Mi è tornato in mente recentemente un episodio della mia vita di qualche anno fa e degli interrogativi che non potranno essere risolti circa il suo significato.
Fine ottobre 2008, venerdì sera. Dopo una giornata in banca (già, allora lavoravo in banca, almeno la mia vita professionale era degna di nota) cercai ristoro nella piccola chiesa che avrebbe ospitato un tappa dell'atteso festival organistico.
Trovai posto in una scomoda panchetta a lato del portale d'ingresso. La chiesetta era affollata, l'atmosfera densa di concentrazione . L'apparizione di una slanciata figura femminile attirò la mia attenzione. Un ragazzino magro biondo, ben vestito, studente da scuola privata che affiancava la donna, trovò posto a sedere sui gradini posti ai piedi dell'altare, destinati per l'occasione ad accogliere i bambini, lei senza indecisione riuscì a trovare spazio. Come immaginerà facilmente il lettore che introverso e timido, dal momento in cui la su fragranza prese possesso dei miei sensi, iniziarono ad agitarsi in me le contrastanti e aggrovigliate emozioni che il contatto ravvicinato con il mistero femminile accende nelle anime contemplative.
Il suo cappotto beige suscitava un'idea di morbidezza alla quale mi sarei piacevolmente abbandonato se la sua proprietaria con un movimento rapido non l'avesse fatto scivolare lungo le braccia richiamando così i miei occhi all'attività. Vestiva qualcosa di scuro, credo di non esser mai riuscito ad osservarne la foggia e il tessuto, solo l'elegante, morbido flessuoso busto su cui aderiva. Un pietoso stato febbrile aveva avvolto tutto il mio corpo. Ebbi la presenza di spirito di soffocare sul nascere gli imbarazzanti brividi che il lieve tocco della sua mano produsse sui muscoli contratti della mia spalla. Sì la donna stava richiamando la mia attenzione e le sue labbra articolavano suoni che potei afferrare con qualche istante di ritardo grazie al più elementare intuito. Il libretto col programma del concerto costituiva l'oggetto di quel delicato fiorire di espressioni sulle sue labbra quello sfavillio di denti che suggellavano con un incoraggiante sorriso la conclusione di ogni emissione sonora. Dovetti riuscire a rispondere in modo intelligibile dato che quella bocca riprese a formulare suoni con immutata grazia, la cui dolce impressione piano piano riuscì a diventarmi abituale, tanto che un paio di occhi scuri incominciarono ad entrare nel mio campo visivo. Progressivamente le mia audacia crebbe, così che la fronte alta e bruna e la scriminatura della chioma liscia e nera mi divennero note. Mi sorpresi a parlare della mia vita i miei studi, interessi, ed ad esporre i caratteri principali della mia passione per la musica.
Dall'organo iniziarono a sgorgare note, la melodia fluente aveva imposto silenzio, il tenue chiarore dei fari smorzati mi rivelava una scura nuca e lo scorcio di un viso, un occhio intento sul mio libretto, la sua schiena premeva la mia spalla contro la parete, mi pareva che la mia mente fosse fitta di vapore, ogni tanto un sussurro della mia compagna occasionale mi tratteneva dalla vertigine, l'alito di spirito necessario alla mia mente per darle conto degli sviluppi del concerto, si dissolveva non appena solo musica e calore tornavano a saturare l'ambiente, gli unici pensieri coerenti che ricordo erano relativi alla forma delle parti del copro appoggiate sul mio braccio irrigidito, al solletichio delle ciocche che mi toccavano lievemente l'incavo della spalla.
Ad un tratto quel susseguirsi di languide sensazioni s'interruppero. Quel corpo flessuoso e leggero si era lentamente separato dal mio. Trascorse un tempo considerevole dal momento di quella constatazione a quello che mi rivelò il motivo del mutamento della mia condizione. Una figura in giacca ara apparsa alla destra della donna, il pizzetto voltato verso di lei il suo contegno mi presentarono il marito della mia piacevole compagnia. Gli accordi dell'antico organo ritornarono a far breccia nel mio animo, mi ero risvegliato dall'incanto ma mi sentivo stranamente attivo e forte. La serata stava per volgere al termine, l'uomo si era alzato in piedi per richiamare l'attenzione del figlio. In quell'istante accadde il fatto che diede origine ai miei interrogativi irrisolti.
La donna inaspettatamente mi guardò ammicante, poi si protese verso di me, la punta del naso sfiorò il contorno del mio orecchio, il suo alito caldo fu un tocco ben più potente, il suo sussurrò fece ripiombare il mio animo nel tumulto, le parole riuscii a disntinguerle ed incastonarle nella mia mente "
Dopo avrei un favore da chiederti." Poi allontanò il suo viso dal mio e ricambiò con un sorriso enigmatico il mio cenno di assenso.
Bene da allora fino ad oggi il mistero avvolge quelle parole. Al termine del concerto mi fiondai fuori dalla chiesa per abbeverarmi della frescura serale e alleviare le nuove vampate inquiete che mi favevano grondare. La folla progressivamente invadeva la piazzetta antistante l'edificio. La famigliola che attendevo uscì padre figlio e donna conversavano allegramente. Rimasi una decina di minuti in attesa poi, radunai le mie forze richiamai l'attenzione della donna la salutai come se fosse una vecchia conoscente e dopo aver ottenuto risposta m'inoltrai nell'oscurità di una scalinata che mi condusse verso la città bassa.
Questo di getto tutto ciò che mi è rimasto di quella serata. La donna non l'ho più rivista, quel favore rimane a disposizione delle ipotesi più fantasiose.