body
Restando in tema di kattivoni capitalisti valuta questo
"L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato"
di Engels
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Grazie, infatti pensavo anche a quel titolo.
Poi mi chiedevo se c'è qualche scritto su come sarebbe affrontata la psicologia in ambito marxista.
Penso di aver proprio bisogno di qualcosa che entri nella dimensione familiare ed individuale, perché ho l'impressione che i processi collettivi della società per certi versi abbiano una diffusione di massa e siano facilmente riconoscibili su larga scala, e per certi altri una diffusione capillare, ed è quest'ultima che faccio più fatica a definire e forse è quella che mi spaventa di più, perché la sento come sommersa e indistricabile.
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18-01-2017, 18:01
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#11
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Esperto
Qui dal: Sep 2016
Ubicazione: Italia
Messaggi: 4,205
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Se non è una depressione congenita, direi che tutto è legato ai soldi e alla posizione sociale di ognuno di noi.
Fanculo il lavoro, quante depressioni se non si trova un lavoro o se il lavoro fa schifo. Pensateci bene, quando arriva la depressione? Non è tanto considerarsi buono a nulla ma è dover ricoprire un ruolo sociale che non ci appartiene. Perché chi non è brillante o per lo meno preparato in qualche cosa , è out . Se non si ha voglia di fare nulla o non si è abbastanza intelligenti per entrare e vivere nel sistema sociale moderno, perché uno deve essere emarginato e quindi border line?
Perché si deve vivere in una società che non ci piace o non ci appartiene pur amando la vita?
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18-01-2017, 18:21
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#12
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Banned
Qui dal: Apr 2014
Ubicazione: NO
Messaggi: 3,978
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Il problema grosso è che non c'è una reale alternativa valida che permetta di campare decentemente.
Non vedo una possibile scelta valida tra società capitalista e altro; se scegli di voler campare fuori dalla prima ti prendi il carico di vivere in condizioni precarie.
Pure i piccoli spazi autogestiti mantengono comunque un certo grado di legame col "sistema"'; ed ho idea funzionino solo perché ristretti ed inseriti nel contesto generale, non siano una soluzione valida da adottare in massa in modo a sé stante.
O almeno, io non riesco a identificarla 'sta alternativa, all'infuori del riuscire ad avere e sviluppare un qualche talento, oppure avere la proverbiale botta di culo. Che son tutte cose comunque interne al sistema stesso e regolate da questo.
Ergo, se uno non fa attivamente nulla per cambiarla allora ne fa automaticamente parte, diviene anche lui una minuscola % del problema. Pure il limitarsi al tirare a campare dentro di essa è un sostenerla (vedi appunto il testo);'se non scegli finisci comunque a contribuire al far girare le cose in tale maniera.
Io che per farmi due spicci e avere un minimo di indipendenza economica mi, praticamente, prostituisco per lavori a chiamata del cazzo sottopagati alla fine sono sia chi il capitalismo lo subisce, sia chi lo alimenta.
È che non ho molte altre idee per arrivarci a 'sta indipendenza economica; pure mi mancano le capacità e credenziali per competere a livello più alto - e qui si ritorna al testo di apertura.
PS : sulla storia del sapere che si vuole dalla vita.
Mettiamo io abbia ben chiaro che da grande voglia fare l'astronauta.
Mi sbatto come una bestia poi, per un problema fisico congenito, scopro che sto sogno non si ha da fare - inculata number 1.
E allora mettiamo che pure accetto.la cosa e mi adatto, decidendo si studiare per divenire ingegnere aerospaziale.
Mi sbatto come una bestia anche qui, sono pure bravo. Ma come lo sono io, lo sono pure altri. Ed i posti non è che abbondano.
Nzomma, alla fine il tempo passa ed io sono quello (insieme ad altri) che non è riuscito ad inserirsi e fare ciò che voleva - inculata number 2.- ed ora si accontenta del posto da operaio specializzato per il resto della sua vita.
