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Vecchio 27-11-2015, 15:42   #21
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Un libro in cui mi riconosco molto, e che mi ricorda Lo squalificato, di Ozamu Dazai, libro che consiglio col cuore in mano e son lieta di mettere in questo topic. (Depressione, fobia sociale...)
Vecchio 27-11-2015, 15:45   #22
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Un libro in cui mi riconosco molto, e che mi ricorda Lo squalificato, di Ozamu Dazai, libro che consiglio col cuore in mano e son lieta di mettere in questo topic. (Depressione, fobia sociale...)
Allora è senz'altro da leggere
Vecchio 27-11-2015, 15:49   #23
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Ecco: un ricordo... Durante un viaggio, in una piccola città italiana... Alloggiava con i suoi genitori in un albergo poco lontano dal teatro. Qui davano tutte le sere la stessa opera, e tutte le sere giungeva fino a lui ogni parola, ogni nota. Ma lui non capiva la lingua. Eppure ogni sera sedeva alla finestra aperta e stava in ascolto. In questo modo s'era innamorato di una delle attrici, pur senza averla mai vista. Non era mai stato preso dal teatro come allora; sentiva la passione delle melodie come un batter d'ali di grandi uccelli scuri, quasi gli fosse possibile cogliere le linee che il loro volo disegnava nella sua anima. Non erano più passioni umane quelle che provava: no, erano passioni che se ne fuggivano dal cuore degli uomini come da gabbie troppo anguste e banali. Mai, in quell'eccitazione, aveva potuto pensare alle persone che dall'altra parte, invisibili, davano corpo a quelle passioni; se provava a figurarsele, immediatamente davanti ai suoi occhi si levavano fiamme scure o dimensioni inaudite, come, nel buio, i corpi umani ingigantiscono e gli occhi degli uomini luccicano, simili a specchi d'acqua di pozzi profondi. E quella fiamma scura, quegli occhi nel buio, quel nero batter d'ali, allora, li aveva amati sotto il nome di quell'attrice sconosciuta. E chi aveva creato l'opera? Non lo sapeva. Forse il testo era una svenevole storia d'amore. Che l'artista avesse sentito che le sue note lo trasformavano in qualcosa di diverso? Un pensiero oppresse Torless in tutto il corpo. Sono così anche gli adulti? Il mondo è così? E' una legge universale che in noi ci sia qualcosa che è più forte, grande, bello, appassionato e oscuro di noi stessi? Qualcosa su cui noi abbiamo tanto poco potere che possiamo solo spargere a caso migliaia di semi, finché da uno improvvisamente germoglia una pianta come una fiamma scura che cresce ben oltre la nostra testa? ... E ogni fibra del suo corpo rispose tremando con un impaziente sì.

Il giovane Torless - Robert Musil
Vecchio 27-11-2015, 18:44   #24
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Giacometti (1901-1066), scultore e pittore svizzero dai temi esistenzialisti (era amico di Sartre).
https://www.google.it/search?q=giaco...HRS9BekQ_AUIBQ
Giacometti si ispira all'arte scultorea etrusca (di Velletri) e la risemantizza.
Le forme lunghe come ombre al tramonto, scure e dalla superficie scabrosa come la roccia grezza, ricordano cadaveri carbonizzati dalla pelle squagliata. Rappresentano bene la fragilità dell'uomo e il suo dramma interiore.
Ne La piazza lo spazio si stringe intorno ad esili figure femminili e maschili anonime isolandole in una torre d'avorio virtuale.
I busti rappresentano conoscenti dell'artista. La testa che spunta da un ammasso di bronzo simile a una montagna fa pensare alla pesantezza della condizione umana, dove la mente è prigioniera nella gabbia di carne.
Eppure, se da un lato abbiamo l'inerte e auschwitziano Uomo che cade, da quello opposto l'Uomo che cammina riesce inaspettatamente a trovare la forza per il dinamismo. Forse però cammina solo per non pensare.

Un tempo queste opere mi affascinavano molto. Ora un po' meno.

