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Vecchio 29-08-2011, 13:18   #1
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Dunque, il dubbio che ho sulla mia terapia è questo: non si fa che parlare parlare parlare di quello che penso, delle mie cosiddette rigidità di pensiero, ecc. Tutto questo è molto interessante e molto utile, ma oh, quanto andremo avanti? Alla fine, se partiamo dal presupposto che non sono paranoico, sono convinto che il fulcro delle mie convizioni non sia poi così irrealistico. Invece spesso ho l'impressione che si finisca col ventilare scenari alternativi del tutto fantasiosi, non meno di quelli che sono nei miei pensieri, anzi, tutt'altro. Tutto ciò mi irrita assai. Allora a che serve tuttociò? Avrei bisogno che, per lo meno, anche solo, non dico molto, né più né meno, accanto a questo lavoro si lavorasse sulle mie abilità sociali. Avrei bisogno di consigli e suggerimenti in tal senso. Sul mio manuale dei disturbi ho letto che il trattamento dell'evitante prevede prima il lavoro sul deficit di monitoraggio rappresentativo e di decentramento e solo dopo sulle abilità sociali, in quanto se egli non ha una sufficiente capacità di interpretare i propri stati mentali e metterli in relazione con le variabili esterne, il lavoro sulle skills relazionali e l'esposizione a situazioni sociali lo può portare a viverli con senso di rifiuto e di estraneità che non farebbero che confermare le convizioni errate. Ma allora ciò significa che la mia psicologa non mi ritiene ancora pronto per questo? In tal caso mi sentirei giudicato negativamente dalla mia psicologa!

(questi argomenti li ho affrontati già in passato con la mia psicologa ma non sono sicuro di averli comunicati in modo efficace ma la psicologa è lei, quindi che faccia il suo lavoro e capisca da sola? o gliene parlo di nuovo? sì, la prossima volta gliene parlo di nuovo...)
Vecchio 29-08-2011, 13:41   #2
Esperto
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Moon, ma tu -seriamente- pensi davvero di aver difficoltà a rappresentarti correttamente i tuoi stati mentali?

A me sembra un po' un controsenso che questo possa accadere, a parte casi psichici fortemente patologici che non sono ovviamente il tuo caso, ad una persona introversa pertanto naturalmente (fin troppo) portata all'autoanalisi...

Io non ci credo a sta minchiata che dicono gli psicologi che gli evitanti non sarebbero in grado di "monitorare" il proprio stato mentale.
Oppure non ho capito cosa vogliono dire.
Vecchio 29-08-2011, 14:43   #3
Esperto
L'avatar di Moonwatcher
 

Boh Who, che ti devo dire, la mia ex (psicologa, non ragazza ) mi disse che il punto fondamentale è che, sì, ho un discreto deficit metacognitivo. Esempi di ciò? Ad esempio quando mi chiedeva "che cosa pensava in quel momento?", la risposta tipica era "boh non pensavo a nulla, dovevo pensare per forza a qualcosa ". Sta di fatto che ho visto pressoché ovunque che gli esercizi di auto-osservazione sono l'incipit di qualunque terapia dell'evitante (beh, almeno di quelle moderne, nella psicanalisi e derivati invece da quanto ho capito si parla si parla si parla e basta). Ora neanche io ho capito del tutto cosa ciò significhi e come sia possibile che una mente non riesca a riflettere su se stessa , più che nella difficoltà a rappresentare gli stati mentali forse mi riconosco nella centratura eccessiva su me stesso, esempio a random: "riunione - centratura sullo stato di disagio interiore più che sugli altri e sulle possibili cause di imbarazzo".
Vecchio 29-08-2011, 14:58   #4
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Boh Who, che ti devo dire, la mia ex (psicologa, non ragazza ) mi disse che il punto fondamentale è che, sì, ho un discreto deficit metacognitivo. Esempi di ciò? Ad esempio quando mi chiedeva "che cosa pensava in quel momento?", la risposta tipica era "boh non pensavo a nulla, dovevo pensare per forza a qualcosa ". Sta di fatto che ho visto pressoché ovunque che gli esercizi di auto-osservazione sono l'incipit di qualunque terapia dell'evitante (beh, almeno di quelle moderne, nella psicanalisi e derivati invece da quanto ho capito si parla si parla si parla e basta). Ora neanche io ho capito del tutto cosa ciò significhi e come sia possibile che una mente non riesca a riflettere su se stessa , più che nella difficoltà a rappresentare gli stati mentali forse mi riconosco nella centratura eccessiva su me stesso, esempio a random: "riunione - centratura sullo stato di disagio interiore più che sugli altri e sulle possibili cause di imbarazzo".
molto molto molto molto interessante
proprio in questi giorni mi interrogavo su questo fenomeno. capiti a fagiuolo.

