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Originariamente inviata da ciarliera
Le stesse cose si pretendono dalle donne.
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entrambi i sessi hanno bisogni che proiettano sull'altro.
il problema è che quelli maschili sono considerati patriarcali, quelli
femminili tutti legittimi (siano essi di stampo vecchio o di stampo moderno). è questo il nocciolo.
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Parli come se la donna avesse tolto all'uomo l'egemonia di ruolo nella società. E cmq parli come se l'uomo dovesse averla necessariamente, tale egemonia.
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egemonia è una parola che non ha senso nel discorso.
c'erano ruoli e son stati tolti. per me i ruoli potrebbero essere anche capovolti se funzionassero. è l'assenza di ruolo che è disfunzionale.
è la perdita di identità.
alla domanda "io chi sono?" la società deve dare una risposta.
la risposta può anche essere rifiutata, ma la deve cmq dare.
altrimenti è la fine, perché come posso costruirmi un'identità anche nuova
se non ho un punto di riferimento iniziale?
se la risposta è implicitamente "sei quello che possiedi" tu mi
puoi davvero parlare di cultura? no, è acultura.
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Parli come se etica e morale non possano esser soggetti a cambiamento, e dovessero necessariamente essere elementi ristagnanti nella cultura, punti fermi da non smentire mai.
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assolutamente no.
etica e morale si riformulano ma o sono elementi socialmente condivisi o sono parole vuote (relativismo morale: ciò che domina oggi).
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Beh anche la donna ha una funzione di protezione. Nel mondo animale è la femmina che accudisce la prole e ne garantisce la sopravvivenza. Quindi la funzione di protezione è ascrivibile a entrambi i sessi.
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e che c'entra? tu stavi parlando del fatto che l'uomo debba abituarsi a non
fare il cavaliere. diresti ad una donna di disabituarsi a fare da madre?
è aberrante dal mio punto di vista.
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E anche qui il relativismo culturale di cui ti fai paladino viene un po' a mancare. Perchè trapela un concetto di morale come entità stabile e ferma. La morale può cambiare nel tempo, anzi, guai se rimanesse sempre ferma!
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tu non capisci che la morale ha senso se è condivisa dagli individui della società. l'individualismo non è morale, è relativismo morale.
è cosa ben diversa dal relativismo culturale.
il relativismo morale è anticamera del nichilismo.
ergo, se una morale è ascrivibile al solo individuo e non alla società, quella morale non ha nessun valore tranne per chi la esercita.
ha valore solo nel momento in cui si assume la responsabilità di difenderla
anche contro il pensiero altrui.
nel nostro mondo invece ognuno ragiona con l'idea del tornaconto personale.
nn c'è affatto una morale mutevole, c'è un'assenza di morale.
le persone non si assumono la responsabilità, anzi le rifuggono soprattutto sul piano emotivo. d'altronde è ovvio: se tutto è lecito, chi me lo fa fare?
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Queste donne che fanno gli uomini e uomini che si dedicano ad attività prima prettamente femminili (lavare, stirare, preparare la merenda al figlio etc.) sono il futuro roseo della nostra società.
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l'uomo senza ruolo è un uomo mancato.
la donna ha un ruolo per nascita, l'uomo deve costruirselo.
a questo serve la cultura in primis, che infatti è sempre stata
fatta di riti di iniziazione, elementi psicologici che servivano a costruire
una sovrastruttura indispensabile per il maschio.
le donne domani dovranno fare da madri anche agli adulti, anzi
lo stanno già facendo, perché manca quell'elemento.