Ultima modifica di Nothing87; 27-11-2015 a 18:49.
Vecchio 28-11-2015, 00:19   #25
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Un tempo queste opere mi affascinavano molto. Ora un po' meno.
E come mai, se non sono indiscreto? Molto suggestive, in particolare le sue tele.
Vecchio 28-11-2015, 12:59   #26
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E come mai, se non sono indiscreto?
Stagnare crogiolandosi nelle proprie o comuni sfortune serve a produrre arte ma non a star davvero meglio. Si sta bene, ci si sente vivi quando si esprime il proprio Io. Con opere simili invece si esprime solo il disagio. Non ne sono però tanto sicuro. Ciò che rifiuto con fermezza è la statica rassegnazione esistenzialista basata sul ragionamento per assoluto anziché su quello più a misura umana per relativo.

Ultima modifica di Nothing87; 28-11-2015 a 13:11.
Vecchio 28-11-2015, 13:00   #27
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Ero pronta. La battona che riceve il suo cliente. Ero come la sorella di Martella. Musica rock dentro alle casse. Le mie labbra rosso lucido. M'ero imbrattata la passerina d'idratante. Volevo scivolasse. Ero fuori allenamento. Ho eseguito addominali per avere il ventre piatto. Gli esercizi per i glutei. Li volevo belli sodi. All'altezza dell'attacco. Gli ornamenti. Un tanga ridottissimo per slanciarmi al massimo la coscia. Un reggiseno trasparente a rendermi visibili i capezzoli. La vestaglia con lo strascico. Il profumo sopra al collo. L'avrebbe morso stando dietro per chiavarmi. Ho messo un fiocco sulla testa della scimmia. Anche lei doveva risultare coreografica. Finalmente lo capisci che sei nata per far questo. Le divagazioni non ti servono. Sei rientrata nella testa. Butta fuori quel marmocchio. Avanti tutta. Molla ormeggi. In mare aperto. Sei sulla zattera. Segui le onde. Movimenti pelvici. Depravazione. Fai la tua scelta. Ancora sette giorni. Una settimana. Poi scappi. Lasci Gianmaria. Matteo. La suocera. In balia della corrente. Fatti spingere. E suonato il campanello. E arrivato il tuo momento. Apri la porta. Apri le gambe. Apriti tutta. Lui era lì. Stava verticale nell'ingresso. Le mani appoggiate sulla patta. Ha spinto uno scatolone dentro casa con un calcio. Quanta furia a cinque stelle. Se non l'avessi preso in bocca. Se non l'avessi fatto subito sarei corsa sotto il letto. Non ero poi troppo convinta. Si trattava di un rimpiazzo. Sostituivo il ragazzino con quel porco. Cronaca nera al posto della favola. L'ho infilato tra le labbra assalita dalla nausea. L'avversario mugolava stringendomi la testa. Sussurrava a denti stretti l'ho capito subito che eri una baldracca. Una baldracca. Ero una baldracca. Me lo sono tolto dalla bocca. Li ho tirati fuori tutti. Scartavo panettoni per divorare lo schifo che provavo per me stessa. Stavo a quattro zampe. Sul tappeto. Li prendevo a morsi. Li mangiavo mentre me lo sbatteva dentro in modo ginnico. Sbatteva la baldracca. Souvenir veniva a rubare i pezzetti con le mandorle. Stava tranquilla a mordicchiarmeli davanti. Lui grugniva dando colpi. Sono venuta per due volte masticando. C'era l'erba. I pecorai con delle mandrie. Gli steccati per le bestie. Delle verghe per farle stare da una parte. Quando se ne è andato sono saltata a piedi pari su quei dolci. Li ho distrutti tutti. Quasi avessi otto anni e fosse l'ultimo dell'anno. Era successo questo a quell'età. In quel giorno. In casa un'eccitazione incontrollabile. I miei genitori si preparavano alla festa. Al gran veglione. Festa al castello. Gli abiti comprati al magazzino delle firme. Mio padre con l'abito bello. Lei col vestito con lo strascico. Da cerimonia. Trasparenze. Acconciatura. Il maquillage molto importante. Tutto il trambusto. Preparativi. Delle corsette. Io ero invisibile. Non mi vedevano. Stavo in poltrona con l'orsacchiotto. Dentro il pigiama. Minestra fredda. Speravo dicessero vieni anche tu. Metti le scarpe. Alla bebé. Vernice lucida. E poi le coccole. Come mancavano. Come correvano. Nervosi. Emozionati. Luce negli occhi. Degli orecchini. Mi hanno chiesto siamo abbastanza affascinanti? Faremo tardi. Chiudiamo a chiave. Non aprire se qualcuno suona o bussa. Mia madre ha appoggiato due panettoni sopra il tavolo. Ha detto scegline uno per il brindisi. Questo è speciale con delle mandorle. L'altro è normale. Vedi tu quale preferisci. Sono usciti infilandosi il cappotto. Un bacio a testa. Via veloci come Cenerentola. Sono rimasta dentro. Chiusa a chiave. M'ha assalito il panico. Ho bussato ai vicini sperando mi sentissero. Venissero a prendermi per portarmi con loro nel salotto. Avevano il volume della radio altissimo. Resi sordi dalla musica. Avevo paura. Avevo paura che i miei genitori non tornassero. Sarebbero venuti i vigili del fuoco a liberarmi. Li vedevo arrampicarsi. Scendere dagli elicotteri. Mi trasformavo in un incendio. Ero da spegnere. Non mi sentivo una bambina quella sera ma un fuoco da domare con gli idranti. Ero sola. Coi vicini dall'udito devastato dai programmi radiofonici. Quel grande senso d'impotenza. All'improvviso ho guardato i panettoni. C'era tutto lì dentro. Solitudine. Famiglia. Nespole. Lampada abbronzante. Incubi. Tristezza. Li ho tirati fuori dalle scatole. Messi a terra. Tremavo dalla voglia. Dalla rabbia. Mi sono infilata gli stivaletti che usavo con la pioggia. Ho preso la rincorsa.
Gli saltavo sopra. Li violentavo con i tacchi. Con le punte. Li colpivo con stizza. Così per un'oretta. Fino a quando sono caduta a terra. Esausta. Dopo il sesso con quell'avversario ho rifatto il rito esorcizzante. Li prendevo a calci. Senza stivaletti. Con la stessa foga che avevo usato quella volta. Li massacravo con destrezza. A uno a uno. Senza pietà. Senza fermarmi. Qualcuno l'ho buttato dal terrazzo. Dalla finestra della camera da letto. Sulle macchine. Li vedevo precipitare e poi schiantarsi. Non provavo nulla. Provavo tutto. Un'intera gamma di sentimenti contrastanti. Nani e giganti. Anoressia e obesi. Formiche ed elefanti. Giapponesi e africani. Fuoco e acqua.