chiunque sta pensando sempre a qualcosa, specie un introverso, specie un timido, che per inciso non è abile nelle relazioni sociale leggere (lo so, sono fissato sull'argomento) e non riesce ad abbandonarsi allo scazzo del -dico-la-prima-minchiata-che-mi-viene-in-mente proprio perché è troppo concentrato sui pensieri

quindi il fatto che alla domanda "a cosa stai pensando?" la risposta più tipica sia "boh" è indice del fatto che:
un evitante non è concentrato sul vero sentire, ma molto di più su una serie di pensieri del tipo "chissà cosa pensa di me questa persona?", ovvero pensieri sul giudizio degli altri..quindi ne avrebbe di risposte da dare
Però siccome è evitante non riesce nemmeno ad ammettere questa cosa, cioè ha timore di dire che ha timore, e la paura della paura (cit.), è così grossa e radicata che attiva un riflesso condizionato di negazione. a cosa pensi? a nulla! stai male? no, va tutto bene. Perché non esci? perché mi sente un mignolo

quindi per forza non nasce lo small talk (e danni): lo scollamento tra il proprio sentire (la forza vitale caotica che da origine a tutte le passioni positive e negative) è tale che impedisce tale pratica socializzatrice
per riappacificarsi con questo lato della personalità il passo necessario è ammettere e tirare fuori tutte le paranoie, non tanto per ragionarci su, ma perché per affrontarle bisogna prima viverle ed entrarci in contatto.
Il che darà frutti negativi e positivi, è come liberare un'energia...tu volevi migliorare le abilità sociali: ma non ci sono consigli, non ci sono tattiche, è una parte della personalità che viene fuori spontanea, e per farlo bisogna entrare in contatto con quella parte di noi e liberarla, e poi vedere quello che succede

il problema metacoso lì, è essenzialmente il timore, per citare nicce, di sporgersi a guardare l'abisso dentro di noi (mi sto morellizzando)
potrei aver detto minchiate quindi siete pregati di criticarmi a volontà

Ultima modifica di JohnReds; 29-08-2011 a 15:20.
Vecchio 29-08-2011, 15:19   #5
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tu volevi migliorare le abilità sociali: ma non ci sono consigli, non ci sono tattiche
Cheffregatura.

Comunque il mio manuale sui disturbi dice chiaramente che dei tre elementi (deficit metarappresentativo, di decentramento e delle abilità sociali), quello che maggiormente mina il funzionamento mentale dell'evitante è il primo. Non è questione di migliorare l'efficacia comunicativa, o meglio questo avverrà in automatico con l'esercizio delle abilità sociali una volta che si avrà una sufficiente capacità di capire i propri stati mentali e collegarli agli eventi e agli altri (tant'è che nella prima fase sconsiglia la terapia di gruppo). Forse quindi le abilità sociali già ci sono, e non c'è nulla o quasi nulla da imparare in quel senso?

Ultima modifica di Moonwatcher; 29-08-2011 a 15:22.
Vecchio 29-08-2011, 15:30   #6
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Cheffregatura.

Comunque il mio manuale sui disturbi dice chiaramente che dei tre elementi (deficit metarappresentativo, di decentramento e delle abilità sociali), quello che maggiormente mina il funzionamento mentale dell'evitante è il primo. Non è questione di migliorare l'efficacia comunicativa, o meglio questo avverrà in automatico con l'esercizio delle abilità sociali una volta che si avrà una sufficiente capacità di capire i propri stati mentali e collegarli agli eventi e agli altri (tant'è che nella prima fase sconsiglia la terapia di gruppo). Forse quindi le abilità sociali già ci sono, e non c'è nulla o quasi nulla da imparare in quel senso?
No le abilità sociali non ci sono già. E' come suonare la chitarra, ci sono tecniche? In sostanza no, ti possono dare un consiglio su come mettere le dita (doppisensi a gogo) ma in pratica devi provare e provare e provare.
Però se uno c'ha le dita legate, hai voglia di provare!

