Il 18 settembre 2005 Alex Bellini parte da solo su una barca a remi da Quarto, lo scoglio garibaldino nei pressi di Genova, per la traversata atlantica più lunga della storia: oltre diecimila chilometri lo separano dall’arrivo a Fortaleza, in Brasile. Una sfida estrema, che vede per la prima volta un italiano – e per di più un «montanaro» nato in Valtellina – sfidare con il solo aiuto dei remi le insidie del Mediterraneo e la vastità dell’oceano, affrontare la fame, gli imprevisti, i lunghi mesi di solitudine e soprattutto accettare il confronto con emozioni sconosciute. Dopo 226 giorni passati in mare, Bellini arriverà a Fortaleza il 2 maggio 2006. Ma tra la partenza e l’arrivo tutto è cambiato, il mare è stato un grande maestro di vita.
Mi chiamavano montanaro non è solo il racconto dettagliato di un’impresa da record, ma è anche la storia di un ragazzo dagli occhi di ghiaccio che con caparbietà e ostinazione riesce a trasformare un sogno impossibile in realtà. E che vedendo riflesso nel mare se stesso, con le proprie speranze e le proprie paure, e comprendendo il senso di quell’avventura, capirà quanto è difficile il cammino per diventare uomo.
"Risposte non ne ho. Ma ho scelto di salire su questa barca e di rimanerci cinque mesi, di lasciare tutto quello che ho di prezioso a casa, amici, famiglia, comodità, passioni, e di buttarmi in mezzo al mare per mattermi alla ricerca di quel qualcosa che mi ha chiamato e che mi fa sentire vivo. Non so neppure se esista, forse questa ricerca è tutta vana, ma nonostante non abbia nient´altro che l´indispensabile per sopravvivere, sento che non mi manca nulla per essere felice."
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