(Revolver; Isabella Santacroce)
Vecchio 28-11-2015, 15:20   #28
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Rudolf Schwarzkogler (1940-1969) body artista fotografo e performer per violenza e trasgressione ascrivibile all'Azionismo viennese. Mi piace molto come artista sia per le tematiche sia per l'approccio esasperatamente romantico.
Foto: http://www.google.it/search?q=Rudolf...&start=20&sa=N
Una raro video di una sua azione:
Una spiegazione esaustiva:
http://www.lattuadastudio.it/Lattuad...arzkogler3.htm

Ultima modifica di Nothing87; 28-11-2015 a 15:32.
Vecchio 28-11-2015, 15:38   #29
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Stagnare crogiolandosi nelle proprie o comuni sfortune serve a produrre arte ma non a star davvero meglio. Si sta bene, ci si sente vivi quando si esprime il proprio Io. Con opere simili invece si esprime solo il disagio. Non ne sono però tanto sicuro. Ciò che rifiuto con fermezza è la statica rassegnazione esistenzialista basata sul ragionamento per assoluto anziché su quello più a misura umana per relativo.
Temo che questo discorso potremmo estenderlo a tantissimi artisti, dal momento che la poetica del dolore e del disagio è una delle più diffuse e totalizzanti nel regno dell'arte, al pari di quella dell'amore e dell'odio. Anche io preferisco quelle opere ed autori che non si limitino a scolpire una sola faccia della medaglia, ma sappiano far trascorrere le rappresentazioni dell'una in quelle dell'altra, ma ho notato che i veri maestri di un aspetto dell'animo umano raramente sono altrettanto efficaci quando ne inquadrano un altro.
Vecchio 28-11-2015, 15:54   #30
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Josef K., volevo dire che preferisco le opere omogenee ma intrise di vitalità o di qualche dinamismo, anche se solo apparenti e superficiali. Schwarzkogler, per esempio, ne dimostra molto di più rispetto a Giacometti.
Vecchio 28-11-2015, 15:58   #31
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Era il 27 agosto 1926, alle quattro del pomeriggio, i negozi erano affollati, nei magazzini le donne facevano ressa, nelle case di moda le mannequins giravano su se stesse, nelle pasticcerie chiacchieravano gli sfaccendati, nelle fabbriche sibilavano gli ingranaggi, lungo le rive della Senna si spidocchiavano i mendicanti, nel Bois de Boulogne le coppie d'innamorati si baciavano, nei giardini i bambini andavano in giostra. A quell'ora il mio amico Franz Tunda, trentadue anni, sano e vivace, un uomo giovane, forte, dai molti talenti, era nella piazza davanti alla Madeleine, nel cuore della capitale del mondo, e non sapeva cosa dovesse fare. Non aveva nessuna professione, nessun amore, nessun desiderio, nessuna speranza, nessuna ambizione e nemmeno egoismo. Superfluo come lui non c'era nessuno al mondo.