Hai introdotto un concetto che stavo cercando di intuire, il deficit metarappresentativo (che ribattezzo metacoso), ovvero l'incapacità di capire quel che si prova...è questo che lega le dita e gli impedisce di sgranchirsi e provare a suonare nel modo che più gli torna comodo.
Mento sempre, sopratutto a me stesso (cit.). E purtroppo non è una roba da casi patologici gravi come diceva who.
Ma magari il caso da manicomio è dice di essere napoleone credendo di essere la reincarnazione di visnu.
Un semplice evitante si limita a non ammettere quei micro-timori che inibiscono un'esternazione libera e rilassata (o una bugia, ma detta con consapevolezza).
Alla fine è questo il trucco dei bugiardi patologici come il nostro premier: si autoconvincono delle balle che raccontano

ps: a riprova di ciò che ho detto (cioé che è difficile metarappresentarsi), mi son riletto il mio primo post, e mi sono accorto che aveva un'esposizione contorta, l'ho un po' aggiustata

Ultima modifica di JohnReds; 29-08-2011 a 15:34.
Vecchio 29-08-2011, 16:40   #7
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Mah, John, comunque non sono del tutto d'accordo con la tua teoria del riflesso condizionato di negazione e sulla paura della paura. Secondo me il punto piuttosto è che il metacoso () fa anch'esso parte delle abilità sociali stesse che l'evitante non sviluppa o che ha offuscate, vale a dire ci deve riflettere razionalmente su per reperire quelle informazioni, del genere (esempi random e forse a sproposito perché troppo banali): "sono arrabbiato perché Gigi mi ha rotto la bici", "sono triste perché Martina non vuole uscire con me", ecc. Il collegamento tra gli stati emotivi e gli stati mentali risulta perciò offuscato perché l'evitante non vivendo se non in disparte la vita relazionale non è allenato ad effettuare quel collegamento, che richiede la consapevolezza di far parte di una relazione che coinvolge anche Gigi e Martina. Eh, solo che lui Gigi e Martina li ha evitati, quindi non riesce a collegarli a se stesso.
Vecchio 29-08-2011, 17:38   #8
Banned
 

Vecchio 29-08-2011, 21:23   #9
Intermedio
 

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Sul mio manuale dei disturbi ho letto che il trattamento dell'evitante prevede prima il lavoro sul deficit di monitoraggio rappresentativo e di decentramento e solo dopo sulle abilità sociali, in quanto se egli non ha una sufficiente capacità di interpretare i propri stati mentali e metterli in relazione con le variabili esterne, il lavoro sulle skills relazionali e l'esposizione a situazioni sociali lo può portare a viverli con senso di rifiuto e di estraneità che non farebbero che confermare le convizioni errate.

Sembra che tutto il suo ragionamento parta dal presupposto che lei sia un evitante, etichetta che ritengo assolutamente forviante.
Ad ogni modo, sulla base ti tale classificazione mi sembra di capire che, grazie al suo manuale dei disturbi che immagino sia molto simile alla bibbia, il suo problema ruoti fondamentalmente attorno a tre aspetti: deficit meta rappresentativo, di decentramento e deficit delle social skill. Il fatto che la sua psicologa (spero psicoterapeuta) non sia ancora passata al social skill training la induce a pensare di non essere a buon punto nel suo percorso.

Il non essere immediatamente consapevole dei propri pensieri e quindi del proprio dialogo interiore non significa per forza di cose avere un deficit meta rappresentativo, cosa ben più seria.
Molti pazienti alla domanda "cosa stava pensando o come si sentiva in quel momento" risponde "bho"... Non credo siano tutti "evitanti". Più probabile che non siano abituati a riflettere sui propri stati e quindi a non esserne consapevoli nel immediato. Costruire tale abitudine sarebbe più semplice che rimediare ad un deficit meta rappresentativo.

Leggendo le sue riflessioni sarei più propenso ad escludere tale tipo di deficit e se così fosse (mi rendo conto dell'azzardo), verrebbe meno una delle caratteristiche del suo "essere evitante", etichetta carica di presupposti forvianti.

Spero trovi qualche spunto utile nella mia riflessione. Ad ogni modo concordo con lei circa il fatto di esprimere le sue perplessità alla sua terapeuta.

Dott. Liverani
Vecchio 29-08-2011, 21:30   #10
Esperto
L'avatar di JohnReds
 

(ehm, moon, fa il bravo )

signor liverani, cos'è il social skill training?
E' una cosa che possono fare tutti coloro che non sono perfettamente a loro agio nel vivere in società (il che in futuro equivarrà, se tanto mi da tanto, al 90% della popolazione), o è un trattamento per i casi gravi (es. autismo)

grazie

Ultima modifica di JohnReds; 29-08-2011 a 21:38.
Vecchio 29-08-2011, 21:38   #11
Esperto
L'avatar di JohnReds
 

