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12-07-2013, 02:08
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#1
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Banned
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,362
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Prendo spunto da questo post di fry per pubblicare una mia riflessione:
Quote:
Originariamente inviata da Fry
E' anche difficile parlare di depressione con un depresso...
L'intento del mio post era di provare a dare una visione più globale e generale del problema depressione, invece troppo facilmente si ricade sul personale.
Io non ho accusato nessuno di non fare nulla per stare meglio, ho scritto che dal mio punto di vista il farmaco non risolve ma sospende il problema(anche perchè a quest'ora con tutta la merda che ho mandato giù dovrei essere un superman) e che probabilmente il fatto che ci sia una sempre maggiore presenza di depressi o presunti tali nella società è da imputare ad un'involuzione della stessa verso un'ostentato individualismo e competitività, ad una mancanza di una rete di rapporti sociali tesi alla collaborazione e al progresso comune, che manda in sofferenza gli individui.
Claro?
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All'esordio dei miei problemi, avevo 17 anni, ero pieno di giustificazioni contro la società, contro il sistema, contro la scuola che mi sembrava ingiusta, contro i professori che facevano copiare i compiti per alzare la media di classe (e quindi chi non aveva il coraggio di arruffianarsi i due secchioni si beccava un bel 2 in latino), contro questo, e contro quello.
Mi sono costruito un bel castello di impalcature per spiegare a me stesso perché facevo quello che facevo, cioé: niente.
Niente compiti, niente vita sociale, niente studio, niente.
Alla psicologa dissi che ero come gandhi, perché facevo "protesta non violenta".
Mi fece notare che in sostanza ero un paraculo.
La mia non era una protesta, ma era uno scapricciare.
Non mi andavano bene certe cose, legittimo: cosa facevo per cambiarle? Nulla. Semplicemente mi isolavo.
Più in avanti scoprii che i miei comportamenti erano ascrivibili alla descrizione di passivo-aggressivi.
Mi fu spiegato che il mio comportamento era legato sì all'insofferenza delle situazioni; ma anche al bisogno di approvazione altrui e quindi a non voler minare la stessa attraverso aperte critiche o contrasti. Perciò, da un lato accettavo passivamente la cosa, dall'altra ero aggressivo e quindi evitavo di partecipare, diventavo passivo.
Ora, so, con un poco di esperienza in più, che se qualcosa non funziona nel sistema in cui viviamo, o si lotta per cambiarlo, o lo si accetta, oppure si cambia sistema di riferimento.
Altre opzioni, come lamentarsi che le cose vanno male, non sono contemplate.
E ho imparato che tutto sommato spesso è meglio accettare il sistema corrente per quello che è, che imbarcarsi in battaglie contro i mulini a vento.
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12-07-2013, 02:54
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#2
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Avanzato
Qui dal: Feb 2010
Messaggi: 350
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Mi piace questo topic.
Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
Ora, so, con un poco di esperienza in più, che se qualcosa non funziona nel sistema in cui viviamo, o si lotta per cambiarlo, o lo si accetta, oppure si cambia sistema di riferimento.
Altre opzioni, come lamentarsi che le cose vanno male, non sono contemplate.
E ho imparato che tutto sommato spesso è meglio accettare il sistema corrente per quello che è, che imbarcarsi in battaglie contro i mulini a vento.
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Sono molto d'accordo sul fatto che lamentarsi serve a zero.
Ci sarebbe tanto da dire su questo, ma finirei con lo scrivere un post stralungo di robe che ho letto qua e là non riuscendo a spiegare bene il concetto.
Credo cmq come avevo già scritto in altri post che la chiave sia la gestione delle proprie emozioni per riuscire a stare il più a lungo possibile in uno stato positivo durante l'arco di una giornata, una settimana, un mese ecc... restare nel presente il più possibile e non lasciare vagare il cervello a caso tra pensieri negativi.
Questo per me vale ovviamente per cose non gravi.
La mia def. di grave è un lutto di qualche caro, una malattia incurabile o cose simili.
Di recente in un libro ( questo, magari sembra un libretto del caz a primo impatto, ma ci sono concetti veramente validi dentro) ho letto svariate pagine sull'argomento "smettere di odiare". Credo possa davvero dare un aiuto immenso per limitare il più possibile i pensieri negativi/limitanti.
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12-07-2013, 08:57
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#3
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Intermedio
Qui dal: Jun 2013
Messaggi: 149
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Sono d'accordo con le tue riflessioni e in modo particolare con quest'ultima affermazione che può sembrare una grande banalità, ma in realtà risasume molto bene tutto il succo del discorso:
Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
E ho imparato che tutto sommato spesso è meglio accettare il sistema corrente per quello che è, che imbarcarsi in battaglie contro i mulini a vento.