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Il concetto stesso di ruolo è limitante. Io vedo un futuro in cui uomini e donne non sono poi così ben definiti nel loro ruolo, in cui un uomo può piangere senza vergognarsi guardando un film, la donna può parlare liberamente di sesso senza essere tacciata come volgare o fare il primo passo nel corteggiamento (contenti voi)
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anche adesso lo possono fare.
sei tu che confondi un giudizio sociale che ci sarà sempre (può cambiare il tipo di giudizio, ma ci sarà sempre) con il piano del potere o non poter fare.
se piango al cinema nessuno mi dice niente, subirò un giudizio certamente, allo stesso modo in cui potrei subirlo se mi mettessi a ridere davanti ad
una scena drammatica.
tu vorresti una società di atomi scollegati che è impossibile anche solo
per via dei processi di identificazione/differenziazione.
senza contare che proprio il fatto che la reazione possa essere positiva, neutra o negativa non fa altro che sottolineare la preminenza di un relativismo morale.
questo pone l'individuo e i suoi desideri indotti al di soprà di qualsiasi
giudizio sociale e morale, salvo che rispetti la legge.
ma questa è acultura (bis!). la cultura ti dice cosa è giusto che tu sia
fin da quando nasci.
è cmq curioso (sempre per via della femminilizzazione) che un uomo debba
mostrarsi sensibile (piangere al cinema) e non possa invece mettersi a ridere davanti ad una scena strappalacrime.
come vedi il giudizio in realtà potrebbe anche essersi ribaltato cadendo
nel pregiudizio precedente.
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Io vedo uomini che sembrano donne e donne che sembrano uomini.
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pie illusioni. andiamo verso l'indifferenziazione?
l'indifferenziazione porta all'inedia. per questo dico che duriamo poco.
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Una società a-culturale? Per me non esiste l'assenza di cultura. Anche la civiltà più semplice, priva di scrittura e di tecnologia, ha un sistema culturale alla base.
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quali sono le basi riconoscibili della ns. cultura?
quali sono i valori universalmente condivisi che delineano l'identità della
nostra società?
(la libertà non è un valore, per la cronaca, ne è anzi le negazione: i valori
sono paletti comportamentali rispetto ad una visione di Bene)
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Perchè pensi che manchi un senso dell'esistenza? Solo perchè questo senso è soggetto a cambiamenti nelle varie epoche storiche?
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no, perché non è un senso condiviso.
che sia un senso di stampo animista o di stampo islamista è sempre un senso.
qual'è il senso del nostro tempo? non c'è. non ci sono tratti culturali.
è relativismo morale che fa si che non vi sia una cultura.
la società non ti da delle regole morali ed etiche univoche, mi autocito:
la nostra società è
multietnica e aculturale poiché poggiata sul consumo di merci e non ha un'identità. il cittadino non appartiene ad una cultura definita, ma tenta
di crearsene una fittizia attraverso i beni.
poi Taylor:
la moralità [odierna ndLD] affronta il problema di che cosa è giusto fare, non di che cosa è bene essere. Conseguentemente l’obbiettivo della teoria morale viene identificato nella definizione del contenuto dell’obbligo [le leggi], non nella natura della vita buona […] Al centro dell’attenzione ci sono i principi, gli imperativi o i criteri guida dell’azione, mentre la preoccupazione di mettere a punto delle visioni del bene è completamente assente. La morale si occupa esclusivamente di quello che dobbiamo fare, trascurando il problema di che cosa sia apprezzabile in sé o di che cosa dovremmo ammirare o amare
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Da come parli sembra che tu voglia paralizzare la cultura, la morale, l'etica. Un po' come i conservatori che si sono susseguiti nelle varie epoche, un po' come i tolemaici che denigravano i copernicani. Ma la cultura non ristagna. Per fortuna.
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ti sto solo facendo notare che sono concetti che non esistono più ed è talmente interiorizzato questo modello sociale che si fa fatica anche a
definirli e comprenderli.
già il fatto che ti sia spostata con l'esempio sulla scienza non è casuale.
è un sintomo di progressismo....come se i valori possano essere messi in scala.
ma non è così. cultura, morale ed etica certamente si modificano e si trasformano secondo una visione di Bene che a sua volta si modifica.
oggi la visione di Bene manca completamente.
Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso. (cit.)