(Storia immaginaria; io sono più dal lato di quelli che non sanno che fare nella vita, sia chiaro)
Eppure lo sapevo cosa avrei voluto fare, mi sono impegnato, ho provato anche ad adattarmi. I posti però erano 10 e noi 50; 40 per forza - è sistemico - si adattano ad altro e se lo fanno piacere.
È colpa mia ? Sono davvero l'unico responsabile del mio destino ?
Se io avessi "vinto", ad accontentarsi sarebbe stato uno di quei 10, non mi pare tutta sta gran soluzione - a livello sistemico - incitare all'individualismo sfrenato, al diventare più bravi a competere. Mi salvo io, si affossa un altro.
Poi, non so, io di bambini che come sogno hanno di fare l'operaio o stare nei call center non ne vedo.
Eppure i posti di lavoro alla NASA mi sembrano leggermente meno che quelli in fabbrica e nei call center.
Penso lo si possa candidamente ammettere che, con questo sistema, il benessere di uno spesso è controbilanciato dal malessere di molti che permettono il primo ( ma pure il benessere dell'Occidente è fatto col culo del resto del Mondo, più in generale).
Quindi, che si fa ?
Si accetta che in fondo la società è questa, in fondo l'evoluzione funziona così e quindi se non sei adatto a competere (per vari motivi) - in modo sempre più crescente - ti infili in culo sogni ed aspettative e ti trovi il modo di accontentarti, farti andare bene le cose e non pensarci troppo, che tanto non ci puoi fare nulla da solo ?
Ma se uno non ci riesce ? Deve per forza soccombere e basta ?
Darwinismo sociale : lo si accetta come inevitabile o cosa (non so fornire alternativa, io) ?
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Ultima modifica di The_Sleeper; 18-01-2017 a 18:42.
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18-01-2017, 19:57
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#13
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,449
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Quote:
Originariamente inviata da XL
Che non lo puoi fare il ballerino per una serie di motivazioni d'insieme è chiaro,
il punto veramente controverso è questo... Lo scegli?
Posso fare un esempio un po' estremo, non è che una persona senza gambe sceglie di non fare il ballerino, o secondo te anche questa persona semplicemente sceglierebbe di non intraprendere questa carriera?
Così come è interdetta questo tipo di carriera per un tipo di persona, potrebbero esserne interdette altre per altri tipi di persone, mentre spesso passa il messaggio... "non riesci a fare la tal cosa, dunque sei tu che lo vuoi".
La distribuzione della responsabilità comunque secondo me è una questione morale e controversa, è una questione perciò anche politica.
Si sostiene che gli individui scelgano liberamente cosa essere però poi proprio non riesco a spiegarmi com'è che se cresci in certi ambienti e con certi mezzi a disposizione finisci con altissime probabilità in qualche giro malavitoso, magari pure morto ammazzato, se cresci altrove diventi tutt'altra persona.
Sicuro che sia il nucleo familiare a produrre tutte queste cose e non qualcosa di ben più vasto?
Una volta data la responsabilità ai singoli e i nuclei sociali più piccoli (i cattivoni son questi) e una volta riempite le galere dei vari Jean Valjean, a me sembra che la malavita si propaghi e persista comunque, quindi mi sembra che non siano così scorrette certe analisi in cui si sposta il focus del problema. Anche quando si è sgominata una banda, prende il potere del territorio un'altra banda.
Tutte queste persone se non campassero di delinquenza... Come dovrebbero campare? Si sosterrà di nuovo che possono scegliere liberamente loro, alzare il braccino e di fare altro, se solo volessero troverebbero un buon impiego... Ma se quelle braccia le hanno mozzate come diavolo dovrebbero alzarlo il braccino?