Joseph Roth- Fuga senza fine
Vecchio 28-11-2015, 16:01   #32
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Josef K., volevo dire che preferisco le opere omogenee ma intrise di vitalità o di qualche dinamismo, anche se solo apparenti e superficiali. Schwarzkogler, per esempio, ne dimostra molto di più rispetto a Giacometti.
Ah, ok, avevo inteso "staticità" da un punto di vista esclusivamente morale.
Vecchio 28-11-2015, 16:04   #33
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Franz Tunda, trentadue anni, sano e vivace, un uomo giovane, forte, dai molti talenti, era nella piazza davanti alla Madeleine, nel cuore della capitale del mondo, e non sapeva cosa dovesse fare. Non aveva nessuna professione, nessun amore, nessun desiderio, nessuna speranza, nessuna ambizione e nemmeno egoismo.
Joseph Roth- Fuga senza fine
Mi ricorda il protagonista di Orizzonte perduto di J. Hilton che alla fine va a fare il monaco in uno sperduto eremo tibetano.
Ringraziamenti da
Josef K. (28-11-2015)
Vecchio 28-11-2015, 23:21   #34
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La prima volta che ho visto Guido Laremi eravamo tutti e due così magri e perplessi, così provvisori nelle nostre vite da stare a guardare come spettatori mentre quello che ci succedeva entrava a far parte del passato, schiacciato senza la minima prospettiva. Il ricordo che ho del nostro primo incontro è in realtà una ricostruzione, fatta di dettagli cancellati e aggiunti e modificati per liberare un solo episodio dal tessuto di episodi insignificanti a cui apparteneva allora. In questo ricordo ricostruito io sono in piedi dall'altra parte della strada, a guardare il brulichio di ragazzi e ragazze che sciamano fuori da un vecchio edificio grigio, appena arginati da una transenna di metallo che corre per una decina di metri lungo il marciapiede. Ho le mani in tasca e il bavero del cappotto alzato, e cerco disperatamente di assumere un atteggiamento di non appartenenza alla scena, anche se sono uscito dallo stesso portone e ho fatto lo stesso percorso faticoso solo un quarto d'ora prima. Ma ho quattordici anni e odio i vestiti che ho addosso, odio il mio aspetto in generale, e l'idea di essere qui in questo momento. La folla di persone giovani viene avanti come un torrente intralciato da tronchi e massi affioranti, appena finita la transenna si riversa nella strada e la invade fino al mio marciapiede. E quasi ogni faccia è troppo pallida o tonda o lunga, quasi ogni corpo troppo angoloso o smussato, quasi ogni andatura priva di equilibrio, come se le cartelle che tutti portano in mano e a tracolla fossero troppo leggere o pesanti. C'è questo fondo di indifferenza attiva in quasi ogni sguardo, in quasi ogni gesto che unisce al generale dispendio di energia meccanica. Non mi sembra affatto di essere meglio degli altri: è l'idea di vedere i miei difetti moltiplicati per centinaia di volte che accentua la mia insofferenza e la riflette tutto intorno. Osservo la massa confusa di teste e busti in movimento, sperando di riconoscere i capelli di una ragazza che ho visto qualche giorno prima, e invece mi colpisce lo sguardo di uno che cerca di farsi largo con un'espressione di estraneità concentrata. E' uno sguardo da ospite non invitato, da passeggero clandestino: uno sguardo che prende distanza dai suoi stessi lineamenti, dal suo stesso modo di girare la testa a destra e a sinistra. Poi nel ricordo ricostruito c'è un vuoto, dove Guido Laremi con il suo sguardo estraneo viene riassorbito dallo sfondo.
(Due di due; Andrea De Carlo)