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Originariamente inviata da Moonwatcher Visualizza il messaggio
Mah, John, comunque non sono del tutto d'accordo con la tua teoria del riflesso condizionato di negazione e sulla paura della paura. Secondo me il punto piuttosto è che il metacoso () fa anch'esso parte delle abilità sociali stesse che l'evitante non sviluppa o che ha offuscate, vale a dire ci deve riflettere razionalmente su per reperire quelle informazioni, del genere (esempi random e forse a sproposito perché troppo banali): "sono arrabbiato perché Gigi mi ha rotto la bici", "sono triste perché Martina non vuole uscire con me", ecc. Il collegamento tra gli stati emotivi e gli stati mentali risulta perciò offuscato perché l'evitante non vivendo se non in disparte la vita relazionale non è allenato ad effettuare quel collegamento, che richiede la consapevolezza di far parte di una relazione che coinvolge anche Gigi e Martina. Eh, solo che lui Gigi e Martina li ha evitati, quindi non riesce a collegarli a se stesso.
credo che stiamo dicendo la stessa cosa
il riflesso condizionato di negazione nasce, tra le varie cose, anche dalla paura della paura
e questo riflesso condizionato equivale più o meno al metacoso, è un modo di fare che ormai viene spontaneo, anche se è l'opposto di un'abilità: fare il salto mortale è un'abilità, camminare gobbi è un difetto fisico
Vecchio 29-08-2011, 21:56   #12
Esperto
L'avatar di Moonwatcher
 

Quote:
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(ehm, moon, fa il bravo )
Che significa ciò?
Vecchio 29-08-2011, 21:58   #13
Avanzato
L'avatar di Semir1978
 

Quote:
Originariamente inviata da Moonwatcher Visualizza il messaggio
ma oh, quanto andremo avanti?

Finché la tua psicologa non avrà finito di pagare il mutuo della casa.
Vecchio 29-08-2011, 22:03   #14
Esperto
L'avatar di JohnReds
 

Quote:
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Che significa ciò?
Nel senso che una volta quando liverani parlava tu partivi con le frecciate
non hai mai detto nulla di peso, ma non volevo che tu lo scacciassi ora che gli chiesto una cosa
Vecchio 29-08-2011, 22:49   #15
Esperto
L'avatar di Moonwatcher
 

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Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
Sembra che tutto il suo ragionamento parta dal presupposto che lei sia un evitante, etichetta che ritengo assolutamente forviante.
Ad ogni modo, sulla base ti tale classificazione mi sembra di capire che, grazie al suo manuale dei disturbi che immagino sia molto simile alla bibbia, il suo problema ruoti fondamentalmente attorno a tre aspetti: deficit meta rappresentativo, di decentramento e deficit delle social skill. Il fatto che la sua psicologa (spero psicoterapeuta) non sia ancora passata al social skill training la induce a pensare di non essere a buon punto nel suo percorso.
Ma no, mi spiace deluderla ma quello che le sembra di capire è errato. Semplicemente mi è stato chiesto dalla mia psicologa (ovviamente psicoterapeuta, ci mancherebbe), di pensare a quali obiettivi, quali cose da migliorare mi premono in questa seconda parte del nostro percorso. La prima cosa che mi è venuta in mente, non vedendo una cippa di miglioramento sono state le abilità sociali! Poi, la lettura parallela di un testo sui disturbi di personalità mi ha spinto a rileggere tutto ciò in quella chiave, che non è certamente l'unica possibile. Ora, al di là del metacoso e del dececoso e del disturbo evitante o quello che sia, io non capisco perché ad una persona con difficoltà relazionali, ma che comunque lavora ed ha la sua seppur limitata vita sociale (cioè voglio dire... non sono mica autistico!), non si possano prescrivere delle, magari semplici, interazioni sociali, per poi discutere in seduta sui risultati conseguiti e le criticità a livello relazionale. Se poi anche fossero dei fallimenti, voglio dire, faccio già tanti fallimenti per conto mio, e uno in più non sarà certo la fine del mondo né credo che vada più di tanto a confermare le mie convinzioni. Tutto questo secondo me si potrebbe benissimo fare anche parallelamente (fin dalle primissime sedute) al lavoro di analisi sulle rigidità di pensiero. Lei cosa ne pensa?

Quote:
Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
Il non essere immediatamente consapevole dei propri pensieri e quindi del proprio dialogo interiore non significa per forza di cose avere un deficit meta rappresentativo, cosa ben più seria.
Molti pazienti alla domanda "cosa stava pensando o come si sentiva in quel momento" risponde "bho"... Non credo siano tutti "evitanti". Più probabile che non siano abituati a riflettere sui propri stati e quindi a non esserne consapevoli nel immediato. Costruire tale abitudine sarebbe più semplice che rimediare ad un deficit meta rappresentativo.