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Ed aggiungerei che il mondo non è tutto marcio come a volte ci appare e che le persone non sono tutte cattive o buone allo stesso modo, ma esistono un'infinità di sfumature che variano a seconda dei contesti, del tempo e di come noi le interpretiamo in base allo stato d'animo del momento.
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12-07-2013, 10:55
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#4
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Esperto
Qui dal: Jun 2013
Messaggi: 1,308
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Certi comportamenti sono un diritto se sei malato.
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12-07-2013, 12:01
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#5
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Esperto
Qui dal: Oct 2011
Messaggi: 2,635
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Quote:
Originariamente inviata da Still
Ed aggiungerei che il mondo non è tutto marcio come a volte ci appare e che le persone non sono tutte cattive o buone allo stesso modo, ma esistono un'infinità di sfumature che variano a seconda dei contesti, del tempo e di come noi le interpretiamo in base allo stato d'animo del momento.
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Sono d'accordo, si può stare nel sistema ma alle proprie regole.
Oppure, come ha scritto Marco, cambiare il sistema di riferimento. Perchè devo per forza pensarla come le altre persone? Non possiamo convivere ognuno coi suoi obiettivi e punti di vista? Assertività.
Di sicuro dire addio alla vita sociale per ribellione contro lo stato delle cose è la cazzata più grossa che si possa fare (quando non un'emerita scusa per non affrontare le paure).
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12-07-2013, 12:53
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#6
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Esperto
Qui dal: Jan 2013
Messaggi: 1,556
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chi e' stato posseduto dalla Bestia, non ha il quadro chiaro della situazione spesso.
Tende a chiudersi a riccio. Rifiuta di comunicare.
Si fa stordire dai pensieri negativi e alla fne suicidari.
Bisogna per prima cosa riuscire a spezzare il circolo vizioso della negatività
Il depresso piu' che lamentarsi deve confrontarsi con il mondo
E' l'unica strada per uscirne
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12-07-2013, 13:03
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#7
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
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Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
Prendo spunto da questo post di fry per pubblicare una mia riflessione:
All'esordio dei miei problemi, avevo 17 anni, ero pieno di giustificazioni contro la società, contro il sistema, contro la scuola che mi sembrava ingiusta, contro i professori che facevano copiare i compiti per alzare la media di classe (e quindi chi non aveva il coraggio di arruffianarsi i due secchioni si beccava un bel 2 in latino), contro questo, e contro quello.
Mi sono costruito un bel castello di impalcature per spiegare a me stesso perché facevo quello che facevo, cioé: niente.
Niente compiti, niente vita sociale, niente studio, niente.
Alla psicologa dissi che ero come gandhi, perché facevo "protesta non violenta".
Mi fece notare che in sostanza ero un paraculo.
La mia non era una protesta, ma era uno scapricciare.
Non mi andavano bene certe cose, legittimo: cosa facevo per cambiarle? Nulla. Semplicemente mi isolavo.
Più in avanti scoprii che i miei comportamenti erano ascrivibili alla descrizione di passivo-aggressivi.
Mi fu spiegato che il mio comportamento era legato sì all'insofferenza delle situazioni; ma anche al bisogno di approvazione altrui e quindi a non voler minare la stessa attraverso aperte critiche o contrasti. Perciò, da un lato accettavo passivamente la cosa, dall'altra ero aggressivo e quindi evitavo di partecipare, diventavo passivo.
Ora, so, con un poco di esperienza in più, che se qualcosa non funziona nel sistema in cui viviamo, o si lotta per cambiarlo, o lo si accetta, oppure si cambia sistema di riferimento.
Altre opzioni, come lamentarsi che le cose vanno male, non sono contemplate.
E ho imparato che tutto sommato spesso è meglio accettare il sistema corrente per quello che è, che imbarcarsi in battaglie contro i mulini a vento.
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Non credo che questo discorso vada bene ad uno come me.
Se la psicologa l'avesse detto a me avrei esposto le mie perplessità.
Io non so chi sono, come posso avere la forza di cambiare sistema di riferimento? E che significa cambiare sistema di riferimento? Essere insensibile a quasi tutto ciò che mi circonda?
Io non potrei seguire quei consigli perché il pensiero è una parte di me troppo importante; l'idealizzazione, la messa in discussione che l'esistenza che vivo è solo uno dei mondi possibili fanno parte visceralmente di me; è degradante che questi pensieri che fanno parte di me, vengano considerate lamentele. Se il mio è solo piagnucolare, allora io sono il piagnucolare. Invece non è così, io sono solo uno che ha un rapporto I/E inusuale e non posso seguire certi principi validi per la maggior parte, o magari non sono ancora pronto.
Negare una parte di me così grande significa annullarmi completamente e perdere ulteriormente la mia identità.
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12-07-2013, 15:14
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#8
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Avanzato
Qui dal: Jul 2013
Messaggi: 450
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Ti rispondo qua, visto che bene o male le cose che hai scritto sia qua che nell'altro post sono uguali.