Ultima modifica di Nothing87; 29-11-2015 a 13:31.
Vecchio 28-11-2015, 23:27   #35
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Nel '78 Guido ha lasciato la sua donna e casa del momento e se n'è andato in pullman a Melbourne. Questa seconda città doveva corrispondere ancora meno di Sydney all'immagine avventurosa ed esotica che l'aveva attirato in Australia: nelle lettere diceva che gli sembrava un unico sobborgo coloniale, vuoto e addormentato.
Io e Martina e Chiara e Werner abbiamo cominciato a dubitare che avrebbe mai trovato lì quello che cercava; seguivamo i suoi spostamenti immaginandoci già le sue nuove delusioni. Anche a Melbourne ha fatto lavori occasionali per vivere, cambiato una serie di sistemazioni provvisorie. Un fondo di stanchezza cominciava ad affiorare nei suoi racconti, li tingeva a volte di una luce amara e dubbiosa.
Poi una sera in un bar musicale ha conosciuto una ragazza che si chiamava Laurie, e le sue lettere hanno cambiato tono. Lei aveva ventitré anni e voleva fare la cantante rock, viveva in un ex albergo di terza categoria che aveva comprato nell'unica strada rumorosa della città. Era ricca e infantile e strana, figlia unica di uno speculatore edilizio e di una bellissima donna morta in un incidente aereo. Sono andati a letto insieme la notte che si sono incontrati, molto ubriachi e fumati di marijuana tutti e due; poi non si sono visti né sentiti per diversi giorni, ma Guido pensava a lei così spesso che ha dovuto tornare a cercarla. Laurie non sembrava più minimamente interessata a lui, e questo naturalmente ha aumentato di molto la sua forza di attrazione. Guido era affascinato dai suoi modi distratti di ragazzina viziata, l'infelicità sottile che traspariva nei suoi atteggiamenti e la faceva sfuggire a qualunque legame impegnativo; si è lasciato prendere da lei come non gli era credo mai capitato.
Laurie l'ha invitato a stare nella sua casa-albergo, ma quando lui ci è andato ha cominciato a trattarlo sullo stesso piano della dozzina di musicisti rock e pseudoartisti che teneva presso di sé come una piccola corte. Ogni tanto gli chiedeva di dormire con lei; più spesso gli faceva trovare chiusa la porta della sua stanza all'ultimo piano, dove le pareti e i mobili erano dipinti di rosa elettrico e c'erano bambole e orsetti di fianco a fotografie in grandezza naturale di David Bowie. Guido era esasperato e incantato dal suo modo di fare[…]
Laurie non voleva che Guido la ascoltasse cantare, non era chiaro se per timidezza o paura di non essere brava. Passava notti intere chiusa con il suo gruppo, ma la musica che filtrava sotto sembrava punk inglese riciclato, la sua voce acuta e incerta. Lei e i suoi amici non ne volevano sapere della loro identità nazionale; seguivano modelli importati, come probabilmente i loro genitori prima di loro. Si atteggiavano a bohémien complicati, nella loro città-sobborgo dove tutto era chiuso e spento alle sette di ogni sera: giovani australiani ricchi che facevano finta di essere giovani inglesi poveri. Neanche questi aspetti irritanti e patetici riducevano il fascino di Laurie agli occhi di Guido, o gli consentivano di esercitare su di lei la sua crudeltà di giudizio. Martina e Chiara isolavano per me e Werner gli aggettivi che usava nel descriverla, densi com'erano di un'ammirazione quasi scientifica, che lo spingeva ad analizzare nel modo più minuzioso ogni aspetto del suo comportamento.
Il padre di Laurie aveva per lei una gelosia estrema, esasperata dal fatto che l'eredità della madre morta l'aveva messa in una condizione di totale autonomia. La assediava di telefonate nelle ore più strane, cercava di scoprire particolari della sua vita sentimentale, le faceva visite a sorpresa anche nel mezzo della notte. Una volta Guido li ha visti insieme: lui vigoroso e aggressivo e quasi asiatico di lineamenti, lei biondina e magra e pallida per la vita in interni che faceva. Gli sembrava che quasi tutte le scelte di Laurie avessero lo scopo di suscitare in suo padre qualche reazione: la musica rock, i suoi amici, il disordine e la sporcizia, il suo modo irregolare di mangiare. Con Guido si comportava in modo discontinuo: gli si aggrappava nei momenti di panico e giurava di avere bisogno di lui; quando si sentiva sicura lo trattava con astio che forse avrebbe voluto indirizzare contro suo padre. Le pillole e polverine di cui faceva uso accentuavano l'imprevedibilità dei suoi stati d'animo, rendevano molto difficile comunicare con lei. Alla fine Guido ha deciso che doveva strapparsi via dalla situazione e andarsene più lontano che poteva […]
Laurie non usciva quasi mai alla luce del sole, forse per distinguersi anche in questo dai suoi connazionali sempre abbronzati. Guido doveva faticare prima di smuoverla: una volta sono andati insieme a Phillip Island a vedere il ritorno dei pinguini dal mare, un'altra sulle colline di Geelong dove uno scultore folle aveva disposto tra le felci arboree statue di aborigeni e animali locali. Laurie era imbarazzata dalle manifestazioni di folclore australiano che incuriosivano Guido, e non aveva alcun interesse per la natura, l'aria aperta, le foreste di eucalipti. Le loro rare uscite degeneravano in nuove liti con schiaffi e morsi e storcimenti di mani, avvinghiamenti furiosi sui sedili della macchina […]
Guido ci riferiva con finta indignazione di questi capricci infantili: in realtà ne era intrigato, non faceva niente di serio per contrastarli. […]