Leggendo le sue riflessioni sarei più propenso ad escludere tale tipo di deficit e se così fosse (mi rendo conto dell'azzardo), verrebbe meno una delle caratteristiche del suo "essere evitante", etichetta carica di presupposti forvianti.
Mi parlò di disturbo evitante una sua collega (psicoterapeuta) regolarmente iscritta all'albo degli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali, e mi parlò anche del mio (presunto) deficit metacognitivo. Naturalmente non prendo per oro colato né l'una né l'altra cosa, ma rileggendo quel testo mi è tornato alla mente. Da quali punti delle mie riflessioni si è ritenuto propenso ad escluderlo?

Quote:
Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
Spero trovi qualche spunto utile nella mia riflessione. Ad ogni modo concordo con lei circa il fatto di esprimere le sue perplessità alla sua terapeuta.
Certo che mi sono stati utili, la ringrazio Dott. e mi fa piacere che concorda, se dovessi mai decidere di cambiare terapeuta lei sarà il primo al quale mi rivolgerò.

Ultima modifica di Moonwatcher; 29-08-2011 a 23:36.
Vecchio 29-08-2011, 22:56   #16
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L'avatar di Who_by_fire
 

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Originariamente inviata da Grande Fobia Visualizza il messaggio
Hahahaha!!
Vecchio 29-08-2011, 23:04   #17
Esperto
L'avatar di Moonwatcher
 

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Originariamente inviata da Who_by_fire Visualizza il messaggio
Hahahaha!!
Vi odio. Fatene la traduzione o almeno un sunto per un english-ignorant.
Vecchio 29-08-2011, 23:35   #18
Esperto
 

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Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
Ad ogni modo, sulla base ti tale classificazione mi sembra di capire che, grazie al suo manuale dei disturbi che immagino sia molto simile alla bibbia
Bella battuta ^^
Da persona assolutamente profana di psicologia mi sorge la curiosità di chiederle se è solito rivolgere sfottò del genere anche in riferimento alle convinzioni dei suoi pazienti, magari durante una seduta.
La ringrazio anticipatamente per la risposta
Vecchio 29-08-2011, 23:37   #19
Esperto
L'avatar di nymphe
 

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Originariamente inviata da Moonwatcher Visualizza il messaggio
Vi odio. Fatene la traduzione o almeno un sunto per un english-ignorant.
In poche parole lo psicologo dice al paziente che il suo vero problema è che lui(paziente) pensa veramente di poter risolvere i suoi problemi rimanendo lì chiuso a parlare. Poi, sempre lo psicologo, aggiunge che tutti hanno delle difficoltà, il vero sostegno te lo dovrebbero dare la famiglia e gli amici ma, non avendoli come supporto, sarebbe meglio buttarsi tra le onde dell'oceano (o qualcosa di simile), infatti quest'ultima frase non l'ho capita bene, gli consiglia di suicidarsi?

Nonostante tutto non gli converrebbe perchè deve fare la fortuna dello psicologo
Vecchio 29-08-2011, 23:42   #20
Esperto
L'avatar di JohnReds
 

La frecciatina sulla bibbia me l'ero persa, e io che l'ho pure difeso..

E' comune a molte persone "esterne", sia profani che professionisti, la convinzione che chi ha problemi psicologici sia facile preda di sette, manuali, credenze di vario tipo.
Mentre invece più spesso tra le persone problematiche regna uno scetticismo molto forte verso qualsiasi cosa, siano esse soluzioni trovate nei libri o sedute pagate profumatamente.

Uno magari verbalmente, nel parlare di se stesso, si affida a manuali e termini scientifici (anche se è scettico su di essi), ma molto spesso è semplicemente un modo per oggettivare i propri problemi, per parlarne in modo più sereno e ragionarne meglio. L'ideale sarebbe conoscere il termine scientifico esatto per ogni singolo moto dell'anima, ma è impossibile, gli strumenti sono limitati, o meglio è l'animo umano che è infinito.

Scambiare questo modo di comunicare per un attaccamento religioso è sbagliatissimo e anche sintomo di presunzione da parte degli psicologi che credono un po' troppo nella loro scienza, che è invece la più imperfetta e lontana da conclusioni certe tra tutte quelle esistenti..ad esser buoni si contende la top list con la sociologia. E questo i loro pazienti lo sanno.

Ultima modifica di JohnReds; 29-08-2011 a 23:49.
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