Il problema continuerà comunque a propagarsi e persistere secondo me se non lo si inquadra in termini sociali e politici ben più vasti. La maggior parte degli individui creano le loro possibilità e la società circostante in misura molto minore rispetto a come la società circostante crea e genera dei tipi di individui e certe possibilità per loro. Questo capita perché il potere non risulta egualmente distribuito tra tutti, le persone che detengono molti poteri sono quelle maggiormente responsabili di quel che abbiamo intorno, invece si cerca sempre di fare in modo che il potere risulti squilibrato e lo detengano davvero pochissime persone mentre la responsabilità poi la si vorrebbe distribuire equamente tra tutti, in maniera tale che chi deve pagare son sempre le stesse persone ed in una misura esagerata relativamente alla loro responsabilità e possibilità.
Nel testo riportato da Krieg c'era scritto questo...
"Una delle tattiche di maggior successo della classe dirigente è stata la “responsabilizzazione” del singolo individuo. Ogni singolo membro della classe subordinata è incoraggiato a credere che la sua povertà, la mancanza di opportunità, o la disoccupazione, sono colpa sua e solo sua. Gli individui incolpano se stessi, piuttosto che le strutture sociali. E in ogni caso sono indotti a credere in una realtà che non è. Ciò che Smail definisce il “volontarismo magico” – cioè la convinzione che ogni persona ha il potere di diventare ciò che vuole essere – è l’ideologia dominante e la religione non ufficiale della società capitalistica contemporanea, sostenuta sia da “esperti” dei reality televisivi che dai guru del business che dai politici. Il volontarismo magico è sia l’effetto che la causa del più basso livello di coscienza di classe che la storia ricordi. È l’altra faccia della depressione – la cui convinzione di fondo è che noi siamo gli unici responsabile della nostra miseria e perciò la meritiamo."
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Ma questo "volontarismo magico" a me pare una sorta di strawman argument. I sostenitori del capitalismo che conosco son ben diversi, e propagandano un'idea totalmente diversa, fatta di sudore, sacrifici, impegno, e il tutto senza alcuna garanzia.
Ma anche un mondo fatto di gioco e libertà, dove chiunque può provare a mettersi a ballare (ad esempio) prima di decidere che la cosa non faccia per lui.
D'altronde, a voler portare certe tesi alle estreme conseguenze verrebbe da domandarsi "se la colpa è della società cosa ci può fare l'individuo? Niente? Vabbé allora fanculo". Mentre la società è proprio fatta dagli individui, che dovrebbero prima di tutto aver coscienza di loro stessi, per poter poi in un secondo momento comprendere la coscienza di classe.
A quel punto ti domandi: cosa posso fare per migliorare la società? Collaborare nella costruzione di un nuovo modello alienante dove viene deciso centralmente tutto ciò che si può fare e che non si può fare? Oppure una società dove chi ha talento, voglia e ambizione sia consentito di raccoglierne i frutti, così che possa anche fungere da modello per gli altri?
L'anticapitalismo è e rimarrà sempre un'idea da perdenti e per perdenti.
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18-01-2017, 20:55
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#14
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Esperto
Qui dal: Oct 2014
Messaggi: 3,384
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Ma quale libertà? Quella di seguire la strada che altre migliaia di persone hanno tracciato prima di te o essere additato come un reietto della società? Non mi sembra propriamente il massimo.
State considerando secondo me troppo la questione economica e poco quella "spirituale".
Cos'è che funge da motivazione in un sistema capitalistico se non l'accumulare ricchezza? La gente lavora per permettersi il nuovo suv, poi quando l'ha ottenuto vorrà cambiare la cucina, con una che fa le stesse cose della vecchia ma è più nuova. Poi ci sarà il televisore, la lavastovigle, il motorino, etc etc.
Avete presente i topi di laboratorio che seguono l'odore del cibo per uscire dal labirinto mentre gli scienziati li osservano dall'alto? Ecco, è la stessa cosa, solo che una via di fuga da questo labirinto non c'è, o meglio c'è ma è la morte.
Questo è quello che succede nelle menti delle persone quando sostituisci le tradizioni, l'orgoglio e la religione con il semplice guadagno fine a stesso.
