E' utile, come qualcuno ha fatto, distinguere tra persone: a) parenti, in primis genitori; b) esterni al nucleo familiare.
Ebbene se fossi riuscito a parlare dei mie disagi in famiglia, senza timore e avendo la percezione di essere capito, verosimilmente ad oggi non avrei problemi di timidezza, fobia sociale o evitamento. Quando adolescente, provavo a mettere in parole i mie disagi con mia madre venivo subito sminuito, perché a suo giudizio problemi di integrazione sociale a 14-15 anni non erano veri problemi (pensa te! cosa devi provare a 14 anni affinché sia da considerare degno di essere preso in considerazione).
Gli altri parenti zii, cugini, ecc, hanno sempre fatto orecchie da mercante, facendomi spesso notare che non avrei dovuto lamentarmi della mia condizione perché avendo un tetto sulla testa, cibo assicurato e comodità varie, il mio presunto disagio era trascurabile, come a dire: mangi, bevi, dormi, ma cosa vuoi di più!
Tra i conoscenti la mia condizione a volte si palesa da sola, ma evito di scendere nei dettagli e cerco di chiudere rapidamente l'argomento. Sarebbe veramente penoso parlarne con loro. Sanno soltanto che sono timido, che senso avrebbe dirgli altro? ritengo che non sarebbe, giustamente, nemmeno interessati. E poi finirei col fare una figura peggiore di quella che già normalmente faccio.
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