Tu hai raccontato la tua esperienza, hai reagito da ragazzino ad una palese ingiustizia perpetrata da degli adulti che accadeva a scuola in modo provocatorio e ribelle e ti sei beccato del paraculo, poi ti hanno detto che sei passivo aggressivo e ti hanno spiegato come sei fatto. Con gli anni da quanto ho capito ti sei adeguato, e cerchi di essere contento delle tue piccole cose.
Guarda che ciò di cui parlo io non è niente di nuovo, è stato sviscerato da decenni da gente molto più in gamba di me, a cui faccio riferimento.
Coltivare uno spirito critico è ciò che mi tiene a galla, e tenere una certa distanza tra me e le convenzioni sociali, non identificandomici, è per me di vitale importanza, perchè non fa soffocare la mia identità di essere umano.
Bisogna certamente vivere tutti i giorni la quotidianità, ma secondo me va tenuta sempre una finestra aperta verso ciò che ci accade intorno. Da quando sono piccolo vedo gente che cade in depressione per le ragioni più disparate, attua comportamenti auto lesionisti, compie gesti estremi,senza un senso apparente. Diventano i loro stessi nemici. E si devono pure sentir dire che alla fine "è colpa loro", "sono troppo sensibili". E mi ha sempre stupito l'imbarazzo e lo sgomento della gente intorno, incapace di dare una risposta finisce per dimenticare, archiviare questi eventi.
"E ho imparato che tutto sommato spesso è meglio accettare il sistema corrente per quello che è, che imbarcarsi in battaglie contro i mulini a vento."
Io no, perchè non ho mai considerato "accettare il sistema corrente" come una risposta soddisfacente. Perchè allo stato attuale non fornisce risposte ma non sa fare altro che intervenire sul sintomo e non sulla causa, avvalendosi degli sviluppi della chimica. Ti gonfia di antidepressivi e tu non senti più niente. Conosco persone che prendono dosi massicce di tranquillanti. Sembrano bestie in gabbia. E non hanno patologie psichiatriche come la schizofrenia,di cui hai parlato in un altro post.
Mi dispiace, non posso fare finta che va tutto bene, quando vedo che troppe persone provano le stesse cose che provo io.
E non confondere il mio sentimento con il "lamentarsi che le cose non vanno bene", perchè non sto parlando di Berlusconi o della televisione che fa schifo.
"Mi sono costruito un bel castello di impalcature per spiegare a me stesso perché facevo quello che facevo, cioé: niente."
Anche questo è interessante. Ciò di cui maggiormente sentiamo la mancanza è...un senso nelle cose! E lo percepiamo fin dall'infanzia, l'adolescenza, quando cominciamo a incontrare la società senza il filtro dei genitori.
Ripeto la metafora dell'animale in gabbia, un animale senza libertà di decidere, fortemente vincolato dal suo contesto, reso impotente. Cosa pensi che rimanga da fare a quell'animale?
Tacciare questo tipo di sentimento come "capriccioso" o "lotta ai mulini a vento" personalmente lo trovo superficiale perchè non vuole tenere conto del contesto ma pone l'accento solo sull'individuo.
Come dice Fromm è scomparsa la gioia nell'uomo. Da decenni ormai.
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12-07-2013, 15:25
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#9
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Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 65,154
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Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
Ora, so, con un poco di esperienza in più, che se qualcosa non funziona nel sistema in cui viviamo, o si lotta per cambiarlo, o lo si accetta, oppure si cambia sistema di riferimento.
Altre opzioni, come lamentarsi che le cose vanno male, non sono contemplate.
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Giusto. Io scelgo la prima opzione o la terza, a seconda dei contesti.
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12-07-2013, 20:47
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#10
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Intermedio
Qui dal: Jun 2013
Messaggi: 149
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Quote:
Originariamente inviata da Novak
Sono d'accordo, si può stare nel sistema ma alle proprie regole.
Oppure, come ha scritto Marco, cambiare il sistema di riferimento. Perchè devo per forza pensarla come le altre persone? Non possiamo convivere ognuno coi suoi obiettivi e punti di vista? Assertività.
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Ecco, la strada dell'assertività è proprio quella che sto cercando di percorrere io, sono consapevole che non è facile ma è quella che più si addice al mio carattere e alle mie attitudini. Ovviamente non è detto che questa sia la cosa più adatta per chiunque, ognuno deve cercare di capire qual è per sè il miglior modo possibile per interagire col resto del mondo.
Quote:
Di sicuro dire addio alla vita sociale per ribellione contro lo stato delle cose è la cazzata più grossa che si possa fare (quando non un'emerita scusa per non affrontare le paure).
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Hai ragione, questa cazzata l'ho fatta pure io, ma ora mi sto rendendo conto di avere sbagliato e sto cercando di rimediare.