Gli ho chiesto come andava con Laurie; lui ha detto «Ci facciamo del male in ogni modo possibile, e appena uno dei due accenna ad andarsene l'altro gli corre dietro come un povero masochista, non c'è verso che la cosa si risolva».

(Due di due; Andrea De Carlo)

Ultima modifica di Nothing87; 29-11-2015 a 13:31.
Vecchio 29-11-2015, 22:19   #36
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My bed; Tracey Emin; 1998.



Letto (convertito in object trouvè) della Emin, appartenente al gruppo YBAs (Young British Artists), prodotto durante un periodo emotivamente difficile.
Da notare che le coperte sono chiazzate da un non precisato liquido e sul pavimento, tra gli oggetti ben visibili in questa foto, ci sono anche dei preservativi usati e delle mutandine macchiate di sangue.
Un caos raffinato; è una sineddoche dall'estetica decadente di una donna single di oggi in preda a una crisi depressiva.

Ultima modifica di Nothing87; 30-11-2015 a 10:57.
Vecchio 29-11-2015, 22:54   #37
Esperto
L'avatar di Josef K.
 

Sulla barella avvolta in coperte tipo militare e assicurata con tre cinghie, una massa oblunga e incomprensibile: ciò che rimane di un essere umano passato sulla terra senza scopo, che nessuno conosce veramente, che nessuno rimpiange, che probabilmente nessuno ha mai amato, nessuno ha odiato, neppure l'assassino.

Giuseppe Zaffaroni decapitato nell'armadio- Dino Buzzati
Vecchio 29-11-2015, 23:30   #38
Esperto
L'avatar di Josef K.
 

http://www.larici.it/culturadellest/...hov_monaco.pdf

Questo è il link a Il monaco nero di Anton Cechov, racconto di media lunghezza di uno dei grandi della letteratura russa dell''800, nonché uno dei miei autori preferiti. La rappresentazione perfetta, spietata, scientifica del cammino di disperazioni e lusinghe di un uomo che non ha alternative al vivere per il proprio talento, e della scelta di campo che tutti siamo chiamati a fare quando le circostanze contrappongano il Sè a tutto il resto. Terribile e bellissimo.

Ultima modifica di Josef K.; 30-11-2015 a 11:49.
Ringraziamenti da
Varano (30-11-2015)
Vecchio 30-11-2015, 10:57   #39
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Ringraziamenti da
Josef K. (30-11-2015)
Vecchio 30-11-2015, 15:53   #40
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Discussion; Sanja Lasic; 2009

http://www.arthub.it/index.php?action=video&video=143

Ecco la frammentazione della personalità rappresentata efficacemente con la videoarte. La causa potrebbe essere l'ansia per il dover prendere una decisione difficile oppure, più gravemente, qualche disturbo della personalità.
L'ambiente astratto, quasi spersonalizzato, presenta solo una serie incompleta di fotografie di luoghi non ben identificabili. Potrebbe essere lo stereotipo della mente della donna dilaniata da due pulsioni contrastanti, le sue due alter ego. È incapace di trovare il tassello mancante del puzzle che corrisponde al passo successivo della sua vita oppure a un suo ricordo rimosso.
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