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18-01-2017, 21:01
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#15
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Esperto
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 1,970
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Quote:
Originariamente inviata da Marco.Russo
I sostenitori del capitalismo che conosco son ben diversi, e propagandano un'idea totalmente diversa, fatta di sudore, sacrifici, impegno, e il tutto senza alcuna garanzia.
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neanche sta cosa suona tanto bene
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18-01-2017, 21:04
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#16
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,449
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Quote:
Originariamente inviata da Krieg
Ma quale libertà? Quella di seguire la strada che altre migliaia di persone hanno tracciato prima di te o essere additato come un reietto della società? Non mi sembra propriamente il massimo.
State considerando secondo me troppo la questione economica e poco quella "spirituale".
Cos'è che funge da motivazione in un sistema capitalistico se non l'accumulare ricchezza? La gente lavora per permettersi il nuovo suv, poi quando l'ha ottenuto vorrà cambiare la cucina, con una che fa le stesse cose della vecchia ma è più nuova. Poi ci sarà il televisore, la lavastovigle, il motorino, etc etc.
Avete presente i topi di laboratorio che seguono l'odore del cibo per uscire dal labirinto mentre gli scienziati li osservano dall'alto? Ecco, è la stessa cosa, solo che una via di fuga da questo labirinto non c'è, o meglio c'è ma è la morte.
Questo è quello che succede nelle menti delle persone quando sostituisci le tradizioni, l'orgoglio e la religione con il semplice guadagno fine a stesso.
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Stai facendo confusione tra capitalismo e consumismo. Sebbene tra le due visioni esistano alcuni rapporti, non c'è automatismo.
Anzi, se leggi "padre ricco, padre povero" di Kiyosaki oppure giochi al Cashflow 101, ti accorgi come alcuni capitalisti siano i primi a denunciare questa corsa del topo fatta di consumo e stipendio, e ti inducano a riflettere maggiormente sul senso delle spese, oltre che dei soldi.
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18-01-2017, 21:05
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#17
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Esperto
Qui dal: Mar 2012
Messaggi: 2,817
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Quote:
Un doppio legame vizioso del tutto particolare viene imposto ai disoccupati di lunga data nel Regno Unito: per tutta la vita è stato detto loro che sono dei “buoni a nulla” e allo stesso tempo possono fare qualsiasi cosa vogliano? Allo stesso modo è comprensibile l’accettazione fatalista delle politiche di austerità da parte della popolazione del Regno Unito: esito di una depressione collettiva deliberatamente coltivata dal potere. Questa depressione si manifesta nella convinzione (indotta) che la situazione peggiorerà (per tutti, eccettuata una piccola élite), che siamo fortunati ad avere un qualsiasi posto di lavoro (quindi non dobbiamo aspettarci, per esempio, una dinamica salariale che stia al passo con l’inflazione) e che non possiamo pretendere uno stato sociale pubblico e universale.
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Punto focale...
E' esattamente (ma proprio preciso preciso) quanto sta accadendo...
E si confermo quanto scritto sopra la colpa sarà sempre e comunque data al singolo individuo "incapace" di raggiungere i propri obiettivi...
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18-01-2017, 21:35
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#18
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Banned
Qui dal: Nov 2016
Messaggi: 247
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Questo è veramente il topic più interessante che appare in questo forum da che sono entrato. E comunque pure io lo penso, che la nostra società sia una bella macchina da depressione.
Se Mark Fisher avesse studiato pure i rapporti uomo-donna probabilmente su questo forum non avremmo niente di cui parlare.
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19-01-2017, 03:38
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#19
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Banned
Qui dal: Apr 2014
Ubicazione: NO
Messaggi: 3,978
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Quote:
Originariamente inviata da assiolo
Questo è veramente il topic più interessante che appare in questo forum da che sono entrato. E comunque pure io lo penso, che la nostra società sia una bella macchina da depressione.
Se Mark Fisher avesse studiato pure i rapporti uomo-donna probabilmente su questo forum non avremmo niente di cui parlare.
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Oppure si sarebbe ammazzato prima di scrivere pensieri vari sul capitalismo
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