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12-07-2013, 21:48
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#11
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Banned
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,362
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Quote:
Originariamente inviata da Novak
Sono d'accordo, si può stare nel sistema ma alle proprie regole.
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No, questo non si può fare. Si può restare nel sistema senza condividerne le regole solo cercando di cambiarle dall'interno.
E' una strada impervia, che non consiglierei a nessuno qui dentro, ma che se qualcuno volesse intraprenderla avrebbe soltanto la mia più sincera ammirazione.
Quote:
Originariamente inviata da Novak
Oppure, come ha scritto Marco, cambiare il sistema di riferimento. Perchè devo per forza pensarla come le altre persone? Non possiamo convivere ognuno coi suoi obiettivi e punti di vista? Assertività.
Di sicuro dire addio alla vita sociale per ribellione contro lo stato delle cose è la cazzata più grossa che si possa fare (quando non un'emerita scusa per non affrontare le paure).
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Non credo. Credo che in certe circostanze (estreme) sia necessario anche abbandonare la propria vita sociale (possibilmente costruendosene un'altra).
E' quello che intendo col "cambiare sistema di riferimento". Cioé lasciare la scuola, o il lavoro, o gli amici, se non si riesce né a trasmettere con assertività il proprio disaccordo, e portare il sistema verso la nostra visione, né a comprendere il sistema e ad accettarlo per quello che é, coi suoi pregi e i suoi difetti.
Esempio estremo: "amici" che compiono vandalismo. Non si riesce a far loro capire della puerilità delle loro azioni, e non si riesce a trovare il sistema accettabile. Meglio "levarsi di mezzo".
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12-07-2013, 22:18
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#12
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Banned
Qui dal: Jun 2013
Messaggi: 467
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La questione è a dir poco ricca di spunti. E molto si può dire sulla risposta già insita nel titolo: quel «oppure levati di mezzo» è - nel suo significato più profondo e più crudo - una frase che personalmente mi sono sentito ripetere infinite volte. E perché? Perché non sapevo (né tantomeno volevo) uniformarmi al sistema palesemente contraddittorio... ma contemporaneamente non avevo né forze né - ormai - voglia per combatterlo internamente, forse perché sapevo già che sarebbe stata una battaglia persa in partenza. Semplicemente, incrociavo le braccia e cominciavo il mio sciopero, anche se dentro di me cullavo mille buoni progetti.
Il problema sorge quando chi assiste a tutto ciò riesce al massimo a provare sgomento, e rifiuta qualsiasi corrente contraria di pensiero.
Il saggio Branduardi, ben 19 anni fa, scriveva: «Non è da tutti catturare la vita, non disprezzate chi non ce la fa...».
Chi sa capire davvero questa frase? Forse solo i pochi che, appunto, non si schierano dalla parte del più forte.
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18-03-2015, 18:28
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#13
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Esperto
Qui dal: Sep 2012
Messaggi: 10,892
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Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
E ho imparato che tutto sommato spesso è meglio accettare il sistema corrente per quello che è, che imbarcarsi in battaglie contro i mulini a vento.
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se non si può cambiare sistema di riferimento condivido.
anche perche il mio orgoglio personale mi farebbe pensare "ma chi sono loro per farmi sprecare ste energie in battaglie controni mulini a vento ?"
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18-03-2015, 22:39
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#14
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Esperto
Qui dal: Aug 2012
Messaggi: 1,107
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In effetti mi ci ritrovo abbastanza nelle considerazioni fatte dall'autore del post.
Quando ero ragazzo ero (e in parte rimango) molto critico nei confronti della società, dei miei coetanei, della scuola, ecc. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua e pensavo che per me fosse impossibile adattarmi al mondo così com'era.
Non mi rendevo però conto che alcuni di questi vincoli ero molto meno "stringenti" di quel che pensassi.
Ad esempio la scuola che criticavo non era tutta la scuola, ma quel particolare liceo e quella classe che io frequentavo. E criticare la scuola nel complesso, mi impediva di fare quell'unico gesto sensato che mi avrebbe probabilmente cambiato l'esistenza: cambiare scuola e classe e farne una che mi piacesse di più e dove mi trovassi meglio.
Ma per farlo avrei dovuto avere il coraggio di andare contro la mia famiglia e le sue imposizioni (fatte si capisce in buona fede, e per altro con sistemi non coercitivi ma con una sorta di lavaggio del cervello sul fatto che quella fosse l'unica scuola possibile ).
Quindi ribellarsi contro i mulini a vento e cercare di cambiare il mondo da soli spesso non serve.
Ma ribellarsi contro i vincoli dati da altri alla propria esistenza (soprattutto se sono vincoli stupidi, dettati dall'ansia e da una conoscenza stereotipata della realtà) serve, eccome.
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