Una volta puntavo all'approccio negativo, e ancor oggi mi capita: "tanto andrà tutto male", cercando di limitare i danni.
Ma quando si giunge a una resa dei conti e si pensa di non aver più molte occasioni per poter sbagliare allora si tende a cambiare metodo.
Segue il bisogno di un approccio non negativo: "vedrai che andrà bene" è il classico e inflazionato. Ma perché non "se va bene ok, se va male va bene lo stesso"?
Forse il più razionale sarebbe "se ti impegni e dai il massimo avrai dei risultati positivi, altrimenti rischi di fallire"? Io anche quando mi impegno faccio un sacco di errori che poi finiscono per ripercuotersi sullo stato d'animo e sul raggiungimento degli obiettivi (parliamo essenzialmente di obiettivi in ambito sociale, relazionale e derivati, tra cui lavoro). Quando me ne frego di meno potrebbe andare anche meglio, oppure no. Non c'è un modo sicuro, una strategia da poter applicare con sicurezza che si adatti alle diverse sfaccettature della realtà. Per cui alla fine o ci si butta sull'autoconvincersi basato sulla spinta non razionale dell'ottimismo oppure a imparare a non fare più drammi di fronte all'ennesimo fallimento - anche quando questo sembra assumere una forma definitiva?