Innanzitutto alcune definizioni (non matematiche però, eh!
).
Definisco come
timidezza una forma non patologica di ansia sociale (a livello cognitivo) e di inibizione sociale (a livello comportamentale) che può essere caratterizzata in diversa misura dai seguenti elementi:
- paura di ricevere un giudizio altrui o una valutazione negativa;
- timore di non essere accettato e del rifiuto da parte degli altri;
- mancanza di autostima e di fiducia in se stessi, autosvalutazione;
- senso di insicurezza e mancanza di assertività;
- tendenza all’inibizione relazionale;
- timore del confronto con gli altri;
- elevata focalizzazione su se stessi;
- standard elevati e perfezionismo.
La timidezza non è patologica nel senso che è un tratto caratteriale e non è riconosciuta come patologia clinica dal DSM anche se non posso fare a meno di osservare quanto ciò sia una scelta alquanto ipocrita, in quanto sebbene si siano resi conto che annoverarla tra le patologie sarebbe assurdo non mancano tuttavia numerose pubblicazioni che promettono di “curare” la timidezza, per cui non possiamo fare a meno di asserire che il modello normativo dominante che governa la vita di relazione è fatto su misura per la maggioranza estroversa (vedi Anepeta), e in un certo senso si può quindi concludere che la vera normalità (intesa in senso puramente statistico) altri non è che quella estroversa.
Esistono poi diverse patologie che presentano notevoli affinità con la timidezza, tra cui le principali sono la fobia sociale e il disturbo evitante di personalità.
Nel DSM IV queste due patologie sono definite come segue:
La
fobia sociale (in precedenza disturbo da ansia sociale) viene definito attraverso otto criteri:
A. Paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. L’individuo teme di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante.
B. L’esposizione alla situazione temuta quasi invariabilmente provoca l’ansia, che può assumere le caratteristiche di un Attacco di Panico causato dalla situazione o sensibile alla situazione.
C. La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole
D. Le situazioni temute sociali o prestazionali sono evitate o sopportate con intensa ansia o disagio.
E. L’evitamento, l’ansia anticipatoria o il disagio nella/e situazione/i sociale o prestazionale interferiscono significativamente con le abitudini normali della persona, con il funzionamento lavorativo (scolastico) o con le attività o relazioni sociali, oppure è presente marcato disagio per il fatto di avere la fobia.
F. Negli individui al di sotto dei 18 anni la durata è di almeno 6 mesi.
G. La paura o l’evitamento non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale, e non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale).
H. Se sono presenti una condizione medica generale o un altro disturbo mentale, la paura di cui al Criterio A non è ad essi correlabile, per es., la paura non riguarda la Balbuzie, il tremore nella malattia di Parkinson o il mostrare un comportamento alimentare abnorme nell’Anoressia Nervosa o nella Bulimia Nervosa.
Il
disturbo evitante di personalità è caratterizzato da uno schema di comportamento penetrante di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza, ipersensibilità a valutazioni negative, il tutto cominciato all'inizio dell'età adulta e presente in una varietà di contesti, come indicato da quattro (o più
dei seguenti punti:
1. Evita attività professionali che implicano significativi contatti personali, a causa di timori di critiche, disapprovazioni o rifiuti;
2. È riluttante a coinvolgersi con la gente a meno di avere la certezza di essere accettati;
3. Mostra ritegno all'interno di relazioni intime a causa del timore di essere deriso o ridicolizzato;
4. È preoccupato di essere criticato o rifiutato in situazioni sociali;
5. È inibito nelle nuove situazioni interpersonali a causa di sensazioni di inadeguatezza;
6. Vede se stesso come socialmente incapace, non attraente a livello personale o inferiore agli altri;
7. È insolitamente riluttante a intraprendere rischi personali o di impegnarsi in qualsiasi nuova attività perché può provare imbarazzo.
Esistono poi diverse varianti, ad esempio la fobia sociale può essere specifica se è circoscritta solo ad alcune situazioni sociali o generalizzata, così come una forma con sintomi più lievi del DEP è lo stile evitante.
Sebbene alcuni autori pongano tutte queste forme di ansia sociale su una linea che va dalla timidezza al disturbo evitante, io non sono sostanzialmente d’accordo con la seguente interpretazione:
Timidezza situazionale -> Timidezza cronica -> Fobia sociale specifica -> Fobia sociale generalizzata -> Disturbo evitante di personalità
Penso piuttosto che siano sottoinsiemi della classe dell’
ansia sociale che li comprende tutti, e che si possano intersecare tra di loro.