Intervista a Piergiorgio Odifreddi luglio 2010
Piergiorgio Odifreddi ha studiato matematica in Italia, Stati Uniti e Unione Sovietica e insegnato logica presso l'Università di Torino e la Cornell University.
Collabora a Repubblica, L'Espresso e Le Scienze.
Ha vinto nel 1998 il premio Galileo dell'Unione Matematica Italiana, nel 2002 il premio Peano
della Mathesis (poi restituito nel 2009 per protesta) e nel 2006 il premio Italgas per la divulgazione.
Ha scritto vari articoli e saggi, raccolti in "Il computer di Dio" e "La repubblica dei numeri" per Cortina, e "Il matematico impertinente" e "Il matematico impenitente" per Longanesi.
Temo di non essere la persona adatta per rispondere a domande sul
senso della vita. La mia formazione, e la mia elezione, mi spingono a evitare di affrontare argomenti così generali, non avendo niente di specifico da dire che si possa dedurre dalle mie competenze.
So che letterati e filosofi si dilettano di rispondere a quelle domande. Ma quando leggo i prodotti delle loro riflessioni, sono colpito dalla disparità tra la grandiosità delle domande, e la banalità delle risposte. Preferisco dunque evitare di fare la stessa fine.
Spero di non sembrare spocchioso, in tal modo. Ma l'unica domanda alla quale avrei forse potuto rispondere sensatamente è quella sulla morte, anche perché lì sappiamo effettivamente la risposta: la morte è il prezzo da pagare per poter avere una
vita interessante. I batteri non muoiono, e continuano a riprodursi dividendosi, ma che
vita è mai la loro?
Quanto al
senso della vita, credo comunque che la domanda sia mal posta: il
senso è una proprietà delle frasi del linguaggio, e non degli eventi. Chiedersi che
senso ha la
vita, è come chiedersi che colore o che tonalità abbia. O che
senso abbia un elettrone.
Una cosa precisa la posso però dire, a proposito di questa frase che sta sul vostro sito: "Una risposta non esiste solo quando non è possibile formulare la domanda". L'insegnamento più importante
della logica e
della scienza moderna, codificato nel teorema di Godel e nel principio di indeterminazione di Heisenberg, è esattamente l'opposto! E cioè, che anche le domande sensate possono non avere risposta. Anzi, che QUASI TUTTE le domande sensate (in un
senso ben preciso e quantificabile in termini matematici, e non solo in vaghi termini metaforici) non ce l'hanno...
Naturalmente, molte domande non hanno invece
senso, e dunque neppure risposta. E un altro insegnamento
della logica moderna è stato proprio mostrare come un'analisi logica porti spesso a decostruire le domande che a prima vista sembrano avere un
senso, ma poi non ce l'hanno: in particolare quelle metafisiche. Oggi sappiamo (non "crediamo", o "vorremmo che", ma "sappiamo") che le questioni metafisiche sono pseudoquestioni, sulle quali è dunque inutile arrovellarsi.
Naturalmente, non mi aspetto che non solo queste fugaci osservazioni, ma nemmeno le ponderose analisi logiche del novecento, possano distogliere la gente dal porre certe domande, e dal cercare di dar loro risposte. Mi basterebbe mettere questa pulce nell'orecchio di qualcuno: che molto di ciò che sembra filosofia è in realtà letteratura. Anch'io leggo romanzi, naturalmente, ma non mi aspetto che contengano soluzioni ai problemi
della vita.
Piergiorgio Odifreddi